Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4778 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4778 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere NOME.
NOME COGNOME
Consigliere
Oggetto:
REVOCAZIONE
CC.
26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5933/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale presso quest’ultima in Roma, INDIRIZZO.
–
ricorrente – contro
COGNOME NOME
–
intimato – avverso la sentenza n. 1036/1/21, emessa dalla Commissione tributaria regionale dell’ Emilia-Romagna il 10/05/2021, depositata il 6/08/2021 e non notificata. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’ Emilia-Romagna di cui all’epigrafe, che aveva accolto l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bologna, che aveva rigettato, dopo averli riunti, i ricorsi proposti dallo stesso contribuente avverso gli avvisi d’accertamento con i quali l’RAGIONE_SOCIALE, ai sensi de ll’art. 38, commi 4, 5 e 6 , del d.P.R. n. 600 del 1973, e dei d.m.. 10
settembre 1992 e 9 novembre 1992, determinò sinteticamente il reddito imponibile dello stesso COGNOME per gli anni d’imposta 2007 e 2008.
È rimasto intimato il contribuente.
Il consigliere delegato ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. nei seguenti termini:
«-Motivo unico: inammissibile, in quanto l’Ufficio censura la valutazione in fatto operata dalla C.T.R., con riferimento alla provenienza non reddituale dei beni sulla base dei quali è stato formulato l’accertamento sintetico oggetto di contestazione, avendo, peraltro, la corte territoriale, conformemente alla giurisprudenza in materia (tra le altre, Cass. 20.4.2022, n.12600; Cass. 10.9.2021, n. 24444; Cass. 22.6.2021, n.17859), verificato specificamente la provenienza RAGIONE_SOCIALE somme di denaro che giustificano il possesso dei beni da parte del contribuente e del coniuge, e quindi ritenuto legittimamente che il contribuente abbia fornito la prova contraria richiesta per superare la presunzione iuris tantum derivante dall’accertamento sintetico. ».
Ricevuta la comunicazione della proposta, l’RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la decisione.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE ha denunziato « 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.p.r. n.600/1973 e 2697 c.c: in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c.». Sostiene la ricorrente che la sentenza si palesa ingiusta per violazione RAGIONE_SOCIALE norme richiamate, poiché «la CTR, se avesse fatto corretta applicazione della citata norma, avrebbe dovuto accogliere il gravame dell’Ufficio, atteso che non è stata accertata la durata del possesso di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta ed il nesso eziologico tra spese effettuate e somme disponibili, che era onere del contribuente dimostrare.».
Rileva il Collegio che la sentenza impugnata, dopo aver dato atto, quantificandola, della «disponibilità economica della famiglia dimostrata dal contribuente», ha espressamente accertato che le relative somme, prive di rilevanza reddituale, erano «state utilizzate per sostenere le spese di mantenimento anche dei beni , pur in presenza di redditi esigui.». Con tale passaggio della motivazione (non impugnata per carenza assoluta o apparenza), il giudice a quo ha dato quindi atto di aver accertato in punto di fatto la relazione tra le disponibilità esenti dimostrate dal contribuente e le spese supposte in conseguenza del possesso di beni-indice di maggiore capacità contributiva. Non si è quindi discostato dal principio giurisprudenziale secondo cui, pur non prevedendosi esplicitamente la dimostrazione che gli ulteriori redditi in questione
siano stati utilizzati proprio per coprire le spese contestate, si chiede tuttavia la prova del fatto che ci ò̀ sia quanto meno potuto accadere, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalit à̀ non considerate ai fini dell’accertamento sintetico (Cass. 20/01/2017,n. 1510. Nello stesso senso già Cass. 18/04/2014, n. 8995, richiamata da Cass. 26/11/2014, n. 25104 e Cass. 16/07/ 2015, n. 14885; oltre alle successive Cass. 23/03/2018,n. 7389; Cass. 10/07/2018, n. 18097; Cass. 04/08/2020, n. 16637; cfr. altresì Cass. 02/12/2021,n. 38060).
Il motivo è allora inammissibile, in quanto, nella sostanza, pur prospettato nella veste di pretesa violazione di legge, è finalizzato a rimettere in discussione l’ accertamento in fatto già effettuato dal giudice d’appello, ciò che non è ammissibile in qu esta sede.
Infatti, « In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c.» (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018).
Inoltre « È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito» (Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34476).
Nulla sulle spese e sulla liquidazione ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., essendo intimato il contribuente.
Ai sensi dell’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ., la parte soccombente va condannata a pagare la somma di euro 1.000,00 a favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura
Generale dello RAGIONE_SOCIALE, non si applica l’art. 13 comma 1 – quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di euro 1.000,00 a favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024.