Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7081 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7081 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11396/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE , presso i cui uffici è elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, residente in Saronno alla INDIRIZZO;
-intimato –
AVVISO DI ACCERTAMENTO IRPEF
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 4782/2015, depositata in data 9/11/2015;
Udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO nella camera di consiglio del 23 gennaio 2024;
Rilevato che:
l’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, ha accertato sinteticamente il reddito per l’anno d’imposta 2008 a carico di NOME COGNOME (d’ora in poi, anche ‘il contribuente’ ), determinandolo in euro 100.222.
L’avviso di accertamento fu impugnato dal contribuente dinanzi alla C.T.P. di RAGIONE_SOCIALE, che accolse il ricorso ritenendo che il COGNOME avesse provato che il maggior reddito accertato provenisse dalla vendita di un immobile.
Su appello dell’Ufficio, la RAGIONE_SOCIALE confermò la sentenza di primo grado. L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, contro la sentenza d’appello.
Il contribuente è rimasto intimato.
Considerato che:
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’RAGIONE_SOCIALE ha censurato la sentenza impugnata perché avrebbe ritenuto assolto l’onere della prova in capo al contribuente per il mero fatto che egli avesse dimostrato di aver ottenuto un cospicuo corrispettivo dalla vendita di un immobile proprio nell’anno d’imposta oggetto di accertamento.
Così facendo, la C.T.R. avrebbe seguìto un orientamento di legittimità assolutamente minoritario, non condivisibile alla luce del disposto di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, applicabile ratione temporis .
1.1. Il motivo è infondato.
In base all’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella formulazione ratione temporis applicabile, cioè prima della modifica apportata dal d.l. n. 78 del 2010, ‘ il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione ‘ .
La ratio legis , con riferimento precipuamente alla prova della ‘durata del possesso’ si fonda su di una considerazione di verosimiglianza, di carattere empirico: la prova del possesso, in una determinata annualità d’imposta, di un reddito esente, che ha già scontato l’imposta o comunque escluso legalmente dalla base imponibile, di un ammontare sufficiente a coprire le spese per incrementi patrimoniali imputate dal fisco al contribuente, costituisce la prova di un elemento induttivo a sua volta idoneo , secondo l’ id quod plerumque accidit , a fondare la prova logica del fatto che quelle spese siano state finanziate con quel reddito.
E’ quanto, in altre parole, afferma la giurisprudenza (Cass., sez. T., n. 25104/2014), quando afferma che ‘in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma
anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta’ .
La prova del possesso del reddito ‘esente’ di una certa entità nell’annualità oggetto di accertamento induttivo costituisce, dunque, la prova del ‘sintomo’ che le spese per incrementi patrimoniali siano state finanziate con quel reddito , sicché spetta all’erario offrire la prova, anche presuntiva, che, nonostante il possesso, in quell’annualità, di quel dato reddito, il contribuente non lo abbia utilizzato per sostenere le spese che gli sono state imputate.
Non si vede, infatti, per quale motivo l’unica prova idonea a vincere la presunzione legale relativa posta a favore dell’erario dovrebbe essere, in assenza di una disposizione di legge univoca in tal senso, la prova documentale dell’effettiva utilizzazione del reddito ‘esente’ a copertura RAGIONE_SOCIALE spese per incrementi patrimoniali imputate al contribuente.
2.Con il secondo motivo, rubricato ‘Nullità della sentenza impugnata per inosservanza (violazione e falsa applicazione) dell’art. 36 d. lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , l’RAGIONE_SOCIALE ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui, a fronte della deduzione che nel periodo d’imposta oggetto di accertamento la giacenza sul conto corrente del contribuente si sarebbe ridotta in maniera rilevante rispetto al tempo dell’incasso del corrispettivo della vendita dell’immobile d i sua proprietà, per sostenere spese diverse da quelle imputate dal fisco ad incrementi patrimoniali, ha affermato che ‘le disponibilità finanziarie trovavano anche riscontro nei documenti bancari versati in causa (estratti conto), peraltro, recanti ammontari ancora più elevati incassati dal contribuente’ .
Secondo l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, si tratterebbe di motivazione apparente, se non del tutto carente.
2.1. Il motivo è infondato.
La sentenza d’appello, nella parte qui censurata, non contiene una apodittica dichiarazione di sufficienza RAGIONE_SOCIALE prove addotte dal contribuente a confutazione della pretesa dell’erario, ma, con riferimento alla prova documentale da lui prodotta (estratto conto bancario) , ed in relazione al periodo d’imposta oggetto dell’accertamento induttivo, ha lapidariamente ma inequivocamente spiegato che il contribuente aveva provato il possesso di redditi ‘esenti’ non solo sufficienti a coprire le spese a lui imputate, ma ben più cospicui dell’ammontare di quelle spese .
Si tratta di una motivazione stringata, ma sufficiente a dar conto che il Collegio di merito ha valutato le prove offerte dal contribuente concludendo per il rigetto dell’appello del fisco (Cass., sez. 1, n. 7090/2022).
3.In definitiva, il ricorso è rigettato.
Non avendo il contribuente svolto attività difensiva, non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 gennaio 2024.