Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1374 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1374 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
Irpef- accertamento sintetico
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28091/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
– ricorrente –
contro
CENTOLA DOMENICO;
-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 234/2016, depositata in data 9/05/2016, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La CTR della Basilicata respinse l’appello erariale contro la sentenza della CTP di Potenza che aveva annullato l’avv iso di accertamento sintetico di maggior reddito, a fini Irpef, per l’ anno di imposta 2006, emesso nei confronti di NOME COGNOME in base al cd. redditometro, considerando incrementi patrimoniali relativi a due autoveicoli e a due terreni e al possesso di un appartamento di 140 metri quadrati.
In particolare, la CTR, nel condividere la ricostruzione dei giudici di primo grado in merito alla idoneità degli elementi giustificativi offerti dal contribuente (convivenza con il proprio genitore percettore di pensione e disponibilità di una cospicua somma in contanti versata sul libretto acceso presso la Banca Popolare del Materano), rigettava la doglianza dell’ufficio, che aveva dedotto che la disponibilità della somma sul libretto fosse elemento che non poteva essere preso in considerazione, posto che non era stato allegato nella fase precontenziosa, con relativo divieto ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973; riteneva, infatti, che il contraddittorio precontenzioso si era concluso senza dare riscontro alla richiesta del contribuente di un differimento dell’incontro finale nel quale verosimilmente egli avrebbe prodotto il libretto.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione l ‘Agenzia delle entrate, in base a tre motivi.
Il contribuente, cui il ricorso è stato notificato a mezzo posta in data 69/12/2016, presso l’avvocato NOME COGNOME costituito in appello, è rimasto intimato.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 15/12/2023.
Considerato che:
La ricorrente Agenzia propone tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 2, commi 3 e 4, d.P.R. n. 600 del 1973; deduce infatti che il
libretto di risparmio non era stato prodotto né nella fase precontenziosa, a seguito dell’invito dell’amministrazione recante specifico avviso dell ‘ inutilizzabilità di documentazione successivamente esibita (art. 32, comma 3), né in allegato al ricorso introduttivo, con indicazione delle eventuali cause di giustificazione (art. 32, comma 4); tali documenti erano stati infatti depositati solo nel corso del giudizio di primo grado mentre la causa di giustificazione (individuata nella mancata risposta dell’ufficio alla ri chiesta di differimento) era stata dedotta solo in sede di controdeduzioni in appello. Deduce peraltro che la causa di giustificazione considerata valida dalla CTR (mancato rinvio nella fase precontenziosa) era palesemente insussistente perché la richiesta di differimento era stata accolta dal funzionario incaricato e il contraddittorio si era avuto.
Con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ., la ricorrente deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, lamentando che la CTR, laddove ha ritenuto causa di giustificazione il mancato rinvio della comparizione, abbia del tutto omesso di considerare il verbale di contraddittorio sottoscritto dallo stesso difensore del contribuente in data 24/04/2012 che invece attestava che era stata accordata la richiesta di rinvio a tale data, documento prodotto unitamente alle controdeduzioni di primo grado.
Con il terzo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 4) cod. proc. civ., la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38, commi 4, 5, 6 del d.P.R. n. 600 del 1973 dei collegati decreti ministeriali, d.m. 10 settembre 1992, art. 1, e d.m. 19 novembre 1992, nonché degli artt. 2728, 2697 cod. civ., 113 e 115 cod. proc. civ., lamentando che la CTR abbia errato: a) nel dare rilevanza alla mera presenza di somme sul libretto di deposito senza che risultasse in alcun modo documentato che le somme provenissero
da redditi esenti o già assoggettati a tassazione; b) nel dare rilevanza alla convivenza col genitore (peraltro indimostrata posto che dal ricorso emergeva che abitavano in due appartamenti dello stesso fabbricato), percettore di una pensione del tutto inidonea a tal fine, e senza che vi fosse alcuna prova del suo apporto agli incrementi patrimoniali realizzati dal contribuente.
Il primo ed il secondo motivo sono da trattare congiuntamente e sono infondati.
Questa Corte ha già chiarito che l’omessa o intempestiva risposta dei dati richiesti dall’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento fiscale comporta, ex art. 32, quarto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, l’automatica inutilizzabilità, amministrativa e processuale, della documentazione prodotta tardivamente, in quanto la comminatoria è direttamente ed oggettivamente riferita alla sussistenza di tale condotta, non essendo richiesto alcun ulteriore meccanismo di attivazione di parte; al contrario, l’eventuale deroga all’inutilizzabilità deve essere fatta valere dal contribuente con le modalità ivi previste entro il termine per il deposito dell’atto introduttivo di primo grado (Cass. 22/06/2018, n. 16548; Cass. 23/3/2016, n. 5734).
Corollario dell’automatica inutilizzabilità della documentazione richiesta dai verificatori e non esibita dal contribuente è quindi l’operatività della conseguente preclusione processuale, anche a prescindere dalla proposizione, da parte dell’Ufficio, di una tempestiva eccezione, avendo infatti questa Corte precisato che, in tema di accertamento tributario, l’omessa o intempestiva esibizione da parte del contribuente di dati e documenti in sede amministrativa è sanzionata con la preclusione processuale della loro allegazione e produzione in giudizio, che prevale anche rispetto all’art. 58, secondo comma, d.lgs. n. 546 del 1992, e che non può ritenersi sanata ove
l’Amministrazione finanziaria non sollevi la relativa eccezione in sede di udienza di discussione della causa, atteso il carattere perentorio del termine di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. 09/11/2016, n. 22745).
Pertanto, l’omessa o intempestiva risposta è legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa e neppure trova applicazione l’art. 57 d. lgs n. 546/92, che non consente alle parti di proporre in appello domande ed eccezioni nuove (Cass. 22/06/2018, n. 16548, cit., in motivazione).
Tanto premesso, questa Corte ha anche precisato che la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’emissione dell’accertamento mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 citato, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione purché accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco (Cass. 26/05/2014, n. 11765); la sanzione della inutilizzabilità ha, cioè, carattere eccezionale e deve essere interpretata alla luce degli artt. 24 e 53 Cost., in modo da non comprimere il diritto di difesa del contribuente e da non obbligare lo stesso a pagamenti non dovuti (Cass. 01/08/2019, n. 20731).
Pertanto, è stato puntualizzato che l’omessa esibizione, da parte del contribuente, dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione,
costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (Cass. 27/12/2016, n. 27069; Cass. 21/03/2018, n. 7011; Cass. 21/06/2019, n. 16725), non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di qualcosa che non si è richiesto (Cass. 12/04/2017, n. 9487).
Nello stesso senso, con riferimento al caso specifico del contraddittorio preventivo preceduto dall’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, è stato ritenuto che l’inottemperanza del contribuente, a seguito dell’invio del questionario, comporti, ex art. 32, quarto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, l’inutilizzabilità in sede amministrativa e processuale solo dei documenti espressamente richiesti dall’Ufficio, in quanto detta disposizione normativa deve essere interpretata in coerenza con il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e con il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. (Cass. 22/06/2018, n. 16548).
Ora, nel caso di specie, la ricorrente, nel contestare la decisione dei giudici di appello che hanno ritenuto utilizzabile la documentazione prodotta dal contribuente nella fase contenziosa, ha dedotto che l’invito conteneva l’avvertenza sulle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla mancata ottemperanza alla richiesta avanzata dall’Ufficio (pagina 6, ove deduce che l’invito aveva reso edotto il contribuente della conseguenza del mancato adempimento), e, nel corpo del motivo, che l’invito era volto a giu stificare lo scostamento rilevato tra reddito sintetico presunto e reddito dichiarato (pagina 3 e pagina 11), richiamando poi espressamente l’invito, individuando ove era stato prodotto ed allegandolo al ricorso.
Se l’invito contiene l’espresso avvertimento, esso deve però ritenersi non sufficientemente specifico in relazione al documento richiesto e da esibire.
Sul punto Cass. 22/07/2020, n. 15600 ha ritenuto sufficientemente specifico un invito da cui emergeva che la parte era stata espressamente invitata, con riferimento ai beni in questione (e specificamente anche riguardo l’acquisto dell’autovettura di cui risulta intestataria) , a depositare eventuale documentazione giustificativa di redditi esenti, assoggettati a ritenuta d’imposta, tassati con sistemi forfettari o disinvestimenti, smobilizzi, altre disponibilità anche provenienti da terzi ma messi a disposizione della S.V. così come previsto dall’art. 38 co. del DPR 600/73 evidenziando che il contenuto dell’invito de quo , nel caso di specie, era specifico e puntuale, atteso che evidenziava i beni presi in considerazione ai fini dell’accertamento sintetico, sottolineando altresì che le esigenze di documentazione comprendevano anche eventuali disponibilità (di varia natura, ma comprensive, nelle categorie elencate, anche di quelle imputate dalla ricorrente al coniuge), provenienti da terzi, ma messe a disposizione della contribuente.
Nel caso di specie, il questionario invece è del tutto generico e non indica compiutamente i beni indice o gli incrementi in relazione alla cui disponibilità operare l’accertamento, anzi chiedendo al contribuente notizia dei medesimi oltre che di qualunque documento attestante i redditi, anche quelli esenti e gli investimenti e disinvestimenti, non potendo quindi considerarsi specifico nei termini predetti.
Il primo motivo è quindi infondato.
Occorre poi rilevare che, ritenuta in applicabile la previsione dell’art. 32 citato, anche il secondo motivo, che censura in termini motivazionali la ritenuta presenza di una causa di giustificazione, è infondato.
3. Il terzo motivo è fondato.
In tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , anteriore alla modifica intervenuta con il d.l. 31/05/2010, n.
78, convertito dalla l. 30/07/ 2010, n. 122, infatti, l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto del contribuente sulla base della «spesa per incrementi patrimoniali» da questi sostenuta, la quale si presume affrontata nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti, e di una serie di indici di capacità contributiva fondati sui consumi e, in particolare, sulla disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al d.m. 10 settembre 1992 e nel d.m. 19 novembre 1992 (c.d. redditometro) e su ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
Il sistema del ‹‹redditometro›› collega , cioè, alla disponibilità di determinati beni e servizi, in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 13/11/2023, n. 31579; Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933;
Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335).
Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Questa Corte ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹ sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere ››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e
della ‹‹ durata ›› del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la ‹‹ durata ›› del possesso dei redditi in esame (Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
Infine, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dall’art. 38, la prova contraria ivi ammessa, richiedendo la dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell’accertamento suddetto, nel vincolo che li lega, e non già nel mero fatto della convivenza, così escludendosi la desumibilità da quest’ultima del possesso di redditi prodotti da un parente diverso o da un affine, in quanto tale estraneo al nucleo familiare (Cass. 07/03/2014, n. 5365; Cass. 21/11/2019, n. 30355).
Deve ritenersi, quindi, alla luce di tali considerazioni, che i giudici d’appello abbiano deciso in violazione di detti principi ove:
hanno dato rilievo al mero dato della convivenza (peraltro contestata) del contribuente con il padre;
hanno ritenuto rilevante la mera presenza di somme sul libretto postale, senza indagarne la provenienza da redditi esenti o già tassati.
Ne deriva l’accoglimento del terzo motivo del ricorso, rigettati gli altri, e il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, per nuovo esame, cui si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso e, rigettati il primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinviando alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, per nuovo esame, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.