Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34603 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34603 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRPEF 2014.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22531/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
COGNOMENOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore del 12 settembre 2024,
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania n. 2777/14/2023, depositata il 28 aprile 2023;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 1° ottobre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale I di Napoli, rilevato, in capo a COGNOME per il periodo d’imposta 2014, uno scostamento tra il reddito dichiarato e quello determinabile sinteticamente ex art. 38, comma 4, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, notificava, in data 6 dicembre 2019, al predetto contribuente, avviso di accertamento n. TF3011203433/2019, con il quale veniva accertato un maggior reddito di € 101.080,00, con rideterminazione della relativa imposta IRPEF e connesse addizionali.
Il contribuente impugnava il suddetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli la quale, con sentenza n. 9560/27/2021, pubblicata il 3 settembre 2021, accoglieva il ricorso, annullando l’atto impositivo e condannando l’Ufficio alla rifusione delle spese di lite.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate , la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (nuova denominazione della Commissione Tributaria Regionale) della Campania, con sentenza n. 2777/14/2023, pronunciata il 20 dicembre 2022 e depositata in segreteria il 28 aprile 2023, rigettava l’appello, condannando l ‘ ente impositore al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un unico (ricorso notificato il 20 novembre 2023).
Resist e con controricorso COGNOME
Con decreto del 12 giugno 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 1° ottobre 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 c.p.c.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nel testo applicabile ratione temporis , e dell’art. 2697 c.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Osserva, in particolare, l’Ufficio che, nel caso di specie, il contribuente non aveva fornito prova dell’esistenza di disponibilità non reddituali, non essendo all’uopo sufficiente la mera dotazione di somme da parte del proprio genitore.
2. Il ricorso è infondato.
Ed invero, è noto che, «in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali, applicabili ratione temporis , concernenti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore» (Cass. 31 gennaio 2024, n. 2893; v. anche Cass. 26 febbraio 2020, n. 5171). Più in particolare, poi, «il contribuente che sostiene di aver utilizzato risorse non reddituali per
sostenere una spesa, deve provare la disponibilità, l’entità e la durata di tali risorse. Anche se non è tenuto a dimostrare l’utilizzo specifico delle risorse per la spesa contestata, deve produrre documenti che dimostrino che ciò sia accaduto o sia potuto accadere» (Cass. 15 gennaio 2024, n. 1411).
Nel caso di specie, dunque la C.T.R. ha correttamente applicato i principi in materia di ripartizione dell’onere della prova, ritenendo giustificato lo scostamento tra l’accertamento sintetico e quello effettivo a seguito della ricezione, in data 10 febb raio 2014, da parte del contribuente, di un bonifico di € 90.000,00 dalla propria genitrice, ampiamente idoneo -sulla base di un accertamento di fatto insindacabile in questa sede -a giustificare la differenza nel saldo finale.
Peraltro, non si comprende quale ulteriore prova avrebbe potuto dare il contribuente, se non quella della invocazione del pagamento ulteriore ricevuto e della sua giustificazione causale, come affermato dai giudici di primo grado e ribadito da quelli di appello, secondo i quali, a fronte di una donazione intra-familiare da genitore a figlio, fondata sul l’esistenza di un rapporto consanguineo, era adeguatamente documentata.
3. Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente Agenzia, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il d.P.R. 30 maggio 202, n. 115, art. 13, comma 1quater .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore di COGNOME delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 5.600,00 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Così deciso in Roma, il 1° ottobre 2024.