Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5317 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 5317  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6481/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE,  domiciliata  ex  lege  in  INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
 contro
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME  (CODICE_FISCALE)  che  la  rappresenta  e  difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
–  controricorrente  e  ricorrente  incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.  CAMPANIA  n. 1173/2015 depositata il 09/02/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
 Con  la  sentenza  indicata  in  epigrafe  la  Commissione tributaria regionale della Campania rigettava sia l’appello di NOME COGNOME,  erede  di  NOME  COGNOME,  sia  l’appello  incidentale  dell’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Napoli che, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’accertamento sintetico dei redditi del
signor NOME COGNOME per l’anno 2006, aveva parzialmente accolto il ricorso introduttivo, riducendo il reddito imponibile accertato dall’importo  di  €  5.024.145,00,  così  quantificato  dall’Ufficio  in relazione  ai  versamenti  riscontrati  sui  numerosi  rapporti  bancari nella  disponibilità  del  contribuente  e  ritenuti  non  giustificati,  al minore importo di € 174.007,00.
2. La CTR riteneva che il comportamento dell’Ufficio fosse legittimo e corretto, nonché basato su dati di fatto certi ed ampiamente motivato, osservando: i) che l’accertamento aveva preso le mosse dall’inserimento di NOME COGNOME nella lista selettiva predisposta per i soggetti che abbiano immatricolato autovetture di potenza fiscale superiore ai 21 CV, (nella fattispecie una Lamborghini Gallardo della potenza fiscale di 37 CV, acquistata nel 2003); ii) che, conseguentemente, gli accertatori avevano proceduto secondo i poteri di cui all’art. 32 D.P.R. 600/73, inviando in data 13.6.08 invito a comparire per fornire chiarimenti (mod. NUMERO_DOCUMENTO) e rilevando che, a prescindere dalla capacità contributiva già dimostrata con il possesso della suddetta vettura e l’ acquisto di altra autovettura di lusso, Audi A4L della potenza di 26 CV, poi rivenduta nel corso dello stesso anno, a fronte di un reddito dichiarato di € 17.005,00 il contribuente era risultato proprietario di 23 fabbricati e 22 terreni; iii) che quanto ai primi, cinque non erano dichiarati e 13 dichiarati con codice 9, ossia come immobili dati in uso a terzi senza corrispettivo e, quanto ai secondi, aventi un’estensione complessiva di 26 ha, gli stessi venivano dichiarati per la prima volta in relazione all’anno d’ imposta 2006; v) che il contraddittorio preventivo era stato regolarmente istituito, mentre era irrilevante l’omessa notifica di un p.v.c. prodromico all’ avviso di accertamento, non sussistendo al riguardo alcun obbligo a carico dell’Ufficio; vi) che gli accertatori, inoltre, avevano rilevato l’esistenza di numerosi rapporti bancari nella disponibilità del NOME, (intestati direttamente allo stesso, cointestati con la moglie
o il fratello, o intestati a società direttamente amministrate), sicché avevano  proceduto  al l’ indagine  finanziaria  esaminando  le  singole movimentazioni  e  provvedendo  alla  rettifica  dei  redditi  dichiarati secondo  le  procedure  di  cui  agli  artt.  32,  38,  e  41  bis  D.P.R. 600/73.
In ragione di tali premesse i giudici di appello confermavano le valutazioni espresse dalla Commissione di primo grado e, non risultando contestato quanto rilevato in ordine all’acquisto dell’autovettura Lamborghini né in ordine al possesso degli immobili, in merito alle movimentazioni bancarie osservavano che, per l’anno 2006, il perito nominato nel giudizio penale relativo ai medesimi fatti aveva ritenuto recuperabili a tassazione gli importi di € 155.806,00, di cui al conto Banca Intermobiliare n. 023/1981, e di € 1.602,79, di cui al conto Banca Intermobiliare n. 023/134-5, mentre aveva escluso le movimentazioni per complessivi € 4.616.678,00, perché relative a semplici evidenze contabili, oltre all’importo di € 58.000,00, relativo alla vendita dell’ autovettura Audi su precisata e alle operazioni per € 192.059,00 relative al conto Deutsche Bank n. 010044, in quanto intestato alla società RAGIONE_SOCIALE
Avverso la predetta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ricorre con  due  motivi  e  NOME  COGNOME,  nella  qualità  di  erede  di  NOME COGNOME,  resiste  con  controricorso  e  propone  ricorso  incidentale sorretto da tre motivi.
La controricorrente ha  quindi prodotto, in  data 10/01/2024, copia della sentenza della CTR della Campania che ha dichiarato  inammissibile  il  ricorso  per  revocazione  proposto  nei confronti della sentenza qui impugnata e, in data 23/01/2024, ha depositato memoria ex art. 380.1 bis cod. proc. civ. nella quale ha dato atto del passaggio in giudicato della predetta sentenza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale l’Amministrazione denuncia, in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la «Violazione  e/o  falsa  applicazione  di  legge:  art.  111,  comma  6, Cost.,  art.  132,  comma  2  n.  4,  c.p.c..  Nullità  della  sentenza  per assoluta mancanza o mera apparenza della motivazione».
1.1. L’Amministrazione ricorrente lamenta l’assenza o apparenza  della  motivazione  d’appello,  che  si  esaurirebbe  in  un mero rinvio per relationem alla  sentenza  della  CTP  ed alla perizia d’ufficio  disposta  in  sede  penale,  privo  di  autonoma  e  critica valutazione  da  parte  dei  secondi  giudici,  e  che  pertanto  risulti assolutamente impossibile  ricostruire  l’iter  logico  giuridico  seguito dalla CTR per pervenire al rigetto dell’appello incidentale dell’Ufficio.
1.2. Il motivo è infondato.
L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo, la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi del n. 4 dell’art. 360, ponendosi come violazione RAGIONE_SOCIALE norme poste a presidio dell’obbligo motivazionale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto minimo costituzionale di esplicitazione RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a base della sentenza.
1.3.  Va  ancora  rammentato  che  «La  riformulazione  dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve  essere  interpretata,  alla  luce  dei  canoni  ermeneutici  dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
1.4. Nessuna di tali fattispecie ricorre nel caso in esame, in quanto  dalla  lettura  della  motivazione  della  sentenza  impugnata emerge l’iter logico seguito dalla CTR , che non si è limitata ad un generico  richiamo  alla  perizia  redatta  in  sede  penale,  ma  ne  ha condiviso motivatamente i rilievi relativi alle poste esaminate.
In particolare, la CTR ha evidenziato come l’esclusione di un ingente importo di movimentazioni sia dipeso dalla loro attribuzione non  a  versamenti,  bensì  ad  evidenze  contabili,  così  offrendo  una argomentazione idonea a ricostruire l’iter motivazionale seguito.
Con il secondo motivo l’RAGIONE_SOCIALE  denuncia, in relazione all’art.  360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., la «Violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 32 d.p.r. 600/1973, art. 2697 c.c., ed artt. 115 e 116 c.p.c.»
L’Amministrazione ricorrente osserva che l’avviso di accertamento  impugnato  in  prime  cure  si  fonda  sui  risultati  RAGIONE_SOCIALE indagini  bancarie  ex  art.  32  DPR  n.  600/73  espletate  sui  conti correnti intestati al contribuente o, comunque, nella sua disponibilità, le quali, per l’anno d’imposta 2006, avevano evidenziato  versamenti  rimasti  privi  di  giustificazione,  pari  ad  € 5.024.125,00.
Osserva ancora che, per costante giurisprudenza di legittimità,  le  risultanze  di  tali  indagini  bancarie  sono,  di  per  sé, sufficienti a sorreggere l’avviso di accertamento, mentre incombeva al  contribuente l’obbligo di fornire, per ogni versamento bancario, la prova della non imponibilità RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate.
Tanto premesso, lamenta che la CTR, nel rigettare l’appello incidentale  dell’Ufficio,  recependo  acriticamente  le  risultanze  della perizia  esperita  in  sede  penale  abbia,  in  estrema  sintesi,  ritenuto che il contribuente avesse fornito la prova della non imponibilità dei versamenti in conto corrente eccedenti l’ammontare di € 174.007,00.
L’Amministrazione  in  sostanza assume  che  il  giudice  a  quo avrebbe  errato  nel  ritenere  che  la  presunzione  legale  relativa,  in materia di versamenti sul conto bancario della contribuente, potesse  ritenersi  vinta  non  per  effetto  di  una  prova  contraria analitica,  ma  mediante  un  generico  richiamo  alle  conclusioni  del perito nominato in sede penale, elevate dalla CTR a ratio decidendi.
2.1.  Il  motivo  è  infondato  laddove  censura  la  violazione dell’art. 32 cit.
2.2. Questa Corte, con orientamento cui si intende dare continuità, ha ritenuto che «In tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono
contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.» (Cass., 16/11/2018,  n.  29572.  Nello  stesso  senso  Cass.,  20/01/2017,  n. 1519; Cass. n. 5152 e n. 5153 del 2017; Cass., n. 19806 del 2017; Cass.  n.  16697  del  2016,  ex  plurimis;  v.  di  recente  Cass.  n. 23649/2023; Cass. n. 25501/2023).
2.3. In ordine alla prova liberatoria che il contribuente ha l’onere di fornire, questa Corte ha chiarito che «In tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna RAGIONE_SOCIALE operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione.» (Cass., Sez. 6 -5, Ordinanza n. 10480 del 03/05/2018; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020).
Nel dettaglio, poi, la prova, non generica ma analitica (sul punto, cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26111 del 30/12/2015 e la copiosa giurisprudenza ivi richiamata), deve essere «idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna RAGIONE_SOCIALE singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014)» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020, cit., in motivazione; Cass. n. 35258/2021).
2.4. A tale dimensionamento dell’onere della prova gravante sul contribuente corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa RAGIONE_SOCIALE prove  fornite  dal  contribuente  a  giustificazione  di  ogni  singola
movimentazione  accertata,  e,  dall’altro,  di  dare  espressamente conto in sentenza RAGIONE_SOCIALE risultanze di quella verifica.
2.5.  Nella  fattispecie sub  iudice il  giudice  d’appello  ha  fatto corretta  applicazione  di  tali  canoni  giuridici,  evidenziando,  anche sulla  scorta  degli  accertamenti  tecnici  svolti  nel  procedimento penale,  quali  versamenti  abbia  ritenuto  giustificati  e  quali  non giustificati,  evidenziando  inoltre  come,  per  un  rilevante  importo, l’Ufficio  avesse  qualificato  come  versamenti  RAGIONE_SOCIALE  movimentazioni riconducibili a mere evidenze contabili.
2.6. Il motivo manifesta inoltre un chiaro profilo di inammissibilità laddove si contesta, esclusivamente e nella sostanza, la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze RAGIONE_SOCIALE prove offerte alla luce del chiaro e costante insegnamento di questa Corte (v., tra le altre, Cass.1 marzo 2022 n.6774, id. n. 1229 del 2019) secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione».
Con il primo motivo di ricorso incidentale, rubricato «Violazione dell’art. 36, 2° comma, n. 4, del D.Lgs. n.546/1992, anche in relazione all’art.111, comma 6 Cost. e all’art.6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo. Denunzia a sensi dell’art. 62, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992» NOME COGNOME, con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., lamenta il vizio motivazionale della sentenza impugnata per non avere tenuto conto, in relazione alle movimentazioni ritenute non giustificate,
RAGIONE_SOCIALE produzioni effettuate dal ricorrente in primo grado con la nota depositata  in  data  21  aprile  2011,  il  cui  omesso  esame  da  parte della CTP era stato oggetto di specifica doglianza.
3.1. Il motivo, con il quale si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi e, in particolare, di quelli rinvenibili dalla documentazione prodotta in giudizio, e dunque da qualificarsi ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 , cod. proc. civ., è inammissibile, operando il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, espressamente eccepito dalla controricorrente e applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 28/12/2021, non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse (ex multis, Cass. n. 266860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018).
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, rubricato «Violazione dell’art. 7 del D. Lgs. n. 546/1992 e dell’art. 210 c.p.c. Denunzia a sensi dell’art. 62, comma 1, D. Lgs. n. 546/1992», la contribuente lamenta, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., che la CTR, nell’esercizio dei poteri istruttori ufficiosi, abbia disatteso immotivatamente sia la richiesta di acquisizione presso gli istituti di credito della documentazione bancaria tempestivamente richiesta e mai pervenuta al contribuente, sia la domanda di espletamento di C.T.U. avente ad oggetto tale ulteriore documentazione, già formulata in primo grado.
4.1. Il motivo è infondato.
In particolare, come questa Corte ha già rilevato (cfr. Cass. n. 33506/2018; Cass. n. 38062/2021), a seguito della
soppressione del terzo comma dell’art. 7 d.lgs. n. 546/1992, al giudice tributario è consentito ordinare l’esibizione dei documenti, ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ., quando è impossibile acquisire altrimenti la prova, come nel caso in cui una parte non possa conseguire i documenti in possesso dell’altra, ovvero in situazioni di oggettiva incertezza, al fine di integrare gli elementi istruttori in atti, non potendo invece essere ordinata d’ufficio l’esibizione di documenti di una parte o di un terzo, quando l’interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa.
Tuttavia, nel caso di specie, deve osservarsi che la contribuente, anche per il principio di vicinanza della prova, al fine di  dimostrare  la  sua  estraneità  ai  fatti,  avrebbe  potuto  richiedere alle banche la documentazione in oggetto.
4.2. Per quanto attiene alla richiesta di disporre consulenza tecnica d’ufficio, nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l’orientamento secondo cui la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, il quale, tuttavia, ha il dovere di motivare adeguatamente il rigetto della istanza di ammissione proveniente da una RAGIONE_SOCIALE parti, (v. Cass. n. 17399 del 2015; Cass. n. 72 del 2011; Cass. n. 88 del 2004; Cass. n. 10 del 2002; Cass. n. 15136 del 2000; da ultimo v. Cass. n. 18358/2023).
Nel  caso  di  specie  l’assenza  di  un  obbligo  di  acquisizione officiosa di ulteriore documentazione riverbera, in termini di logica conseguenza  pur  non  esplicitata,  sul  mancato  accoglimento  della conseguente richiesta di consulenza tecnica.
Con  il terzo motivo di ricorso incidentale, rubricato «Violazione  o  falsa  applicazione  dell’art.  24  della  legge  n.  4  del 1929  e  dell’art.  32  comma  1,  n.  2,  D.P.R.  n.600/1973,  anche  in relazione all’art. 12, comma 7, della legge n.112/2000, all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed agli artt. 3, 53 e 97 Cost. Denunzia a sensi dell’art. 62, comma 1. D.Lgs. n.
546/1992», si lamenta, con riguardo all’art. 360, comma 1. n. 3, c.p.c.,  che  i  giudici  di  appello  abbiano  rigettato  la  censura  di violazione del contraddittorio preventivo per mancata redazione di un processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di controllo.
5.1. La censura è infondata posto che è pacifico come, nella specie, l’accertamento non abbia comportato l’accesso nei locali del contribuente.
5.2. Come è noto, «In tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale “vis expansiva” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente. stato nella specie effettuato a seguito RAGIONE_SOCIALE risposte fornite dal contribuente al questionario inviatogli» (ex plurimis Cass. 05/11/2020, n. 24793; Cass. n. 5617/2023). In simili evenienze, dunque, non occorre alcun previo p.v.c., posto che la necessità dello stesso è ricollegata dall’art. 52, d.P.R. n. 633/1972, richiamato dall’art. 33, d.P.R. n. 600/1973, all’effettuazione di un accesso.
In conclusione, il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno rigettati.
Stante  la  reciproca  soccombenza,  le  spese  del  presente giudizio  di legittimità devono essere compensate.
Rilevato  che  risulta  soccombente  anche  l’RAGIONE_SOCIALE,    ammessa  alla  prenotazione  a  debito  del  contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello  Stato, non  si  applica nei confronti
di  tale  parte  il  D.P.R.  n.  30  maggio  n.  115,  art.  13  comma  1quater, (Cass.  29/01/2016,  n. 1778).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Dichiara compensate
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento,  da parte  della  ricorrente  incidentale,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 07/02/2024.