Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4838 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4838 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
IRPEF AVVISO ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20210/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende, -controricorrente-ricorrente incidentale – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. VENETO, n. 204/2016, depositata il 03/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L ‘RAGIONE_SOCIALE ricorre, nei confronti di NOME COGNOME, che resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, avverso la sentenza in epigrafe . Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Treviso che aveva accolto il ricorso spiegato dalla contribuente avverso l’ avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2008, era stato recuperato a tassazione un maggior reddito ai sensi dell’art. 38, commi 4 e 5, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 sulla base di indici di una maggiore capacità contributiva.
Considerato che:
Con il ricorso principale l’RAGIONE_SOCIALE propone tre motivi.
1.1. Con il primo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 12 legge 27 luglio 2000, n. 212.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la mancata emissione di un atto di conclusione RAGIONE_SOCIALE indagini ed il mancato rispetto del termine di sessanta giorni per l’emissione dell’avviso di accertamento comportassero l’illegittimità dell’atto impositivo.
1.2. Con il secondo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 2697 e 2628 cod. civ. e del d.m. 10 settembre 1992.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui, pur avendo rilevat o che l’Ufficio ave va correttamente applicato i valori e coefficienti
del redditometro all’abitazione secondaria, ha ritenuto infondata la determinazione del reddito desumibile da detti ultimi sulla base di argomentazioni inconferenti.
1.3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992.
Censura la sentenza impugnata per motivazione apparente.
Assume che la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che nell’accertamento del reddito fosse stata decisiva la disponibilità di un’abitazione indicata come «V illa Veneta» senza, tuttavia, motivare l’assunto; che, invece, anche a non voler considerare il reddito derivante da quest’ultima vi erano comunque i presupposti per l’accertamento sintetico.
La contribuente, ha proposto ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale, affidato a d un motivo e ad un’istanza di rinvio alla Corte costituzionale .
2.1. Con il primo motivo , riconducibile al paradigma di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 d.m. 11 febbraio 1997, n. 37 e dell’art. 2 -quater d.l. 30 settembre 1994, n. 563, convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 1994, n. 656.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto legittimo l’atto di autotutela con cui l’Ufficio aveva emendato l’atto impositivo correggendo sia lanno di imposta -2007 anziché 2008 -che l’erroneo calcolo degli interessi, originariamente computati indicando il termine finale, impossibile, dell’anno 3013.
Osserva il contribuente che la modifica in corso di giudizio dell’anno di esercizio comportava la rideterminazione RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte accertate e l’illegittima correzione dell’atto impositivo .
2.2. Con la seconda censura deduce l’illegittimità costituzionale del d.m. 10 settembre 1992 in relazione agli artt. 9 e 53 Cost.
Assume che i parametri considerati nel decreto non tengono conto della «rilevanza storica» degli immobili e del fatto che, in ragione della loro vetustà e della ingente superficie, non sono produttivi di alcun reddito e deduce che i medesimi si pongono in contrasto, oltre che con l’art. 53 Cost. con l’art. 9 Cost. che tutela il patrimonio storico immobiliare.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
3.1. Questa Corte ha già chiarito che il presupposto di applicabilità del complessivo statuto di diritti e di garanzie contemplato dall’art. 12 legge n. 212 del 2000, compresa l’applicazione del termine dilatorio di sessanta giorni, è dato dall’accesso, dall’ispezione o dalla verifica nei locali aziendali, in quanto il complesso di diritti e garanzie fa da contrappeso all’invasione della sfera del contribuente, nei luoghi di sua pertinenza, al fine di conformare e adeguare l’interesse dell’Amministrazione alla situazione, come delineata dagli elementi raccolti dall’Ufficio, giustappunto grazie alle attività di verifiche, accessi ed ispezioni nei locali (in termini Cass. 15/02/2023, n. 4726, Cass. 03/02/2021, n. 2415).
In tal senso militano univocamente non solo il dato testuale della norma, ma la stessa peculiarità RAGIONE_SOCIALE verifiche in loco, in quanto caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità che specificamente giustifica, quale contro-bilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali» (Cass. n. 2415 del 2021 cit., Cass. 09/11/2018, n.28734, cit.).
Viceversa, la naturale vis expansiva dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra Fisco e contribuente non giunge fino al punto da imporre termini dilatori all’azione di accertamento che derivi
da controlli fatti dall’Amministrazione nella propria sede, in base ai dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente (cfr. Cass. 06/06/2016, n. 11539).
Infine si è chiarito che l’obbligo di consegna del verbale con il correlato termine dilatorio non opera nell’ipotesi di accertamenti c.d. a tavolino, salvo che si verta in materia (ma non è il caso della presente controversia) di tributi c.d. «armonizzati» come l’Iva, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo (tra le tante Cass. 16/11/2021, n. 34649)
3.2. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi, in quanto ha ritenuto illegittimo l’accertamento , relativo ad una maggiore Irpef, sebbene non risulti dalla sentenza che, nel caso di specie vi fosse stato accesso, ispezione o verifica, né la contribuente ha allegato che nella fattispecie concreta non si trattasse di attività accertativa svolta meramente «a tavolino».
Il secondo motivo è fondato.
4.1. Il metodo di accertamento fondato sul c.d. «redditometro» collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente un certo importo che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
L’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la legge n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi,
costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
4.2. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa (tra le più recenti Cass. 13/06/2023, n. 16904, Cass. 28/12/2022, n. 37985). Conseguentemente, l’accertamento non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, oltre che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, anche che, più in generale, il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142, Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Va aggiunto che la prova contraria non è limitata a quella prevista dal quinto comma dell’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (e cioè che il maggior reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), ma è consentito dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 29/08/2000, n. 11300).
4.3. Questa Corte, tuttavia, ha chiarito che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del
valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova contraria offerta dal contribuente (cfr. Cass. 13/06/2023, n. 16904 Cass. 22/06/2021, n. 17837, Cass. 24/09/2019, n. 3715).
Inoltre, nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante c.d. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta, a tutela della parità RAGIONE_SOCIALE parti e del regolare contraddittorio processuale, opera il principio per il quale, all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può, pertanto, limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa (Cass. 07/06/2022, n. 18178, Cass. 08/10/2020, n. 21700).
4.4. La RAGIONE_SOCIALE, non si è attenuta a detti principi.
Infatti, anziché esaminare e valutare quanto eventualmente allegato e provato dal contribuente per giustificare gli indici di spesa rilevati con l’accertamento sintetico dall’RAGIONE_SOCIALE, ha dato peso a circostanze ininfluenti, se non addirittura convergenti in senso opposto a quello prospettato, ovvero che si trattava di una villa con oneri di gestione al di là del normale e di difficile commerciabilità e soggetta ad un uso solo parziale della famiglia.
Il terzo motivo è anch ‘esso fondato.
5.1. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla
premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).
5.2. La RAGIONE_SOCIALE è incorsa nel vizio denunciato in quanto, dopo aver escluso la rilevanza reddituale della Villa Veneta, ha annullato l’accertamento assumendo che derivasse da quest’ultima «in parte decisiva; non ha reso, pertanto, alcuna giustificazione che sorreggesse l’assunto per il quale, non tenendo conto del reddito derivante da detto bene, venivano meno integralmente i presupposti per l’accertamento.
Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.
6.1. Questa Corte ha chiarito che non ogni vizio formale dell’atto tributario impugnato sia idoneo a provocarne la caducazione (cfr. Cass. Sez. U, 24/07/2007 n. 16293 ). Rileva, pertanto, solo l’errore che, traducendosi in vizio della motivazione dell’atto impositivo, preclude al contribuente la propria difesa. Inoltre, il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali, che qui non sussistevano), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (cfr. Cass. 24/10/2019, n. 27307).
Si è, altresì, precisato che l’integrazione o la modificazione dell’originario avviso di accertamento determina una nuova pretesa rispetto a quella iniziale, da formalizzarsi a garanzia del contribuente con l’adozione di un nuovo atto impositivo che, sostituendosi al primo, indichi i nuovi elementi di fatto, di cui è sopravvenuta la conoscenza, come prescritto dall’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, nelle ipotesi di «aumento» dell’avviso iniziale; ciò a differenza RAGIONE_SOCIALE ipotesi «in diminuzione», che non necessitano di forme o motivazioni particolari quando si risolvono in una mera riduzione di quella originaria, non integrante di per sé una nuova pretesa, salvo che anche in questo caso le modificazioni apportate alla pretesa fiscale introducano elementi innovativi, idonei a modificare il fondamento del rapporto giuridico d’imposta circoscritto con il primo atto sostituito (Cass. 14/12/2021, n. 39808)
6.2. La RAGIONE_SOCIALE si è attenuta a questi principi.
In particolare, ha rilevato in fatto, con accertamento non censurabile in sede di legittimità, che gli errori contenuti nell’avviso di accertamento, pure prescindendo dal successivo atto di autotutela, non erano idonei a mutarne la sostanza, ovvero, deve intendersi, ad inficiarne la motivazione. Ha osservato, in particolare, quanto al calcolo degli interessi sino al 3013, che l’errore , palese, era facilmente emendabile con un semplice ricalcolo in ragione del giusto millennio. Va evidenziato, inoltre, che trattavasi di un correzione «in diminuzione». Q uanto all’anno di imposta , la C.t.r. ha precisato che dall’intero avviso emergeva chiaramente che si trattasse del 2008 e non del 2007. Di conseguenza, in ragione della natura degli errori emendati, ha correttamente ritenuto che la modalità prescelta dall’Ufficio fosse legittima escludendo che dai medesimi potesse derivare l’illegittimità dell’atto .
La questione di illegittimità costituzionale prospettata dal contribuente nel secondo motivo del ricorso incidentale è manifestamente infondata.
7.1. Questa Corte ha già chiarito, ritenendo manifestamente infondata in rapporto all’art. 53 Cost. la relativa questione, che i decreti ministeriali contenenti i parametri del c.d. redditometro non contengono norme per la determinazione del reddito, assolvendo soltanto ad una funzione accertativa e probatoria; inoltre, è sempre consentito al contribuente dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito accertato è insussistente ovvero costituito, in tutto ó in parte, da redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta (Cass., 02/11/2021, n. 30978, Cass. 24/04/2018, n. 10037).
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 9 Cost., deve rilevarsi l’inammissibilità della censura, stante la sua assoluta genericità che non consente di intendere come la rilevanza di immobili di valore storico ai fini della determinazione induttivo del reddito possa risolversi in uno strumento di ostacolo alla loro tutela.
In conclusione, va accolto il ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale condizionato; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al ricorso principale, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso principale e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2024.