Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21748 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21748 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7161/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. dell’ABBRUZZO -PESCARA n. 677/2016 depositata il 08/07/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/06/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La contribuente NOME COGNOME era attinta da avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008 con ricostruzione sintetica del reddito in ragione della disponibilità di beni indici quali possesso ed acquisto di autovetture, nonché possesso di immobili ad uso abitativo del nucleo familiare. La contribuente avanzava istanza di accertamento con adesione all’uopo eleggendo domicilio presso il difensore. La convocazione invece era notificata presso la residenza della parte e quindi il confronto endoprocedimentale non aveva luogo. Per l’effetto, l’Ufficio procedeva con la ripresa a tassazione avversata dalla parte contribuente con ricorso al giudice di prossimità, argomentando -sotto il profilo del rito- dalla mancata convocazione per il tentativo di accertamento con adesione, essendo notificato l’invito presso la residenza della contribuente anziché nel domicilio eletto. Veniva poi contestata la ripresa a tassazione nella sua quantificazione ritenendosi i beni indice acquistati e manutenuti con i proventi dell’intero nucleo familiare.
I gradi di merito erano sfavorevoli alla parte privata che ricorre per cassazione affidandosi a due mezzi, cui replica il patrono erariale con tempestivo contro ricorso.
CONSIDERATO
Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di tardività del ricorso proposta dalla difesa erariale. La sentenza in scrutinio è stata depositata il giorno 8 luglio 2016, donde la scadenza del termine semestrale (oltre ai 31 giorni di sospensione feriale) doveva intendersi al 10 febbraio 2017, mentre il ricorso è stato portato a
notifica il giorno 7 febbraio 2017. Pertanto, deve ritenersi tempestivo e può essere esaminato.
Vengono proposti due mezzi cassatori.
Con il primo motivo si profila censura i sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione del DPR n. 600/1973 al suo articolo 60, nonché in parametro all’articolo 141 del codice di procedura civile.
Nella sostanza si lamenta la pretermissione della procedura di accertamento con adesione per essere stato notificato l’invito a comparire presso la residenza della contribuente anziché presso il domicilio eletto nello studio del difensore.
Il motivo non può essere accolto. Ed infatti, come rilevato dalla stessa sentenza in scrutinio e non contestato, la parte ha personalmente ritirato la raccomandata contenente invito a comparire per la procedura di accertamento con adesione, dimostrando di averne avuto piena conoscenza. La notifica, seppure irrituale, ha raggiunto il suo scopo e non può essere opposta quale compressione dei diritti del contribuente.
Il primo motivo non può pertanto essere accolto.
Con il secondo motivo si profila ancora censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 38 del DPR numero 600 del 1973.
Nella sostanza si lamenta che i collegi di merito non abbiano considerato che le spese ritenute effettive in realtà non lo fossero e che comunque per farvi fronte sono stati utilizzati redditi diversi da quelli personali della contribuente.
Il motivo non può essere accolto richiedendo a questa Suprema Corte di legittimità una rivalutazione del bilanciamento probatorio che resta riservata ai collegi di merito.
In ogni caso, questa Corte ha già chiarito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche, l’art. 38
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede che gli uffici finanziari possano determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, e tale metodo di accertamento dispensa l’Amministrazione finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su di essi e resta a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 16912 del 10/8/2016; Cass. n. 17793 del 19/7/2017; Cass. n. 27811 del 31/10/2018, Cass. n. 17534 del 28/06/2019).
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Pertanto, il ricorso è infondato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.cinquemilaseicento /00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di co ntributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 05/06/2024.