Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3230 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3230  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3271/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore , con  sede  in  INDIRIZZO,  INDIRIZZO rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio legale in Roma,  INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.  TRIB. REG.  CALABRIA n. 1139/01/2015, depositata in data 02 luglio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il  contribuente,  esercente  l’attività  di  imprenditore  agricolo, riceveva notifica dall’RAGIONE_SOCIALE -dell’avviso  di  accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo
Avv. Acc. IRPEF 2007
ad IRPEF ed altro per l’anno di imposta 2007 ai sensi dell’art. 38, comma 5, d.P.R. n.  600  del  1973,  in  quanto  risultava  possedere beni indice di capacità contributiva non dichiarata, ossia disponibilità  finanziarie  per  incrementi  patrimoniali,  immobili  ed autovetture. In particolare, l’Ufficio accertava un reddito pari ad € 119.617,00  a  fronte  di  un  volume  di  affari  dichiarato  pari  ad  € 18.576,00.
 Avverso  l’avviso  di  accertamento,  il  contribuente  proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; resisteva l’ Ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 19/12/2013 del 03.12.2012, rigettava le ragioni del contribuente compensando le spese di lite.
Contro la sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Calabria; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni .
Con sentenza n. 1139/01/2015, depositata in data 2 luglio 2015, la C.t.r. adita rigettava il gravame  dichiarando  la  legittimità dell’avviso impugnato e compensando le spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Calabria, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione di legge art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. con riferimento all’art. 38, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, comma 5 e 6, errore di diritto. Illegittima applicazione accertamento sintetico» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di considerare gli elementi, documentalmente prodotti nel corso del giudizio di primo grado, che erano in grado di provare il possesso di
redditi  esenti,  soggetti  ad  imposizione  alla  fonte  o  legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 38 con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. Omessa motivazione. Omessa valutazione di fatti decisivi -vizio della sentenza impugnata. Mancanza di motivazione. Omessa, errata o insufficiente valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, mancata valutazione prova -errore processuale -nullità della sentenza -nullità procedimento ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando , l’ error in procedendo e l’omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha affermato che gli immobili di categoria A4 non possano essere considerati come beni strumentali all’azienda agricola.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto con illegittima nullità della sentenza impugnata in quanto resa con motivazione per relationem con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando e l’omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha formulato una motivazione in termini di mera adesione rispetto a quella di primo grado, che non consente di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio di primo grado i Giudici siano pervenuti attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.
Preliminarmente, va precisato che la ricostruzione del reddito è stata effettuata secondo la modalità del redditometro precedente la riforma  applicabile  solo  per  gli  anni  di d’imposta dal  2009  in  poi, regolati dalle modifiche apportate all’articolo 38, Dpr n. 600/1973, dal d.l. n. 78/2010.
Il primo motivo è infondato.
3.1. Va premesso che in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta
alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera
disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
3.2.  Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto buon governo sia della normativa che dei principi giurisprudenziali oramai pacifici in materia; infatti partendo dal dato legislativo – ossia della facoltà del contribuente  di  dimostrare  che  il  maggior  reddito  determinato  o determinabile  sinteticamente  è  costituito  in  tutto  o  in  parte  da
redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta e l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione (art. 38 cit.) -ha chiarito, con una motivazione sintetica ma esaustiva, che il contribuente non ha fornito la specifica prova richiesta dalla norma tributaria; né ha provato ciò che ha dedotto, ossia che la disponibilità di molteplici beni unitamente alle rilevanti spese gestionali potevano essere relative alla sola attività di imprenditore agricolo. Il contribuente, negli anni dal 2006 al 2009, aveva contratto diversi finanziamenti presso banche ed istituti finanziari anche per l’acquisto, tra l’altro, di un’autovettura del valore di € 55.000,00 e di altra autovettura e, comunque, per un importo incompatibile rispetto al reddito dichiarato. Inoltre, il contribuente, aveva acquistato un appartamento con atto pubblico registrato in data 6 ottobre 2009 al n. NUMERO_DOCUMENTO per il prezzo pagato comprensivo di Iva pari ad € 200.000,00, di cui € 105.000,00 versate al venditore La RAGIONE_SOCIALE ha anche chiarito come molti dei beni acquisiti, non potevano essere collegati all’attività di imprenditore agricolo in considerazione proprio della tipologia dei beni.
3.3.  Il motivo è anche infondato nella parte in cui il ricorrente si duole (pg. 13) che nell’accertamento afferente all’anno di imposta 2007, l’Ufficio considera anche gli investimenti patrimoniali effettuati dal 2009 in poi, là dove sarebbe stato piuttosto necessario accertare anche il 2009, quale anno in cui si è verificato l’incremento patrimoniale relativo all’acquisto dell’immobile.
3.4.  Invero,  in  tema  di  accertamento  con  metodo cd. sintetico, è legittima l’applicazione dell’art. 38, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973 (nel testo antecedente alla modifica apportata dall’art. 22 del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla l. n. 122 del 2010) il quale reca una presunzione  ” iuris  tantum ”  di  favore  per  il  contribuente,  secondo cui  la  spesa  per  incrementi  patrimoniali  rilevata  dall’Ufficio  si presume sostenuta con redditi conseguiti non solo nell’anno in cui è
effettuata, ma già a partire dai cinque anni precedenti, in misura costante, ferma restando, peraltro, la facoltà per il contribuente stesso di provare che il maggior reddito è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto corretto far gravare sui redditi del 2007 e 2008, accertati in via induttiva, anche gli incrementi patrimoniali del 2009 – conseguenti all’acquisto di due autoveicoli ed alla vendita di un terzo – per effetto del criterio di ripartizione dell’esborso nei cinque anni precedenti) (Cass. 13/09/2022, n. 26916; Cass.n. 27433/2021).
3.5. Ancora, gli elementi e le circostanze di fatto utilizzate per l’accertamento sintetico di cui all’art. 38, quarto comma, d.P.R. 29/09/1973 n. 600, nella formulazione vigente ratione temporis per l’avviso di accertamento relativo all’anno 2008, non debbono necessariamente riferirsi all’anno in contestazione, ma possono essere accaduti in anni diversi, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi. Ciò in quanto, in base alla formulazione dell’art. 38, quarto comma, del d.P.R. cit., applicabile ratione temporis , è consentito all’Ufficio di determinare sinteticamente un imponibile maggiore rispetto a quello ricavabile dalla valutazione analitica in presenza di fatti che, provando un certo ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito, e che possono anche essere accaduti in anni diversi da quello in contestazione, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi. La norma in parola non esclude la possibilità di superare dette presunzioni, ma sempre che il contribuente soddisfi l’onere, a suo carico, di provare che la disponibilità di quel reddito presunto non rientra nella base imponibile da prendere in considerazione ai fini della determinazione RAGIONE_SOCIALE imposte (cfr., ex pluribus, Sez. 1,
02/06/1992,  n.  6714;  Sez.  1,  22/12/1995,  n.  13089;  Sez.  5, 21/06/2002,  n.  9099;  Sez.  5,  01/07/2003,  n.  10371;  Sez.  5, 07/06/2006,  n.  13316;  Sez.  5,  20/04/2012,  n.  6226;  Sez.  6-5, 26/03/2014, n. 7163).
3.6. Del pari è infondato il motivo nella parte in cui (pg. 11) afferma che i redditi dominicali ed agrari determinati ai sensi degli artt. 25 e 31 del d.P.R. n. 917 del 1986, sulla base degli estimi catastali, prescindono dall’effettivo reddito conseguito, con conseguente preclusione per l’Ufficio di effettuare l’accertamento sintetico, atteso che la sussistenza degli indici presuntivi fonda la presunzione, relativa, della sussistenza di un reddito non dichiarato, valevole per tutte le persone fisiche contribuenti.
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello secondo cui, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e del d.m. 21 luglio 1983, l’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE finanze può legittimamente procedere con metodo sintetico alla rettifica della dichiarazione dei redditi di un coltivatore diretto, comprensiva soltanto del reddito agrario e dominicale determinati in base agli estimi catastali – del fondo da lui condotto, quando da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente (consistenti negli indici di spesa più vari e, nella specie, dall’acquisto di beni immobili), si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi concorrano a formare l’imponibile complessivo, incombendo, in tal caso, al contribuente, a norma del comma sesto dell’art. 38 cit., l’onere di dedurre e provare che i redditi effettivi frutto della sua attività agricola sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate (Cass. 17/09/2014, n. 19557).
4. Il secondo motivo è inammissibile.
Anzitutto,  esso  riveste  natura  meritale,  profilandosi  le  censure evidentemente  preordinate  ad  un  nuovo  esame  RAGIONE_SOCIALE  risultanze
istruttorie, in quanto la ricorrente propone elementi già addotti nei gradi di merito, sollecitandone un diverso apprezamento.
La prospettazione è evidentemente finalizzata ad ottenere una nuova valutazione RAGIONE_SOCIALE prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla C.t.r. In altri termini viene chiesto di effettuare un nuovo esame sul merito della controversa e di approdare ad una valutazione degli elementi di prova difforme da quella fatta propria dal collegio di seconda istanza, la cui decisione dà contezza di come sia corretta la motivazione in ordine alla inidoneità, quale prova contraria, di quanto offerto dal contribuente a fronte del compendio indiziario addotto dall’Ufficio, sulla base della giurisprudenza richiamata sub 3.1.
4.1. Né può ritenersi che la motivazione con cui i giudici di appello si sono espressi sia parvente, atteso che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, dalle norme di cui agli artt. 132, comma secondo, n. 4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. stesso codice, è desumibile il principio secondo il quale la mancata esposizione RAGIONE_SOCIALE svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto, determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. 03/01/2022, n. 6758).
Nella fattispecie in  esame,  la  sentenza  impugnata,  non  solo presenta  le  indicazioni  richieste,  contenendo  lo  svolgimento  del processo  e  i  fatti  essenziali  di  causa,  ma  ha  comunque  una ratio decidendi chiaramente  intellegibile,  sicché  la  sua  motivazione  si colloca  ben  sopra  la  soglia  del  minimo  costituzionale  ex  art.  111 cost. comma 6.
5.  Il  terzo  motivo,  ossia  quello  con  cui  ci  si  duole  del l’ error  in iudicando e  dell’omessa  valutazione  di  fatti  decisivi  per  il  giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha formulato una  motivazione  in  termini  di  mera  adesione  rispetto  a  quella  di
primo grado, che non consente di ritenere che alla affermazione di condivisione  del  giudizio  di  primo  grado  i  Giudici  siano  pervenuti attraverso  l’esame  e  la  valutazione  di  infondatezza  dei  motivi  di gravame, è infondato.
5.1. Si premette che la deduzione del vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (Cass., n. 8718/2005, n. 4842/2006, Cass., n. 5583/2011). Pertanto, come affermato da giurisprudenza costante di questa Corte, (Cass., n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. minimo costituzionale di cui alla nota pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte (Cass., S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass., n. 5209/2018). Si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass., Sez. L, sentenza n. 161 del 08/01/2009), nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la
motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass., n. 24313/2018). 5.2. Nel caso di specie, la motivazione non risulta priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda, atteggiandosi piuttosto a motivazione per relationem ; si evidenzia in svariati punti, infatti, che la C.t.r. abbia condotto una propria ed ulteriore disamina della documentazione prodotta, così formando il proprio convincimento, conforme a quello sposato dai giudici di prime cure.
Questa Corte ritiene infatti che la sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, RAGIONE_SOCIALE ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione, ovvero della identità RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (Cass. 05/08/2019, n. 20883 , ex plurimis ).
Nel caso  di specie, la  motivazione  adottata  dalla C.t.r., pur rifacendosi  anche  alla  sentenza  dei  giudici  di  prime  cure,  integra tali requisiti, evidenziando la valutazione di identità tra le questioni prospettate nei due gradi di merito e pervenendo alla decisione di conferma  attraverso  un  vaglio  critico  RAGIONE_SOCIALE  risultanze  processuali, anche alla luce dei motivi d’impugnazione .
6. In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’ RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma 1 -quater ,  d.P.R.  30  maggio  2002, n. 115,  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo  unificato,  nella  misura  pari  a  quello  previsto  per  il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023.