Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16453 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16453 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
Avv. Acc. IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21478/2016 R.G. proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE n. 210/36/2016, depositata in data 12 febbraio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 30 dicembre 2013 NOME COGNOME riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo
all’anno d’imposta 2008; l’RAGIONE_SOCIALE – rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del contribuente (il quale non aveva presentato alcuna dichiarazione) ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito di € 137.380,30 per l’anno d’imposta 2008; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: immobile in locazione adibito a residenza principale, acquisto di quote societarie e acquisto di autovettura.
Avverso l’avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 2087/10/2014, rigettava il ricorso del contribuente, condannandolo al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. del Piemonte; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 210/36/2016, depositata in data 12 febbraio 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente, compensando tra le parti le spese di giudizio.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Piemonte, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 10 maggio 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi con riferimento: all’illegittimità
dell’avviso impugnato sotto il profilo motivazionale; -all’illegittimità della sentenza impugnata per essersi il Giudice del merito pronunciato ultra petita in merito alla carenza di data certa nella scrittura privata; all’eccezione per la quale l’ufficio ha imputato un maggior reddito per il 2008 a fronte di una presunta spesa sostenuta solo anni più tardi, nel 2011, anno in cui non risultava più applicabile il previgente art. 38, quinto comma, del d.P.R. n. 600/1973.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 38 d.P.R. n. 600/1973, 2769, 2770 e 2704 cod. civ. in combinato disposto tra loro, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha fatto erronea applicazione dei principi in materia di riparto dell’onere probatorio e di efficacia RAGIONE_SOCIALE stesse prove fornite, ritenendo che ricadesse sul contribuente l’onere di dimostrare l’insussistenza del fatto indice, mentre avrebbe dovuto accertare l’avvenuta dimostrazione dell’Ufficio circa la sua effettiva esistenza (ossia l’effettività dell’esborso conseguito dal contribuente).
Il primo motivo è inammissibile.
La doglianza non si confronta con la decisione impugnata nella quale in realtà la questione deve ritenersi implicitamente rigettata.
V a qui richiamato l’orientamento giurisprudenziale (Cass. 26/05/2022, n. 17011) secondo, pur in assenza di specifica argomentazione, non è configurabile un vizio di omessa pronuncia o motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata non risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.
2.1. Comunque nel merito le doglianze sono infondate.
Quanto alla censura di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, nella fattispecie in esame, non vi era l’ obbligo di
motivazione rafforzata dell’avviso di accertamento, non essendovi l’obbligo del contraddittorio preventivo.
Invero, tale obbligo sussiste soltanto per i tributi armonizzati, non anche per quelli non armonizzati, per i quali non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo vincolo generalizzato, sicché esso ricorre soltanto per le ipotesi per le quali risulti specificamente sancito; secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini IRPEG ed IRAP, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale» (Cass. Sez. U, 09/12/2015, n. 24823 del 09/12/2015, in ambito di indagini cd. “a tavolino”); inoltre, questa Corte ha avuto anche modo di precisare che «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto ad accertamenti fiscali, l’Amministrazione finanziaria non ha l’onere di comunicare preventivamente l’oggetto della verifica, atteso che nel procedimento tributario un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a pena d’invalidità dell’atto non sussiste al momento della raccolta RAGIONE_SOCIALE informazioni e degli elementi di prova, ma solo, eventualmente e ove espressamente sancito, in una fase successiva, quando l’Amministrazione intenda adottare nei confronti di un contribuente, sulla base dei dati raccolti, un atto potenzialmente lesivo» (Cass. 28/12/2018, n. 33572; Cass. 09/07/2020, n. 14628 del 09/07/2020 , secondo cui, in tema di procedimento tributario, l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale nell’ambito tributario, non investe l’attività di indagine e di acquisizione di elementi probatori, anche testimoniali, svolta dall’Amministrazione fiscale).
Vieppiù che la censura è generica e non riproduce la motivazione dell’atto in violazione del principio di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede
la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza riferibilità alla decisione impugnata.
2.2. Del pari non sussiste il vizio di ultrapetizione perché la C.t.r. effettua una disamina degli elementi istruttori da parte del giudice, con il rilievo della mancanza di data certa nella scrittura privata (controdichiarazione) allorquando motiva nel senso di non poter accogliere la tesi del contribuente perché ‘non ha presentato RAGIONE_SOCIALE prove atte a stabilire nel modo preciso che l’acquisizione della quota della RAGIONE_SOCIALE per il controvalore di € 577.500,00 sia avvenuto attraverso una scrittura simulata e che, pertanto, detto trasferimento sia stato del tutto fittizio perché fatto soltanto per poter fare ottenere un affidamento da una Banca al vero proprietario di dette quote. La dichiarazione prodotta non appare veritiera perché dall’atto notarile risulta ben chiaro che vi è stata una cessione di quote tra il cessionario (sig. NOME COGNOME), ed il contribuente e che il sig. COGNOME ha dichiarato di aver riscosso la somma pattuita dalla parte cessionari (sig. COGNOME NOME) cui ha rilasciato quietanza’.
2.3. Con riferimento al regime temporalmente applicabile, con un recente arresto (Cass. 30/01/2024, n. 2746), è stato ribadito che le modifiche introdotte all’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 dall’art. 22 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 si applicano solo a far data dall’anno d’imposta 2009. Infatti, il primo comma del predetto art. 22 d.l. n. 78 del 2010 espressamente prevede che le modifiche che esso reca al testo dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 abbiano «effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto», vale a dire per gli accertamenti del reddito relativi ai periodi d’imposta successivi al 2009, tra i quali non sono compresi quelli sub iudice. A sua volta, l’art. 5 d.m. 24 dicembre 2012, conformemente alla citata disposizione di legge, statuisce che le
«disposizioni contenute nel presente decreto si rendono applicabili alla determinazione dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2009».
2.4. Quanto alla doglianza afferente alla motivazione parvente in ordine alla questione dell’intestazione fiduciaria RAGIONE_SOCIALE quote della RAGIONE_SOCIALE dal sig. COGNOME al contribuente valgono le considerazioni che seguono.
Va premesso che, in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un
accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o
esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
2.5. Con precipuo riferimento alla fattispecie del negozio simulato questa Corte ha precisato che ‘ In tema di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – che consiste nell’applicazione di presunzioni semplici, in virtù RAGIONE_SOCIALE quali (art. 2727 cod. civ.) l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (nella specie, l’esborso di rilevanti somme di denaro per l’acquisto di beni) a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva) -, la presunzione semplice genera l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla realtà; in particolare, nella specie, che il pagamento del prezzo non è avvenuto e, quindi, l’effettuata acquisizione di beni non denota una reale disponibilità economica, suscettibile di valutazione a fini fiscali, poiché il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa gratuita anziché quella onerosa apparente’ (Cass. 17/03/2006, n. 5991).
2.6. Nella fattispecie in esame, la C.t.r., con una motivazione sintetica ma esaustiva e comprensibile dal punto di vista dell’iter logico giuridico palesato, ha affermato che il contribuente non aveva prodotto RAGIONE_SOCIALE prove atte a stabilire nel modo preciso che l’acquisizione della quota della RAGIONE_SOCIALE per il controvalore di € 577.500,00 era avvenuta attraverso una scrittura simulata e che pertanto il trasferimento era stato del tutto fittizio’. I giudici, poi, hanno continuato affermando che la scrittura privata autenticata del 23 agosto 2011 registrata in data 26 agosto 2011 era ampiamente dimostrativa della avvenuta cessione di quote di cessione siccome espressamente dichiarato: ‘Le parti dichiarano che il prezzo è convenuto in € 577.500,00, somma che la parte
cedente dichiara di aver riscosso prima d’ora dalla parte cessionaria cui rilascia ampia e finale quietanza a saldo’.
Infatti, come già ritenuto da questa Corte (Cass. 11/11/2020, n. 25414), «anche al contribuente, oltre che all’amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta – in attuazione dei principi del giusto processo e della parità RAGIONE_SOCIALE parti di cui al nuovo testo dell’art. 111 Cost. – la possibilità d’introdurre nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, e, quindi, anche dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, le quali hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e come tali devono essere valutate – non potendo costituire da sole il fondamento della decisione – nel contesto probatorio emergente dagli atti; ciò non comporta, tuttavia, il venir meno in capo al giudice tributario del potere-dovere di valutare l’attendibilità del contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni, comportando la corretta applicazione del principio della libera valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, l’obbligo di confrontare le propalazioni raccolte e di valutare la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, quali la loro qualità e vicinanza alle parti, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di queste con eventuali altri elementi acquisiti». (Cass. 27/02/2020, n.5340, cit.; conformi Cass. Cass. n.r.g. 1363/2013 12 16/03/2018, n. 6616 e Cass. 21/01/2015, n. 960, ex plurimis). Tali documenti, e le risultanze da essi emergenti, al pari RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di terzi raccolte e prodotte dall’Ufficio, rilevano quindi quali elementi indiziari che possono concorre a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice (cfr. Cass. 16/03/2018, n. 6616; Cass. 07/4/2017, n. 9080; Cass. 05/04/2013, n. 8639, ex plurimis), che, indipendentemente dalla sua condivisibilità, non può essere sindacato in cassazione se logicamente motivato.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
Invero, sotto l’egida della violazione di legge, la doglianza evidentemente si appunta su una sorta di insufficienza della motivazione che non è più censurabile ratione temporis , ovvero su una ipotetica omissione di disamina di alcuni elementi istruttori di cui il contribuente non evidenzia la decisività, con conseguente genericità del motivo
In conclusione, il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 10 maggio 2024.