Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2033 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2033 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
Accertamento sinteticoredditometro
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4313/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, come da procura allegata alla memoria di nomina di nuovo difensore, per il primo, e posta a margine del ricorso, per il secondo, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma al INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3200/2015 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata in data 10/07/2015, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/11/2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con due distinti avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2007 e 2008, l’Ufficio, con metodo sintetico ai sensi dell’art. 38 , comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, accertava maggior reddito a fini Irpef in capo a NOME COGNOME; in particolare, tenendo conto della idoneità solo parziale della provvista costituita da una somma vinta al Superenalotto al fine di giustificare determinati acquisti, individuava alcuni beni indice (il 50% del diritto di usufrutto della prima abitazione in Pieve Emanuele, il 50% del diritto di proprietà di una residenza secondari in provincia di Lecce; una imbarcazione a motore acquistata nel 2006 in leasing; un’autovettura acquistata nel 2005 ; quota degli incrementi patrimoniali per l’acquisto nel 2007 di un motociclo e nel 2009 di un’autovettura) , per la gestione dei quali l ‘ indicata provvista non era ritenuta giustificativa.
Impugnati con distinti ricorsi entrambi gli avvisi, la CTP di Milano li rigettava.
La CTR della Lombardia, previa loro riunione, rigettava gli appelli proposti dalla contribuente, evidenziando che la parte aveva avuto a disposizione un congruo lasso temporale per produrre ulteriore documentazione giustificativa e che la richiesta di un rinvio della fase precontenziosa non era fondata alla luce dei motivi dedotti; in secondo luogo, che la prospettazione di una diversa e maggiore somma oggetto della vincita (euro 7.200.000 invece di euro 2.000.000) costituiva un mutamento sostanziale dei termini della lite sia rispetto alla fase precontenziosa che al dibattito processuale.
Contro tale decisione propone ricorso la contribuente, affidandosi a tre motivi.
L ‘RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
Si sono costituiti nuovi difensori per la ricorrente
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale del 29/11/2023.
Considerato che:
1. Con il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360, n. 3) cod. proc. civ., la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, del DM 10/09/1992 e del DM 19/11/1992, dell’art. 53 Cost. , lamentando che l’ufficio non abbia effettuato alcun controllo relativamente al suo nucleo familiare e non abbia tenuto conto della maggior vincita dimostrata nel giudizio di appello, così pervenendo ad un risultato palesemente irragionevole dell’accertamento.
Con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione d ell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, dolendosi che l’ufficio avrebbe violato il principio di collaborazione e buona fede, non concedendole, nella fase precontenziosa, un rinvio del termine per depositare documentazione giustificativa, chiesto sia perché ella era impegnata per lavoro in Sicilia sia perché i documenti erano nella disponibilità del compagno, affetto da problemi di salute; evidenzia peraltro la generalizzata necessità del contraddittorio.
Con il terzo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, evidenziando che l’avviso era privo di adeguata motivazione non spiegando per quali ragioni la somma di euro 2.000.000 era idonea a giustificare solo alcuni dei beni indice e non tutti.
3. Il primo motivo è inammissibile.
3.1. In tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , anteriore alla modifica intervenuta con il d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito dalla l. 30/07/2010, n. 122, infatti, l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto del contribuente sulla base della «spesa per incrementi patrimoniali» da questi sostenuta, la quale si presume affrontata nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti, e di una serie di indici di capacità contributiva fondati sui consumi e, in particolare, sulla disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al d.m. 10 settembre 1992 e nel d.m. 19 novembre 1992 (c.d. redditometro) e su ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 13/11/2023, n. 31579; Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335).
Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Questa Corte ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della ‹‹durata›› del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la
disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la ‹‹durata›› del possesso dei redditi in esame (Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
3.2. Come emerge dalla decisione oggetto di ricorso, l’accertamento si fondava sulla disponibilità di beni indice (il 50% del diritto di usufrutto della prima abitazione in Pieve Emanuele, il 50% del diritto di proprietà di una residenza secondaria in provincia di Lecce; una imbarcazione a motore acquistata nel 2006 in leasing, un’autovettura acquistata nel 2005 , la quota degli incrementi patrimoniali per l’acquisto nel 2007 di un motociclo e nel 2009 di un’autovettura ) e sulla inidoneità della documentazione depositata dalla contribuente a giustificare il sostenimento RAGIONE_SOCIALE relative spese di gestione; la parte aveva infatti dimostrato la vincita al Superenalotto, conseguita unitamente al proprio convivente NOME COGNOME, della somma di euro 2.000.000, che l’ufficio aveva considerato idonea a giustificare l’acquisto di ulteriori e diversi incrementi patrimoniali (investimenti in fondi, acquisto di terreni a Capo Verde operazioni di finanziamento infruttifero in favore di una società, altri beni) ma non a giustificare le spese di gestione sopra citate.
Nel giudizio di primo grado, la censura di merito della ricorrente, per come riferita dalla sentenza di appello, era che le spese di gestione fossero state sostenute dal convivente e che in sede precontenziosa l’uffici o, dopo aver concesso un primo rinvio per produrre ulteriore
documentazione giustificativa, non aveva concesso un secondo rinvio, operando in modo non collaborativo.
Nel giudizio di appello, la nuova difesa della contribuente produceva nuova documentazione, in particolare dimostrativa che l’importo della vincita fosse ben maggiore, e cioè pari ad euro 7.200.000, e che, oltre alla somma di euro 2.000.000, già considerata, un ‘ ulteriore somma di euro 350.000 era stata versata su un conto corrente cointestato alla ricorrente e al compagno, NOME COGNOME.
La CTR, nel dare atto che le originarie allegazioni, volte a dimostrare che le spese di gestione erano state sostenute dal convivente, erano poi state effettuate in sede giudiziale (pag. 3), premesso (pagina 4) che la parte <>, evidenziava che la più recente prospettazione difensiva dell’appello <>, decidendo la causa >, ritenendo l’assenza di prova che il bene fosse condiviso nella sua gestione con terzi.
La inequivoca ratio decidendi è quindi che il mutamento di linea difensiva, con annessi documenti, non fosse ammissibile, in quanto effettuato solo in appello.
Tale questione di carattere processuale però non è attinta dal primo motivo, che censura la violazione degli obblighi di prendere in considerazione, secondo l’art. 38 indicato, le difese della contribuente, peraltro confermando che l ‘ indicazione della somma ulteriore derivante
dalla vincita al Superenalotto fosse stata effettivamente introdotta solo in appello, con conseguente inammissibilità del motivo.
Il secondo motivo è inammissibile e in parte infondato.
In primo luogo, il motivo è inammissibile laddove censura una valutazione di merito della CTR secondo la quale la richiesta di secondo rinvio formulata dalla contribuente all’ufficio per procedere al deposito di documentazione (documentazione la cui natura peraltro non viene indicata neanche in sintesi) fosse ingiustificata, alla luce dei motivi addotti.
In secondo luogo, il motivo è infondato laddove deduce un generalizzato obbligo del contraddittorio; ed invece questa Corte ha più volte affermato che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi armonizzati di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, mentre, per quelli non armonizzati , non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria, tale regola vale solo ove risulti specificamente sancita, come avviene per l’accertamento sintetico in virtù dell’art. 38, comma 7, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella formulazione introdotta dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d’imposta 2009, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale (Cass. 31/05/2016, n. 11283), mentre nel caso di specie gli accertamenti riguardano annualità di imposta precedenti al 2009.
Il terzo motivo, con cui la ricorrente si duole della mancanza di motivazione dell’avviso di accertamento, è inammissibile per il suo evidente difetto di specificità, in quanto la parte riporta solo alcuni ridotti stralci dell’avviso di accertamento e si duole, in modo del tutto
generico, della mancata considerazione da parte dell’ufficio dell’apporto del compagno e della misura in cui l’importo della vincita di 2.000.000 euro sia stato ritenuto del tutto assorbito dalle operazioni patrimoniali escluse dall’ufficio.
6. Il ricorso va quindi respinto
Non vi è a provvedere sulle spese poiché l’intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, 29 novembre 2023.