Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8305 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8305 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ROMANO DOMENICO,
-intimato –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA, n. 476/2021, depositata il 19 gennaio 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE per l’anno di imposta 2008, determinando un maggior reddito stabilito in base alla ricostruzione indiretta dei compensi ottenibile ai sensi dell’art. 38, quarto comma, d.P.r. 29 settembre 1973, n. 600.
Avviso di accertamento -IRPEF ed altro 2007
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17138/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata ex lege ,
-ricorrente – contro
Antecedentemente all’emissione dell’atto in esame era stato notificato al contribuente il questionario numero Q00134/2010 con il quale l’Ufficio aveva richiesto al contribuente medesimo di fornire informazioni utili a chiarire gli elementi di capacità contributiva riscontrati dall’amministrazione; in risposta a tale invito il contribuente dichiarava di possedere, tra l’altro, 17 unità immobiliari in comproprietà con la moglie, ciascuno al 50%, ed un cavallo da corsa. Pertanto, sulla base dei coefficienti ministeriali applicati ai suddetti beni indice di ricchezza e tenuto conto che lo scostamento tra il reddito dichiarato e quello determinato in via sintetica era di oltre un quarto e riguardava due annualità di imposta (2007 e 2008), l’Ufficio accertava un reddito complessivo netto pari ad € 53.213,00 a fronte di un reddito dichiarato pari a € 8.407,00.
Avverso l’avviso di accertamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Palermo; si costituiva l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Palermo, con sentenza n. 1646/2016 depositata in data 21 marzo 2016, rigettava il ricorso rilevando la legittimità dell’accertamento.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi alla C.t.r. della Sicilia; l’Agenzia delle Entrate chiedeva la conferma della sentenza impugnata, eccependo l’inammissibilità di nuove proposte presentate per la prima volta in appello e l’infondatezza dei motivi di gravame.
Con sentenza n. 476/2021, depositata in data 19 gennaio 2021, la C.t.r. accoglieva parzialmente l’appello del contribuente, disponendo il riconoscimento, come dato di calcolo per la determinazione del reddito sintetico, del finanziamento di € 50.000,00 e delle spese documentate prodotte dal contribuente in sede di appello.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi mentre il contribuente è rimasto intimato.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo, così rubricato «Violazione dell’art. 57, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.)», l’Agenzia delle Entrate lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. si è limitata a ritenere ammissibili in sede di appello nuove produzioni documentali.
1.2. Con il secondo motivo, così rubricato «Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.)», l’Agenzia delle Entrate lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha travisato la contestazione del contribuente laddove il contribuente nell’atto di appello non aveva richiesto di rideterminare il reddito accertato per l’anno di imposta 2007, tenendo conto del citato finanziamento, ma si era limitato a sostenere che il reddito sintetico accertato per l’anno 2008 era costituito in buona parte dal predetto finanziamento e che quindi, poiché, per tre annualità 2008, non era ravvisabile lo scostamento di almeno un quarto tra il reddito accertato e il reddito dichiarato, sarebbe venuto meno il requisito dello scostamento per due annualità richiesto normativamente per procedere ad accertamento sintetico.
1.3. Con il terzo motivo, così rubricato «Omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.)», l’Agenzia delle Entrate lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r.., nell’esaminare la circostanza relativa al finanziamento di € 50.000,00 aveva del tutto omesso di considerare che l’erogazione
del finanziamento era avvenuta in un differente anno di imposta, peraltro successivo a quello oggetto di esame.
1.4. Con il quarto motivo, così rubricato «Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 38, d.P.r. 29 settembre 1973, n. 600, ratione temporis vigente (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.)», l’Agenzia delle Entrate lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha operato nessuna valutazione critica in merito alla qualità delle prove offerte a discarico della controparte, riconoscendone apoditticamente la concludenza, senza tuttavia soffermarsi ad esaminare, e conseguentemente, illustrare il necessario nesso causale tra una determinata disponibilità patrimoniale e la capacità di spesa manifesta dal calcolo sintetico del reddito.
2. Il primo motivo è fondato.
Necessariamente deve distinguersi tra la produzione di nuovi documenti in appello e la diversa questione della proposizione, per la prima volta in appello, di un nuovo motivo di censura dell’atto impositivo relativo ad un fatto nuovo rappresentato dal finanziamento.
2.1. Sulla precipua questione, la Corte ha ritenuto che ‘In tema di contenzioso tributario, qualora la parte produca in appello una sentenza penale diretta a provare la fondatezza dell’assunto difensivo sostenuto sin dal ricorso introduttivo del giudizio, non incorre nel divieto di eccezioni nuove, di cui all’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, trattandosi di allegazione di un nuovo documento, pienamente ammissibile ai sensi dell’art. 58 dello stesso decreto, a prova di un’argomentazione difensiva già espressa e non della formulazione di un nuovo motivo di illegittimità dell’atto impugnato, o di una nuova eccezione’ (Cass. 25/09/2009, n. 12022).
2.2. Ancora, sulla diversa ma connessa questione della differenza tra mutatio libelli ed emendatio libelli nel processo tributario, un recente arresto (Cass. 22/01/2024, n. 2199) ha ribadito il costante insegnamento di questa Corte secondo cui, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la stessa in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e di indicare quanto necessario per dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (tra le più recenti cfr. Cass. 24/01/2019, n. 2038). Il principio che regola il contenzioso tributario in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 24 d.lgs. n. 546 del 1992, è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo; i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo costituiscono, pertanto, la causa petendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (Cass. 24/07/2018, n. 19616, Cass. 24/06/2011, n. 13934) Si ha, quindi, domanda nuova per modificazione della causa petendi, quando i nuovi elementi comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una protesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr. Cass. n. 13/10/2006, n. 22010).
2.3. Pertanto, qualora si eccepiscano domande che modificano la causa petendi in quanto mutano i fatti costitutivi del diritto azionato, nel caso di specie il fatto diverso mai allegato del
finanziamento, si è in presenza di nuova domanda vietata dal processo tributario e tale novità della domanda è rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice. Conseguentemente l’allegazione del diverso fatto/censura dell’atto impositivo (che la stessa CTR espressamente accerta non già dedotto in primo grado) è inammissibile, con preclusione pertanto della rilevanza della prova che dovrebbe dimostrarlo, e non per il fatto che si tratti di nuova prova in appello.
Il secondo motivo è parimenti fondato.
Come si evince dall’atto di appello riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, il contribuente non aveva richiesto di rideterminare il reddito accertato per l’anno di imposta 2007, tenendo conto del citato finanziamento, ma si era limitato a sostenere che il reddito sintetico accertato per l’anno 2008 era costituito in buona parte dal predetto finanziamento e che quindi, poiché, per tre annualità 2008, non era ravvisabile lo scostamento di almeno un quarto tra il reddito accertato e il reddito dichiarato, sarebbe venuto meno il requisito dello scostamento per due annualità richiesto normativamente per procedere ad accertamento sintetico.
3.1. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. è incorsa nel vizio di ultrapetizione perché la contestazione di parte non era relativa alla determinazione del reddito sintetico ma ai presupposti dell’accertamento ex art. 38 comma quattro del d.P.R. n. 600/1973 e che la C.t.r., ritenendo che il finanziamento dovesse essere preso in considerazione per la determinazione del reddito sintetico dell’anno 2007, ha pronunciato oltre i limiti della domanda di parte. 4. Ragioni di ordine logico giuridico suggeriscono di procedere alla
trattazione del quarto motivo.
Con esso, l’Agenzia si duole che la C.t.r. non ha operato nessuna valutazione critica in merito alla qualità delle prove offerte a discarico della controparte, riconoscendone apoditticamente la
concludenza, senza tuttavia soffermarsi ad esaminare, e conseguentemente, illustrare il necessario nesso causale tra una determinata disponibilità patrimoniale e la capacità di spesa manifesta dal calcolo sintetico del reddito.
4.1. In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del
contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il
contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985; Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
4.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. non si è attenuta ai principi normativi e giurisprudenziali testè illustrati laddove ha genericamente affermato: ‘Non si ritiene per contro fondata la censura riguardante il mancato incremento del reddito disponibile per effetto della liquidazione di numero 2 polizze vita nel 2007 e della liquidazione di somme a titolo di risarcimento per danni morali erogati al coniuge dei ricorrenti nel 2006 e ciò sia perché tali erogazioni sarebbero avvenute in differenti periodi di imposta rispetto a quelli in contestazione 2008 e anche perché in risposta al questionario il contribuente escluso che alcuno dei componenti del nucleo familiare avesse mai stipulato polizze assicurative’ . Così opinando i giudici di appello hanno obliterato ogni valutazione in merito alla prova contraria addotta rispetto al compendio indiziario offerto dall’amministrazione erariale relativamente al possesso di 10 immobili per una quota pari al 50% e per il possesso di un cavallo da corsa.
Dall’accoglimento del primo, secondo e quarto motivo di ricorso discende l’assorbimento del terzo motivo.
In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso e, assorbito il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda anche in ordine alle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso e, assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda anche in ordine alle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2025