Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3216 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3216  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Avv. Acc. IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14183/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO  COGNOME  ed  elettivamente  domiciliata  in  Roma presso il suo studio sito in Roma , INDIRIZZO.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore , con  sede  in  INDIRIZZO,  INDIRIZZO rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio legale in Roma,  INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso  la  sentenza  della  COMM.  TRIB.  REG.  LOMBARDIA  n. 5274/11/2015, depositata in data 04 dicembre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
 La  contribuente  riceveva  notifica  dall’RAGIONE_SOCIALE -dell’avviso  di  accertamento  n. NUMERO_DOCUMENTO,  relativo  ad  IRPEF  ed  altro  per  l’anno  di  imposta
2008 ai sensi dell’art. 38, comma 5, d.P.R. n. 600 del 1973; costei, per l’anno di imposta oggetto di contestazione, risultava possedere beni indice di capacità contributiva non dichiarati, ossia una residenza principale, tre autovetture, una residenza secondaria, una polizza assicurativa. In particolare, l’Ufficio accertava, per il 2008, un reddito pari ad € 81.025,00 a fronte di un reddito dichiarato di € 572,00. La contribuente presentava istanza di accertamento con adesione, che tuttavia aveva esito negativo.
 Avverso  l’avviso  di  accertamento,  la  contribuente  proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 568/03/2013, depositata in data 10.07.2014, rigettava il ricorso della contribuente.
Contro la sentenza proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Lombardia; resisteva l’ufficio con controdeduzioni.
 Con  sentenza n. 5274/11/2015, depositata in data 4 dicembre 2015, la C.t.r. adita rigettava il gravame dichiarando la legittimità dell’avviso impugnato.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, violazione o falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, vigente ratione temporis , con particolare riferimento ai commi 5 e 6, in rapporto al comma 4 RAGIONE_SOCIALE stesso art. 38, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rigettato la tesi secondo cui negli accertamenti sintetici-
redditometrici il  contribuente  deve  provare  solo  l’esistenza  di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, non essendo necessaria la prova della puntuale destinazione di tali altri redditi.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di considerare il fatto che la contribuente aveva provato che l’acquisto dell’abitazione principale fosse avvenuto a seguito della liquidazione di titoli per un importo complessivo pari ad € 159.721,83, provando altresì il possesso, nel 2008, di redditi di natura finanziaria tassati alla fonte.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione all’art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 600 del 1973 – nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 22 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla l. 30 luglio 2010, n. 122 – del D.M. 10/09/1990, del D.M. 19/11/1992 e del D.M. 24/12/2012 e dell’art. 22 della D.L. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha negato il principio dell’applicabilità retroattiva degli strumenti di accertamento sintetico-redditometrico più favorevoli al contribuente.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione all’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, vigente ratione temporis , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rigettato la tesi secondo cui negli accertamenti sintetici-redditometrici l’Amministrazione finanziaria non può far gravare sul computo dell’annualità accertata gli incrementi patrimoniali verificatisi nelle
annualità  successive,  sulla  base  del  criterio  di  ripartizione  nei quattro anni precedenti l’esborso.
2. Il primo motivo è fondato.
Va premesso che in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto
comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Secondo questa Corte, inoltre, quanto al  contenuto dell’onere della prova liberatoria gravante sul contribuente,  pur non prevedendosi
esplicitamente la dimostrazione che gli ulteriori redditi in questione siano stati utilizzati proprio per coprire le spese contestate, si chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ci ò̀ sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto infatti lo specifico riferimento dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973 alla prova (risultante da «idonea documentazione») della «entit à̀ » di tali eventuali ulteriori redditi e della «durata» del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalit à̀ di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilit à̀ di detti redditi per consentire la riferibilit à̀ della maggiore capacit à contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalit à̀ non considerate ai fini dell’accertamento sintetico (Cass. 20/01/2017, n. 1510. Nello stesso senso già Cass. 18/04/2014, n. 8995, richiamata da Cass. 26/11/2014, n. 25104 e Cass. 16/07/ 2015, n. 14885; oltre alle successive Cass. 23/03/2018, n. 7389; Cass. 10/07/2018, n. 18097; Cass. 04/08/2020, n. 16637; cfr. altresì Cass. 02/12/2021, n. 38060).
2.1. Sotto questo profilo, la ricostruzione operata dalla C.t.r., che ha ritenuto necessaria la prova contraria dell’effettiva destinazione dei  redditi  soggetti  a  ritenuta  alla  fonte  o  esenti,  o  di  altre disponibilità,  proprio  alle  spese  ed  agli  incrementi  patrimoniali imputati  al  contribuente,  non  ha  fatto  buon  governo  dei  principi giurisprudenziali oramai pacifici di questa Corte richiamati sub 2.
La sentenza impugnata va quindi cassata, in parte qua, con rinvio al  giudice  di  merito  perché  provveda  al  relativo  accertamento  in fatto, da condurre secondo i principi indicati.
Dall’accoglimento del primo motivo discende l’a ssorbimento del secondo, afferendo le censure ivi svolte ( ossia l’omesso esame di un  fatto  decisivo  per  il  giudizio  nella  parte  in  cui,  nella  sentenza impugnata,  la  C.t.r.  ha  omesso  di  considerare  sia  che  l’acquisto
dell’abitazione principale sarebbe avvenuto a seguito della liquidazione  di  titoli  per  un  importo  complessivo  pari  ad  euro 159.721,83; sia che la contribuente avrebbe posseduto, nel 2008, redditi  di  natura  finanziaria  tassati  alla  fonte)  a  circostanze  che necessariamente dovranno costituire oggetto del giudizio di rinvio, nella prospettiva già rappresentata.
Il terzo motivo ed il quarto motivo, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono infondati.
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico (Cass. 13/09/2022, n. 26916), preceduto e seguito da altri di uguale tenore, quello secondo cui l’art. 38, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (applicabile ratione temporis ), consente all’Ufficio di determinare sinteticamente un imponibile maggiore rispetto a quello ricavabile dalla valutazione analitica in presenza di fatti che, provando un certo ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito, e che possono anche essere accaduti in anni diversi da quello in contestazione, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi. In applicazione di tale principio, l’amministrazione ben può procedere all’accertamento sulla scorta degli incrementi patrimoniali verificatisi in relazione ai cinque anni precedenti. Ciò in quanto il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4 (nel vigore del testo originario, applicabile ratione temporis ) – consente all’ufficio di determinare sinteticamente un imponibile maggiore rispetto a quello ricavabile dalla valutazione analitica, in presenza di fatti che, provando un certo ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito. Invero, conformemente all’orientamento assolutamente prevalente espresso da questa Corte (cfr., ex multis , Cass. nn. 3403/2019, 12207/2017, 1510/2017, 19030/2014), al quale questo Collegio intende dare continuità, in tema di accertamento con metodo cd. sintetico, è legittima l’applicazione dell’art. 38, comma 5, del d.P.R.
n. 600 del 1973 (nel testo antecedente alla modifica apportata dall’art. 22 del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla l. n. 122 del 2010) il quale reca una presunzione ” iuris tantum ” di favore per il contribuente, secondo cui la spesa per incrementi patrimoniali rilevata dall’Ufficio si presume sostenuta con redditi conseguiti non solo nell’anno in cui è effettuata, ma già a partire dai cinque anni precedenti, in misura costante, ferma restando, peraltro, la facoltà per il contribuente stesso di provare che il maggior reddito è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto corretto far gravare sui redditi del 2007 e 2008, accertati in via induttiva, anche gli incrementi patrimoniali del 2009 – conseguenti all’acquisto di due autoveicoli ed alla vendita di un terzo – per effetto del criterio di ripartizione dell’esborso nei cinque anni precedenti).
4.1. Sul precipuo punto, la C.t.r. ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali  di  questa  Corte  con  una  motivazione  scevra  da violazioni di legge.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo e rigettati i motivi terzo e quarto, la sentenza impugnata va  cassata  con  rinvio  del  giudizio  al  giudice  a  quo  affinché,  in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo e rigettati  i  motivi  terzo  e  quarto,  cassa  la  sentenza  impugnata  e rinvia il giudizio innanzi la Corte di giustizia tributaria della Lombardia  affinché,  in  diversa  composizione,  proceda  a  nuovo  e motivato esame nonché provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023.