Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1397 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1397 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 438/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME eredi di NOME COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. COGNOME in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente –
Irpef- accertamento sintetico
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1258/2015, depositata in data 29/05/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/12/2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La CTR della Puglia accolse l’appello erariale contro la sentenza della CTP di Bari che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME contro un avviso di accertamento sintetico, emesso in base al cd. redditometro, per maggior Irpef anno di imposta anno 2007, in base all’incremento patrimoniale costituito da un’autovettura Audi e alla capacità di spesa scaturente dal mantenimento di un’abitazione in Triggiano, due abitazioni secondarie in Mola di Bari e quattro autovetture. In particolare, i giudici d’appello ritenevano non probanti della necessaria giustificazione le somme frutto di disinvestimento di buoni postali, quelle esistenti sul conto cointestato e quelle derivanti da indennità di esproprio.
Contro tale decisione propongono ricorso per cassazione gli eredi del contribuente, in base a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 15/12/2023.
Considerato che:
I ricorrenti propongono tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 per aver la CTR ritenuto che il contribuente, avendo provato di disporre di legittime risorse finanziarie, dovesse anche provare il loro utilizzo per far fronte alle spese correlate alla capacità di investimento e alle spese di mantenimento dei beni indice.
Con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., i ricorrenti deducono la nullità della sentenza per violazione degli artt. 36, comma 2, e 61 d.lgs. n. 546 del 1992, 132, quarto comma, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 111 Cost., nella parte in cui, dando atto della effettiva produzione del rapporto di conto corrente cointestato, la CTR ha affermato che, essendo il saldo finale superiore a quello iniziale, nessun reddito figurativo derivante dalle movimentazioni finanziarie può rinvenirsi ed è ragionevole ritenere che le somme riscosse con lo smobilizzo di buoni fruttiferi siano state interamente reinvestite, salvo prova contraria non fornita.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ., i ricorrenti deducono omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione per avere la Commissione omesso ogni valutazione dell’attestazione del Comune d i Cellamare e degli altri documenti acquisiti in atti attestanti la perfetta correlazione tra le somme liquidate dal Tribunale di Bari, per indennità di esproprio, e quelle versate sul c/c in data 14/03/2007.
Il primo motivo, che attiene alla prova liberatoria che il contribuente è gravato di dare in caso di accertamenti sintetici mediante redditometro, ai sensi dell’art. 38, sesto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, vigente ratione temporis , è fondato.
Se è vero che questa Corte (Cass. 20/03/2009, n. 6813) in passato richiedeva che il contribuente dimostrasse anche il nesso specifico tra il possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta a titolo d’imposta e la relativa spesa sostenuta per il mantenimento dei beni indice, nondimeno detto indirizzo risulta ormai superato dall’orientamento, cui va assicurata in questa sede ulteriore continuità, secondo cui in tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , anteriore
alla modifica intervenuta con il d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito dalla l. 30/07/ 2010, n. 122, l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto del contribuente sulla base della «spesa per incrementi patrimoniali» da questi sostenuta, la quale si presume affrontata nell’anno in cui è stata effettuata e nei quatt ro anni precedenti, e di una serie di indici di capacità contributiva fondati sui consumi e, in particolare, sulla disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al d.m. 10 settembre 1992 e nel d.m. 19 novembre 1992 (c.d. redditometro) e su ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
La disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa (Cass. 13/11/2023, n. 31579; Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335), per cui rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Questa Corte ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata
dall’Amministrazione finanziaria, precisando che, da un lato, non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, e dall’altro, non è esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, bensì che il contribuente ‹‹ sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere ››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della ‹‹ durata ›› del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la ‹‹ durata ›› del possesso dei redditi in esame (Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
Deve ritenersi, quindi, alla luce di tali considerazioni, che i giudici d’appello abbiano errato nell’ affermare che il contribuente dovesse provare l’effettiva e specifica destinazione dei redditi dimostrati alla
realizzazione dei fatti assunti ad indice di capacità contributiva, e cioè al fine di sostenere l’incremento patrimoniale e le spese di manutenzione dei beni indice, e nell’i nterpretare il materiale istruttorio offerto dal contribuente (in particolare l’estratto del conto corrente bancario) alla luce di tale principio di diritto.
Il secondo motivo, con cui i ricorrenti si dolgono di un vizio motivazionale, connesso all ‘ affermazione che, essendo il saldo del conto corrente in aumento, non emergerebbe la prova dell’utilizzo delle somme per le spese di mantenimento, è assorbito dall’accoglimento del primo motivo, perché la valutazione delle risultanze del conto deve essere effettuata alla luce del principio di diritto in precedenza affermato.
Il terzo motivo (che non è assorbito perché la CTR, prima di affermare che le somme derivanti dall’indennità di esproprio non sono state utilizzate per le spese, ha anche affermato che le somme versate sul conto corrente non avessero relazione con l’importo attribuito in sede di espropriazione) è anch’esso fondato.
La CTR ha ritenuto che la somma versata sul conto corrente del contribuente non potesse correlarsi, anche per la differenza di importo, a quella avente origine in una sentenza del Tribunale di Bari che aveva condannato il Comune di Cellamare a pagare allo stesso una indennità di espropriazione.
Nel compiere tale valutazione, fondata esplicitamente solo sulla differenza dell’importo di cui alla condanna con quello accreditato sul conto corrente, la CTR omette del tutto di esaminare gli ulteriori documenti prodotti dalla parte (allegati ai nn. 4-9 delle controdeduzioni di appello) attestanti la circostanza che la somma era stata incamerata a seguito di ordinanza di assegnazione del Tribunale di Bari in sede esecutiva e che lo stesso Comune, con nota del 24/06/2013, aveva
attestato l’esborso della somma nella misura esattamente corrispondente a quella oggetto dell’accredito.
Poiché la motivazione della CTR si fonda solo sulla differenza degli importi, tali circostanze, del cui esame non v’è traccia nella sentenza della CTR, sono potenzialmente decisive nella soluzione della controversia.
Di conseguenza, vanno accolti primo e terzo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo. La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, che, in diversa composizione, riesaminerà la controversia alla luce dei predetti principi, e cui è demandato di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie primo e terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.