Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1726 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1726 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
Avv. Acc. IRPEF 2000
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26351/2015 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo sito in Roma, INDIRIZZO.
RAGIONE_SOCIALE, , in persona del Direttore pro tempore , con sede in INDIRIZZO, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-resistente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LAZIO n. 6331/21/2014, depositata in data 23 ottobre 2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il contribuente riceveva notifica dall’RAGIONE_SOCIALE direzione provinciale Roma III -degli avvisi di accertamento n. 832010200434 e n. NUMERO_DOCUMENTO, relativi ad IRPEF per gli anni di imposta 2000 e 2001; la rettifica era operata ai sensi dell’art. 38, comma quarto, d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, in virtù dell’accertata incongruenza del reddito dichiarato rispetto agli indici di capacità contributiva posseduti, ossia un’autovettura a benzina, due autovetture a gasolio, disponibilità finanziarie, il pagamento di un canone di locazione per un appartamento uso abitazione in Roma. All’esito dell’accertamento, l’Ufficio rideterminava il reddito del contribuente in £ 129.384.000 per l’anno 2000 e in £ 48.464.000 per l’anno 2001.
Avverso gli avvisi di accertamento, il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi la C.t.p. di Roma e resisteva l’ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di Roma, previa riunione, con sentenza n. 166/26/2011, rigettava i ricorsi riuniti del contribuente sul presupposto che non avesse fornito argomentazioni idonee a superare la presunzione di capacità contributiva derivante dagli indici utilizzati dall’ufficio tributario accertatore.
Contro la sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. del Lazio e resisteva l’ufficio con controdeduzioni. Nelle more del giudizio, il contribuente presentava istanza di definizione della lite ex art. 39, comma dodicesimo, d.l. 06 luglio 2011, n. 98, con riguardo al solo avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno di imposta 2001. Tale Commissione, con sentenza n. 104/28/2013, dichiarava cessata la materia del contendere anche in relazione all’annualità del 2000, per la quale il contribuente non aveva presentato alcuna istanza.
Avverso tale sentenza, l’Ufficio proponeva ricorso per revocazione (art. 395, n. 4, cod. proc. civ.) dinanzi alla C.t.r. del Lazio; resisteva il contribuente con controdeduzioni, chiedendo la riforma della pronuncia di prime cure. La Commissione, con sentenza n. 6331/21/2014, depositata in data 23 ottobre 2014, accoglieva il ricorso per revocazione, ritenendo sussistente l’errore materiale, e confermava la pronuncia di prime cure.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE non ha notificato e depositato controricorso, ma ha prodotto mera nota di costituzione al dichiarato solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 26 ottobre 2023.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 (nel suo testo applicabile ratione temporis )» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha rilevato la nullità dell’atto impositivo per difetto di motivazione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» il contribuente lamenta che, nella sentenza impugnata, la C.t.r., pur riconoscendo l’esistenza dell’atto notorio sul fatto che le spese contestate dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fossero state sostenute integralmente dal padre del contribuente, si è limitata a statuire che la dichiarazione del padre fosse ‘troppo poco per giustificare il pagamento dei canoni d’affitto il possesso di due autovetture’.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 (nel suo testo applicabile ratione temporis ), degli artt. 2697, 2727, 2728, 2729 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto le argomentazioni e le prove fornite dal contribuente inidonee al superamento della presunzione di capacità contributiva derivante dagli indici utilizzati dall’ufficio tributario accertatore.
Va premesso che in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non
esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass.
11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente
proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985; Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
3. Il primo motivo è infondato.
Invero, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente di cui all’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (Cass. 31/03/2017, n. 8378). Ancora, in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2018, n. 27811). Né si può ritenere obbligatorio il preventivo contraddittorio con motivazione rafforzata perché la pronuncia di cui alla sentenza Cass. 22/02/2008, n. 4624 – in termini -riguarda la fattispecie normativa di cui all’art. 12, comma 1 del d.l. 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154 e modificato dalla legge 30 dicembre 1991, n. 413 del 1991 (art. 7); trattasi di disposizione abrogata dall’art. 3, comma 179, della legge 28 dicembre 1995, con decorrenza dall’anno d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 1995
mentre, nella fattispecie in esame, l’accertamento è riferito all’anno d’imposta 2008. A tale annualità, non è neppure applicabile l’art. 38, comma 7, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella formulazione introdotta dall’art. 22, comma 1, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122 del 2010, operante solo dal periodo d’imposta 2009, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale e senza peculiari oneri motivazionali (Cass. 30/01/2020, n. 2223).
3.1. Vieppiù che, per come riprodotto in ricorso, dallo stesso accertamento si evince che l’ente erariale ha fatto riferimento alle giustificazioni, ma non le ha accolte (cfr. pgg. 13 e 14).
4. Il secondo motivo è inammissibile.
Rileva l’applicazione, nella fattispecie, della previsione di cui all’art. 348 ter ultimo comma cod. proc. civ., così come riformulato dal d.l. 22/6/2012, n. 83 conv. nella legge 11/8/2012, n. 143 che, per l’ipotesi di cd. doppia conforme, avendo il giudice di appello confermato la sentenza di primo grado di rigetto del ricorso del contribuente, sulla base RAGIONE_SOCIALE medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto a sostegno della sentenza di primo grado, preclude la deducibilità in sede di legittimità del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360, primo comma cod. proc. civ. Tale nuova norma è sicuramente applicabile alla fattispecie in oggetto atteso che l’atto di appello originario è stato depositato in data successiva al trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione (11 settembre 2012).
5. Il terzo motivo è fondato.
Questa Corte ha chiarito che, in tema di accertamento sintetico, la prova contraria a carico del contribuente, avente ad oggetto la provenienza non reddituale dell’elemento accertato dal fisco come sintomatico di una maggiore capacit à contributiva, non è normativamente tipizzata e dunque pu ò essere data con qualsiasi mezzo e, quindi, anche con presunzioni semplici. (Cass., 13/02/2019, n. 4212; cfr. anche 22/03/2017, n. 7258). Inoltre, al contribuente, oltre che all’Amministrazione finanziaria, è riconosciuta – in
attuazione del principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU, a garanzia della parità RAGIONE_SOCIALE armi e dell’attuazione del diritto di difesa – la possibilità di introdurre, nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale aventi, anche per il contribuente, il valore probatorio proprio degli elementi indiziari (Cass. 27/05/2020, n. 9903, in tema di accertamento bancario; Cass. 11/11/2020, n. 25414, in tema di accertamento sintetico).
5.1. Nella fattispecie in esame, la C.t.r., nel considerare astrattamente l’insufficienza istruttoria della dichiarazione del terzo (il padre) , non dà atto di averla valutata nel contesto fattuale complessivo, né di averne apprezzato concretamente l’attendibilità, limitandosi ad un’ambigua ed incomprensibile espressione quantitativa dell’idoneità istruttoria , così facendo mal governo dei principi di questa Corte secondo cui, in tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare
e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass. 02/03/2017, n. 5374).
In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso e rigettato il primo e dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio alla Corte di giustizia tributaria del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e, rigettato il primo e dichiarato inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio alla Corte di giustizia tributaria del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 26 ottobre 2023.