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Accertamento sintetico: la prova del contribuente

L’Amministrazione Finanziaria contesta il reddito di un contribuente per gli anni 2007-2008 tramite accertamento sintetico (redditometro). La Commissione Tributaria Regionale annulla gli avvisi, ma la Cassazione accoglie il ricorso dell’Agenzia. La Corte stabilisce che il giudice di merito ha errato nel calcolare lo scostamento tra reddito dichiarato (pari a zero) e accertato. Inoltre, la prova fornita dal contribuente sulla disponibilità di altri redditi per giustificare le spese era generica e insufficiente, non dimostrando né l’entità né la persistenza del possesso dei fondi. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Sintetico: Come Fornire la Prova Contraria per Evitare Sanzioni

L’accertamento sintetico, noto ai più come “redditometro”, rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Quando le spese di un contribuente appaiono sproporzionate rispetto al reddito dichiarato, il Fisco può presumere un reddito maggiore. Tuttavia, questa presunzione non è assoluta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 21595/2024, offre chiarimenti fondamentali su come il contribuente può fornire la prova contraria e quali errori il giudice di merito deve evitare nel valutare i presupposti di tale accertamento.

I Fatti di Causa: Dal Redditometro al Ricorso in Cassazione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte ha origine da due avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a un contribuente per gli anni d’imposta 2007 e 2008. L’Ufficio, utilizzando il cosiddetto “vecchio redditometro”, aveva determinato sinteticamente un reddito superiore a quello dichiarato, basandosi su indici di capacità di spesa, in particolare cospicui finanziamenti effettuati dal contribuente a favore di una società di cui era socio e legale rappresentante.

Il contribuente impugnava gli atti impositivi, ma il ricorso veniva respinto in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale. La decisione veniva però ribaltata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR), che annullava gli accertamenti.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

La CTR aveva basato la sua decisione su due argomenti principali:
1. Mancava il presupposto normativo per l’accertamento, ovvero lo scostamento di almeno un quarto tra il reddito accertato e quello dichiarato per almeno due periodi d’imposta.
2. Il contribuente aveva comunque fornito prove documentali sufficienti a superare la presunzione del Fisco, dimostrando la disponibilità di somme derivanti dalla vendita di un immobile di proprietà del padre e da un prelievo da un conto cointestato.

Insoddisfatta, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi che la Suprema Corte ha ritenuto entrambi fondati.

L’Accertamento Sintetico e i Motivi del Ricorso

Il cuore della controversia verte sull’applicazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973 nella sua versione applicabile ratione temporis e sull’onere della prova a carico del contribuente.

L’Errato Calcolo dello Scostamento

Il primo motivo di ricorso denunciava un errore fondamentale commesso dalla CTR. Il giudice regionale aveva confrontato il reddito accertato dall’Ufficio (circa 41.800 euro) con un reddito da partecipazione dichiarato dal contribuente nel quadro RH (circa 41.100 euro), concludendo che lo scostamento non superava il quarto richiesto dalla legge.

La Cassazione ha evidenziato come la CTR avesse omesso di considerare un fatto decisivo: il reddito da partecipazione era stato interamente azzerato dal riporto di perdite pregresse. Di conseguenza, il reddito netto dichiarato dal contribuente per quegli anni era pari a zero. Confrontando il reddito accertato con un reddito dichiarato nullo, il presupposto dello scostamento era ampiamente soddisfatto. Questo errore di valutazione ha viziato l’intera decisione.

La Prova Contraria del Contribuente

Il secondo motivo di ricorso criticava la valutazione della prova fornita dal contribuente. Per superare la presunzione del redditometro, il contribuente deve dimostrare che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito da redditi esenti o già tassati alla fonte. La legge richiede che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.

La CTR aveva ritenuto sufficiente la prova della vendita di un immobile avvenuta nel 2005 e di un prelievo bancario nel 2007. La Cassazione, invece, ha ribadito il suo orientamento più rigoroso: non basta dimostrare la mera disponibilità di somme in un dato momento, ma è necessario provare che tali somme fossero:
1. Sufficienti a coprire le spese contestate.
2. Ancora nella disponibilità del contribuente al momento in cui le spese sono state sostenute, rendendo verosimile il loro impiego a tale scopo.

Il giudice d’appello aveva completamente omesso questa verifica, limitandosi ad un’analisi generica senza quantificare i redditi esenti né accertare se il possesso delle somme si fosse protratto fino al momento dei finanziamenti contestati.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha accolto entrambi i ricorsi, cassando la sentenza impugnata. Sul primo punto, ha riaffermato che il confronto per verificare lo scostamento deve avvenire tra dati omogenei: il reddito netto accertato e il reddito netto dichiarato. L’omissione di considerare che il reddito dichiarato era pari a zero costituisce un vizio di “omesso esame di un fatto decisivo”.

Sul secondo punto, la Corte ha ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale sull’onere della prova nell’accertamento sintetico. La finalità della norma è ancorare a fatti oggettivi (quantitativi e temporali) la disponibilità di redditi ulteriori, per collegare ad essi la maggiore capacità contributiva e escludere che siano stati usati per altre spese. Il giudice di merito non può limitarsi ad annullare l’accertamento basandosi su una generica disponibilità economica, ma deve verificare in concreto se la provvista documentata dal contribuente fosse sufficiente e temporalmente compatibile con le spese contestate. In mancanza, il processo tributario, che è di tipo “impugnazione-merito”, imporrebbe al giudice di rideterminare il reddito imponibile, non di annullare sic et simpliciter l’atto.

Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

L’ordinanza in commento offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, nel contesto dell’accertamento sintetico, la verifica dei presupposti matematici, come lo scostamento tra dichiarato e accertato, deve essere rigorosa e basata sui dati corretti, ovvero il reddito netto complessivo. In secondo luogo, e più importante, la prova contraria a carico del contribuente è un onere tutt’altro che semplice. Non è sufficiente produrre un atto di vendita o un estratto conto che attesti una passata liquidità. È cruciale costruire una linea difensiva documentata che dimostri in modo puntuale la permanenza di quella liquidità nel patrimonio fino al momento della spesa contestata, provandone l’effettiva destinazione. Una prova generica è destinata a fallire il vaglio dei giudici, come questa sentenza dimostra chiaramente.

Per applicare l’accertamento sintetico (vecchio redditometro), come si calcola lo scostamento tra reddito dichiarato e accertato?
Risposta: Lo scostamento si calcola confrontando il reddito complessivo netto accertato sinteticamente con il reddito netto dichiarato dal contribuente. Se il reddito dichiarato è pari a zero, anche a seguito dell’assorbimento di perdite pregresse, questo valore deve essere usato per il confronto.

Cosa deve dimostrare il contribuente per superare la presunzione dell’accertamento sintetico?
Risposta: Il contribuente deve fornire una prova documentale che dimostri non solo di aver avuto la disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte (es. ricavato dalla vendita di un immobile), ma anche la loro entità e la durata del loro possesso. La prova deve essere tale da rendere verosimile che tali somme siano state usate per coprire le spese contestate.

È sufficiente dimostrare di aver venduto un immobile anni prima per giustificare le spese attuali?
Risposta: No, non è sufficiente. La Corte ha chiarito che il contribuente deve anche dimostrare di aver mantenuto il possesso di quella somma per un tempo tale da rendere plausibile il suo impiego per sostenere le spese oggetto di accertamento, verificando che tali fondi non siano stati usati per altre finalità nel frattempo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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