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Accertamento sintetico: la prova del contribuente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2746/2024, si è pronunciata su un caso di accertamento sintetico basato sul redditometro per gli anni 2007-2008. La Corte ha stabilito che per superare la presunzione di maggior reddito, il contribuente non solo deve dimostrare di possedere ulteriori disponibilità economiche, ma deve anche provare che tali somme siano state effettivamente utilizzate per coprire le spese contestate. È stata inoltre confermata l’applicazione della normativa vigente all’epoca dei fatti (ratione temporis), che permette di ripartire la spesa per un incremento patrimoniale sull’anno in cui è avvenuta e sui quattro precedenti.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento sintetico: la Cassazione definisce l’onere della prova

L’accertamento sintetico, noto anche come “redditometro”, è uno degli strumenti più incisivi a disposizione del Fisco per contrastare l’evasione. Tuttavia, le presunzioni su cui si basa possono essere superate dal contribuente. Con la recente ordinanza n. 2746 del 30 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su quale sia l’esatto contenuto dell’onere della prova a carico del contribuente e sull’applicazione della legge nel tempo. Analizziamo questa importante decisione.

I fatti del caso: l’accertamento e il contenzioso

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a due coniugi, con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava, tramite il metodo sintetico, i redditi da loro dichiarati per gli anni d’imposta 2007 e 2008. L’Amministrazione Finanziaria, basandosi sulle risultanze del redditometro, presumeva un reddito superiore a quello dichiarato.

I contribuenti impugnavano l’atto e, dopo un primo grado di giudizio parzialmente favorevole, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva le loro ragioni, rigettando l’appello dell’Agenzia. La CTR, in particolare, aveva ritenuto che le presunzioni del redditometro fossero “semplici” e che il contribuente potesse superarle dimostrando la disponibilità di ulteriori somme, senza dover necessariamente provare il loro specifico impiego. Inoltre, aveva escluso dal calcolo le spese per incrementi patrimoniali avvenuti dopo il 2008. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi.

La prova contraria nell’accertamento sintetico

Il cuore della pronuncia della Cassazione risiede nel secondo motivo di ricorso, che è stato accolto. L’Agenzia lamentava l’errata interpretazione da parte dei giudici di merito dell’articolo 38 del D.P.R. 600/1973 e dell’articolo 2697 del codice civile in materia di onere della prova.

La Corte ha ribadito un principio ormai consolidato: per superare la presunzione di maggior reddito derivante da un accertamento sintetico, non è sufficiente per il contribuente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi (esenti, già tassati alla fonte, ecc.). È necessario un passo ulteriore: il contribuente deve fornire la prova di “circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere”, ovvero che quelle specifiche disponibilità finanziarie siano state effettivamente utilizzate per coprire le spese contestate dal Fisco.

In altre parole, non basta dire “avevo dei risparmi”, ma occorre dimostrare, ad esempio tramite estratti conto o altra documentazione idonea, che quei risparmi sono stati prelevati e impiegati per quella specifica spesa. La prova deve ancorare a fatti oggettivi, quantitativi e temporali, la disponibilità e la sua correlazione con la maggiore capacità contributiva accertata.

L’applicazione della legge nel tempo (ratione temporis)

Il terzo motivo di ricorso, anch’esso accolto, riguardava un’importante questione di diritto intertemporale. La CTR aveva escluso dal computo le spese per incrementi patrimoniali sostenute dai contribuenti dopo il 2008. La Cassazione ha ritenuto tale decisione errata.

Per gli anni d’imposta 2007 e 2008, infatti, si applica la versione dell’art. 38 del D.P.R. 600/1973 antecedente alla riforma del 2010. Quella norma prevedeva una specifica presunzione: la spesa per un incremento patrimoniale (es. l’acquisto di un immobile) si presumeva sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui era stata effettuata e nei quattro anni precedenti.

Di conseguenza, una spesa sostenuta, per esempio, nel 2009 doveva essere ripartita pro quota anche sul 2008 e sul 2007, incidendo quindi sull’accertamento sintetico per quelle annualità. La novella del 2010 ha modificato questo meccanismo, ma le nuove regole si applicano solo a partire dall’anno d’imposta 2009. Pertanto, i giudici di merito hanno sbagliato a non applicare la legge vigente ratione temporis.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione cassando la sentenza impugnata. Sul tema dell’onere della prova, ha chiarito che le presunzioni del redditometro sono legali e non semplici, con l’effetto di invertire l’onere probatorio sul contribuente. Quest’ultimo, per vincere la presunzione, deve fornire una prova puntuale e circostanziata, non generica. Sulla questione del diritto intertemporale, i giudici hanno sottolineato come la legge del 2010 contenga una norma transitoria esplicita che ne limita l’applicazione agli accertamenti relativi a periodi d’imposta successivi al 2009. Per i periodi precedenti, come il 2007 e il 2008, resta pienamente in vigore la disciplina previgente, inclusa la presunzione di ripartizione quinquennale della spesa per incrementi patrimoniali.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la posizione del Fisco nell’ambito degli accertamenti sintetici, ma allo stesso tempo traccia una linea chiara per la difesa del contribuente. La decisione sottolinea due aspetti fondamentali: primo, la necessità di una documentazione meticolosa e precisa per chi intende contestare il redditometro, provando non solo la disponibilità ma anche l’effettivo utilizzo di fondi extra-reddito. Secondo, ribadisce l’importanza cruciale del principio tempus regit actum nel diritto tributario, per cui la norma da applicare è sempre quella in vigore al momento del fatto, a meno di espresse disposizioni contrarie.

Per contestare un accertamento sintetico, è sufficiente dimostrare di aver avuto altre disponibilità economiche?
No. Secondo la Corte, non basta provare la mera disponibilità di ulteriori redditi. Il contribuente deve anche fornire elementi di prova su circostanze sintomatiche che indichino come tali disponibilità siano state effettivamente utilizzate per coprire le spese contestate.

Le nuove norme sull’onere della prova nel processo tributario del 2022 annullano le presunzioni legali come quelle del redditometro?
No. La Corte chiarisce che il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. 546/1992 non si pone in contrasto con le presunzioni legali previste dalla normativa tributaria sostanziale, le quali continuano a imporre al contribuente l’onere della prova contraria.

Se una spesa per un acquisto patrimoniale avviene dopo gli anni accertati, può essere rilevante per l’accertamento?
Sì. Per gli anni d’imposta 2007 e 2008, la legge applicabile (art. 38 d.P.R. 600/1973 nella versione allora vigente) prevedeva che la spesa per incrementi patrimoniali si presumesse sostenuta con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno dell’acquisto e nei quattro precedenti. Pertanto, una spesa sostenuta in un anno successivo (es. 2009) può essere imputata pro quota anche agli anni precedenti oggetto di accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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