Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4785 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4785  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4929/2016 R.G. proposto da:
COGNOME  NOME,  rappresentato  e  difeso  dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma sito in INDIRIZZO.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore pro  tempore con  sede  in  INDIRIZZO,  INDIRIZZO  CINDIRIZZO rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio legale in Roma,  INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LIGURIA n. 791/03/2015, depositata in data 02 luglio 2015.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  9  gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
 Il contribuente  riceveva  notifica  dall’RAGIONE_SOCIALE La Spezia -dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO,  relativo  ad  IRPEF  e altro  per  l’ anno  di  imposta
Avv. Acc. IRPEF 2008
2008. Il contribuente, per l’anno di imposta oggetto di contestazione, risultava possedere beni indice di capacità contributiva non dichiarati, ossia disponibilità finanziarie per il pagamento di rate di mutuo per la residenza principale in proprietà al 50%, due autovetture e un motoveicolo, n. 12 rate di leasing per l’autovettura Porche. A seguito di autotutela, l’ufficio, ex art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rideterminava il reddito in € 91.223,57 a fronte di un reddito dichiarato pari ad € 32.871,00. Successivamente, a seguito di rivisitazione RAGIONE_SOCIALE risultanze, l’Ufficio, in sede di autotutela rideterminava il maggior reddito in € 78.850,00.
 Avverso l’ avviso  di  accertamento,  il  contribuente  proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di  La  Spezia ; resisteva l’ Ufficio  con controdeduzioni.
La C.t.p. di La Spezia, con sentenza n. 64/03/2013, accoglieva le ragioni del contribuente sul presupposto che costui avesse fornito la  prova  contraria  alle  presunzioni  legali  relative  previste  dalla normativa fiscale in materia ed invocate dall’ufficio.
 Contro  la  sentenza  proponeva  appello l’Ufficio dinanzi  la  C.t.r. della Liguria; resisteva il contribuente con controdeduzioni.
Tale Commissione, con sentenza n. 791/03/2015, depositata in data 2 luglio 2015, accoglieva parzialmente il gravame annullando l’avviso  di  accertamento  con  riferimento  agli  importi  relativi  alle autovetture  Golf  e  BMW,  inviando  allo  stesso  all’Ufficio  per  il ricalcolo.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Liguria, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate non ha notificato e depositato controricorso,
ma ha prodotto mera nota di costituzione al dichiarato solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 09 gennaio 2024.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 34 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 126 e 130 cod. proc. civ. e conseguente nullità del procedimento e della sentenza con riferimento all’ art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando e l’ error in procedendo della sentenza impugnata sul presupposto che il processo verbale relativo all’udienza di discussione del procedimento d’appello difetti totalmente dell ‘ attestazione della discussione resa dalle parti; dal verbale, difatti, non emergono neppure sinteticamente le conclusioni RAGIONE_SOCIALE parti in relazione alla richiesta di accogliere ovvero di rigettare il ricorso.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 59 del d.lgs. 546 del 1992, con riferimento all’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Omessa pronuncia con riferimento all’ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando e l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto nullo l’avviso di accertamento con riferimento alle autovetture che non dovevano essere considerate ai fini del reddito sintetico, senza tuttavia provvedere al ricalcolo del maggior reddito accertato.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Contrasto di norme sull’accertamento sintetico con la ‘riserva di legge’ sancita dall’art. 23 della Costituzione. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Omessa pronuncia con riferimento all’ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando e l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi circa l’incostituzionalità della nuova versione dell’articolo 38 del decreto presidenziale n. 600 del 1973, come modificato dalla legge n. 473 del 1994, nella parte in cui
delega a decreti ministeriali il compito di identificare le basi per la determinazione  del  maggior  reddito,  in  violazione  della  riserva  di legge di cui all’articolo 23 Cost.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in particolare disapplicazione dei Decreti ministeriali 10.09.1992 e 19.11.1992 (e successivi aggiornamenti), con particolare riferimento ai beni aggiunti post riforma disposta dalla legge n. 413/1991 e dal d.l. n. 330/1994 ed applicazione retroattiva dei coefficienti» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha falsamente interpretato i detti decreti, poiché una interpretazione costituzionalmente orientata degli stessi avrebbe dovuto condurre alla esclusione della rilevanza del bene abitazione primaria ai fini dell’accertamento induttivo del reddito; il contribuente, oltretutto, contesta l’applicazione dei coefficienti approvati con provvedimento riferito al precedente periodo d’imposta.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. con riferimento alla illegittimità ed alla inammissibilità del metodo sintetico -ex art. 38 d.P.R. n. 600/1973 -così come assunto ed applicato nel caso specifico. Difetto di motivazione» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto di poter applicare il metodo sintetico poiché nella fattispecie il reddito dichiarato risultava inferiore rispetto a quello desumibile, in via presuntiva, dalla disponibilità di autovetture e RAGIONE_SOCIALE relative spese sostenute non solo per l’acquisto ma anche per il mantenimento (applicazione automatica in virtù RAGIONE_SOCIALE scostamento superiore al 25%).
1.6.  Con  il  sesto  motivo  di  ricorso,  così  rubricato:  «Violazione  e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,  degli  artt.  2697,  2727  e  2729,  1936  cod.  civ.,  nonché
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando e l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha dato per scontato che l’autovettura Porsche fosse di proprietà del contribuente e che, conseguentemente, il medesimo avesse corrisposto l’acconto relativo all’acquisto e le successive spese di mantenimento, comprese le rate del leasing.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 38, comma quarto, d.P.R. n. 600 del 1973, nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando e l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto, in relazione alla prova che le spese sostenute nel corso del periodo d’imposta oggetto d’accertamento fossero avvenute con redditi diversi da quelli posseduti o con redditi esenti o comunque legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, che non fosse sufficiente la mera dimostrazione di una generica disponibilità economica, ma che fosse necessaria una prova più rigorosa, idonea a giustificare le spese, nonché lo speculare venir meno di tale disponibilità nel corso dell’anno stesso.
1.8. Con l’ottavo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione degli artt.  113  e  132  cod.  proc.  civ.,  11,  comma  sesto,  Cost.,  con riferimento  all’art.  360,  primo  comma,  n.  4,  cod.  proc.  civ. »  il contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di decidere secondo diritto ex art. 113 cod. proc. civ.
Il primo motivo è inammissibile.
2.1.  La  doglianza  propone  un  motivo  coacervato  ossia  senza possibilità,  nel  corpo  del  discorso,  di  distinguerli,  denunciando
sostanzialmente vari vizi, anche in contrasto logico tra loro (quale la violazione di legge e l’ errore di valutazione RAGIONE_SOCIALE) che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali. Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.
2.2. Di poi, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. 28/10/2020, n. 23745).
Nel  caso  di  specie,  la  doglianza  non  evidenzia  concretamente  la violazione né l’interesse ad agire afferente alla mancata attestazione,  nel  verbale  relativo  all’udienza  di  discussione,  della discussione resa dalle parti.
Anche il secondo motivo è inammissibile per le stesse considerazioni prospettate nella disamina del primo motivo.
Innanzitutto, la censura propone una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali. Inoltre, si omette di indicare le norme di legge di cui si intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, sì da ricadere in una richiesta di riesame del merito, inammissibile in questa sede.
 Il  terzo  ed  il  quarto  motivo,  da  trattare  congiuntamente  per evidenti ragioni di connessione, sono infondati.
I decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992 contenenti i coefficienti per la valutazione dei beni indice stabiliscono i parametri del redditometro, integrano direttamente la RAGIONE_SOCIALE previsione del citato art. 38 e, pertanto, costituiscono a tutti gli effetti norme giuridiche che il giudice è tenuto ad applicare e non può disapplicare sic et simpliciter. Il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a tale elementi la capacità presuntiva contributiva che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, potendo solo valutare la prova che contribuente offre in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per
mantenere  il  possesso  dei  beni  indicati  dalle  norme  medesime (Cass. 19/12/2011, n. 27545).
4.1. Di poi, l’accertamento redditometrico basato sui beni indice di cui al D.M. del 10 settembre 1992 è stato ritenuto conforme al tessuto costituzionale con la sentenza n. 283 del 1987 affermando che i metodi di accertamento induttivo previsti dall’art. 38 , quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, pur se fondano su presunzioni, iuris tantum e non juris et de jure – sono rispettosi dell’art. 53 della Costituzione in quanto ancorano l’accertamento ad elementi che devono essere rigorosamente dimostrati e solo idonei a costituire fonte sicura di rilevamento della capacità contributiva; trattasi di un accertamento presuntivo, che lungi dal violare il principio costituzionale della correlazione tra capacità contributiva e imposizione tributaria, ne costituisce un mezzo di attuazione in quanto il reso ragionevole dal ricorso a indici idonei a dare fondamento reale alla corrispondenza tra imposizione e capacità contributiva.
Costituisce, invero, consolidato orientamento giurisprudenziale quello secondo cui in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. (Cass. 31/10/2018, n. 27811). Inoltre, il mezzo di impugnazione riveste una natura meritale profilandosi la censura evidentemente preordinata ad un nuovo esame RAGIONE_SOCIALE
risultanze  istruttorie  in  quanto  la  ricorrente  propone  elementi  già addotti  nei  gradi  di  merito;  la  prospettazione  è  evidentemente finalizzata  ad  ottenere  una  valutazione  RAGIONE_SOCIALE  prove  e  quindi  un accertamento  fattuale  di  segno  opposto  a  quello  espresso  dalla C.t.r.
In altri termini, viene chiesto di effettuare un nuovo esame sul merito della controversa e di approdare ad una valutazione degli elementi di prova difforme da quella fatta propria dal collegio di seconda istanza la cui decisione dà contezza di come, anche a voler considerare ragionevole che i risarcimenti provenienti dalle assicurazioni sarebbero stati spesi per l’acquisto di beni indice, tuttavia, le successive spese per il mantenimento dell’auto e per il pagamento RAGIONE_SOCIALE rate di leasing non possono essere ragionevolmente imputate alle somme provenienti dai medesimi risarcimenti.
6. Il sesto ed il settimo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono infondati. 6.1. In tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di
mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass.
31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di
ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
6.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha preso atto, con motivazione esaustiva, che non era stata fornita la prova, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, era costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esisteva o esisteva in misura inferiore. Invero, la C.t.r., con argomentazione di cui è ben palesato l’iter logico -giuridico, motiva come sia irrilevante, ai fini della prova contraria incombente sul contribuente, il fatto che per l’autovettura, o per qualsiasi altro bene-indice, quali la casa o il mutuo, la spesa effettiva sostenuta sia stata inferiore al reddito inferito dall’ufficio; ancora, sul punto, il contribuente non può limitarsi a dimostrare disponibilità economiche e pregresse, che sarebbero state destinate alle spese per i beni-indice dovendo invece dimostrare la disponibilità nel corso dell’anno di una somma idonea a giustificare tale spesa e lo speculare venir meno di tale disponibilità nel corso dell’anno stesso per una quota corrispondente alle spese per beni-indici o per incrementi patrimoniali. Infine, quanto ai risarcimenti provenienti
dalle  assicurazioni  che  sarebbero  stati  spese  per  l’acquisto  della Porsche, già l’importo versato a titolo di anticipo pari ad € 2,500,00 è superiore alla somma ricevuta dai risarcimenti pari a poco più di €  2.300,00;  con  la  conseguenziale  conferma  dell’accertamento sintetico in ordine al pagamento RAGIONE_SOCIALE successive rate di leasing e di mantenimento.
 Dalla  decisione  sui  sette  motivi  di  ricorso  discende  il  rigetto anche dell’ottavo.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma 1 -quater ,  d.P.R.  30  maggio  2002, n. 115,  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a ti tolo di contributo  unificato,  nella  misura  pari  a  quello  previsto  per  il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 9 gennaio 2024.