Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1445 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1445 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
Irpef- accertamento sintetico
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4126/2016 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME, in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 6983/2015, depositata in data 14/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La CTR della Campania accolse l’appello erariale contro la sentenza della CTP di Caserta che aveva annullato gli avvisi di accertamento sintetico di maggior reddito, a fini Irpef, per gli anni di imposta 2006 e 2007, emessi nei confronti di NOME COGNOME in base al cd. redditometro, considerando un incremento patrimoniale immobiliare realizzato nel 2009 e un bene indice costituito da un’autovettura .
In particolare, la CTR evidenziava che dall’estratto conto esibito in sede di contraddittorio non emergeva la conferma che i pagamenti degli importi relativi agli anni oggetto di contestazione, 2006 e 2007, fossero effettivamente avvenuti con la provvista derivante dalla vendita di un immobile avvenuta in data 21/04/2004.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione la contribuente, in base a due motivi, illustrati da successiva memoria.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato tardiva memoria al fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 15/12/2023.
Considerato che:
Con il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 cod. civ.; deduce di aver provato che le somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile del 2009 provenivano da un disinvestimento realizzato nel 2004, peraltro di importo ben maggiore rispetto alla spesa sostenuta per l’incremento patrimoniale, e che i risultati derivanti dal possesso dell’autovettura erano incoerenti.
Con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ., la ricorrente deduce omesso esame circa
un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, lamentando che la CTR abbia espresso un giudizio di carattere statico sulla fattispecie, senza esporre le ragioni per le quali l’accertamento dell’ufficio era corretto e dovevano essere invece disattese le doglianze della parte.
1.1. Occorre appena premettere che la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione formulata al capo 3 del ricorso è inammissibile ; l’art. 283 cod. proc. civ. invocato attiene , infatti, alla sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado da parte del giudice d’appello (peraltro nel rito davanti al giudice ordinario) mentre la sospensione della sentenza di appello è stata prima ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 16/06/2017, n. 15004; Cass. 24/02/2012, n. 2845), interpretando il comma 1 dell’art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992 nel senso che esso non impedisce al giudice di sospendere l’esecuzione delle sentenze tributarie d’appello ai sensi dell’art. 373 cod. proc. civ., e poi espressamente prevista dall’art. 62 -bis d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dalla l. n. 156 del 2015, a decorrere dall’1/01/2016, applicabile al caso di specie, ma in ogni caso con attribuzione della relativa competenza al giudice che ha emesso la sentenza impugnata.
Il primo motivo è infondato.
In tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , anteriore alla modifica intervenuta con il d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito dalla l. 30/07/ 2010, n. 122, infatti, l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto del contribuente sulla base della «spesa per incrementi patrimoniali» da questi sostenuta, la quale si presume affrontata nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti, e di una serie di indici di capacità contributiva fondati sui consumi e, in particolare, sulla
disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al d.m. 10 settembre 1992 e nel d.m. 19 novembre 1992 (c.d. redditometro) e su ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
Il sistema del ‹‹redditometro›› collega , cioè, alla disponibilità di determinati beni e servizi, in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 13/11/2023, n. 31579; Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335).
Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è
costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Questa Corte ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹ sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere ››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della ‹‹ durata ›› del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa,
potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la ‹‹ durata ›› del possesso dei redditi in esame (Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
Deve ritenersi, quindi, alla luce di tali considerazioni, che i giudici d’appello , con considerazioni in fatto insuscettibili di riconsiderazione in sede di legittimità, abbiano dato corretta applicazione a tali principi là dove hanno ritenuto, condividendo le ragioni dell’ufficio e confutando la tesi della contribuente, che il disinvestimento del 2004 (il cui importo la il ricorrente individua in euro 619.748,22) non potesse essere utilizzato per giustificare l’acquisto del 2009 (di importo di euro 450.000,00), poiché alla data del 30/06/2006 ciò non era confermato dall’estratto conto della Banca Popolare di Ancona (che attestava, secondo quanto riferito nell’esposizione dei fatti, un saldo di euro 13.706,10).
Il secondo motivo, con cui la ricorrente si duole di un vizio motivazionale, è infondato.
La censura, sebbene rubricata sub specie di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., in realtà denuncia non l’omesso esame di uno specifico fatto storico bensì una motivazione apparente sui rilievi di parte.
E’ noto che a seguito della riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e danno luogo a nullità della sentenza
rilevante ai sensi dell’art. 360, primo comma. n. 4) cod. proc. civ. – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale , di motivazione apparente , di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile ; al di fuori di esse, il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico , che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass., Sez. U., 7/04/2014, n. 8053).
Nel caso di specie la predetta motivazione è graficamente esistente e individua una precisa ratio decidendi , fondata sull’attribuzione di una specifica rilevanza al l’estratto conto bancario al fine di escludere che i proventi del disinvestimento fossero stati utilizzati per gli incrementi patrimoniali, senza che peraltro la ricorrente indichi alcuno dei rilievi da essa avanzati nei confronti dell’operato dell’ufficio condiviso dalla CTR.
Ne segue il rigetto del ricorso mentre non v’è da provvedere sulle spese, non avendo l’Agenzi a delle Entrate svolto attività difensiva.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.