Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32861 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32861 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9024/2017 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 5618/2016, depositata in data 3 novembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Avv. Acc. IRPEF 2007 e 2008
NOME COGNOME riceveva notifica di due avvisi di accertamento ai fini IRPEF relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008. L’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale di Mantova -rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito pari a € 170.062,78 per il 2007 ed a € 141.461,76 per l’anno 2008. La rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva.
Avverso gli avvisi di accertamento il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di Mantova; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 215/02/2014, accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, rideterminando il reddito in € 50.000,00 sia per il 2007 che per il 2008.
Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 5618/35/2016, depositata in data 3 novembre 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente, confermando la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo mentre l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 12 novembre 2024 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973 in riferimento all’art. 38, quarto e sesto comma, d.P.R. citato ed ai DD.MM. 10/09/1992 e 19/11/1992 – art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il
contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha dato conto in motivazione della dimostrazione del possesso di disponibilità finanziarie atte a giustificare il maggior reddito accertato.
Il motivo di ricorso proposto è infondato.
2.1. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10266/2019, Cass. n. 5544/2019, Cass. n. 8933/2018, Cass. n. 8539/2017, Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 930/2016 e Cass. n. 21335/2015). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 21142/2016, Cass. n. 18604/2012 e Cass. n. 20588/2005).
2.2. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla
ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente «sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere»; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi.
Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. n. 37985/2022, Cass. n. 19082/2022, Cass. n. 12600/2022, Cass. n. 12889/2018, Cass. n. 12207/2017, Cass. n. 1332/2016 e Cass. n. 8995/2014).
2.3. Orbene, alla stregua dei summenzionati principi, non può certamente ritenersi errata la decisione del Giudice del merito qui impugnata; esso, infatti, al termine delle proprie valutazioni,
afferma che: «Gli indici di capacità contributiva, indicati negli avvisi di accertamento impugnati ut supra indicati, riconosciuti da parte appellante (con le eccezioni indicate nella documentazione prodotta), sono in palese contraddizione con i redditi dichiarati (anche alla luce degli investimenti e disinvestimenti relativi all’anno 2008). Dagli atti prodotti e delle motivazioni espresse nella sentenza impugnata si riconosce la fondatezza di alcune giustificazioni addotte dal COGNOME e riconosciute dall’Agenzia delle entrate in materia di spese. In particolare si fa riferimento all’esborso, ritenuto fondato dall’Ufficio finanziario, per l’acquisto del motociclo, all’estraneità del contribuente al contratto di lessing contestato e all’estinzione del mutuo fondiario dell’anno 2006 e al riconoscimento sempre da parte dell’Amministrazione della disponibilità finanziaria a parziale giustificazione delle spese sostenute per incrementi patrimoniali. Assume particolare valore per questo Collegio il riconoscimento da parte della Resistente, in sede di accertamento per adesione, di elementi in materia di capacità contributiva tali da portare ad una rettifica in diminuzione dei redditi accertati. La proposta fissava il reddito accertato per l’anno 2007 a euro 58.927,00 e per l’anno 2008 a euro 56.807,00. Tale rideterminazione non veniva però accettata dall’Appellante. In ordine poi alle questione afferenti sempre al merito, affrontate dal Giudice di prime cure e condivise da questo Collegio, quale ad esemplo, per tutte, quella dei rimborsi chilometrici (trattasi di somme anticipate e quindi restituite al lavoratore non assimilabili alla restituzione dei finanziamenti di cui in premessa), non si può che condividere l’operato dell’Ufficio e conseguentemente il contenuto motivazionale della sentenza del Giudice di l grado. “Infatti, va sottolineato che il possesso di un’auto o di residenze secondarie, che rilevano quindi indici di spesa, rappresenta la spia di un certo tenore di vita del contribuente: pertanto, il possesso di più abitazioni secondarie, oppure di una BMW X5 rispetto ad una
utilitaria avrà di per sé un’incidenza maggiore nella determinazione del maggior reddito. Per la normativa sull’accertamento sintetico e per i decreti ministeriali di attuazione non assumono rilievo sic et simpliciter le spese sostenute, ma ha un’incidenza discriminante il possesso di un determinato bene come indice di una certa capacità contributiva”».
Piuttosto, la censura proposta dall’odierno ricorrente non fa che risolversi nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal Giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al Giudice di legittimità (Cass., SS.UU., sent. n. 34476/2019).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in€ 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 12 ottobre 2024.