Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23839 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23839 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11025/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME, rappresentato e difeso degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME (quest’ultimo, giusta procura speciale del 1.7.2024), con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore (EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro-tempore , domiciliata ope legis in RmaINDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1143 del 28.5.2015 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo sezione staccata di Pescara, depositata in data 26.10.2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 luglio 2024 dalla AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE, Direzione provinciale RAGIONE_SOCIALE Pescara, emetteva due avvisi di accertamento sintetico
(TA601A401416/2011 e TA601A401418/2011, entrambi notificati il 2.8.2011) con cui recuperava ad imposizione, a fini Irpef, maggior reddito di NOME COGNOME, per gli anni d’imposta 2006 e 2007, in base alla presenza di beni indice costituiti da un’autovettura a benzina TARGA_VEICOLO, 266 KWH, e un appartamento di 89 mq per il quale aveva corrisposto rate di mutuo, integralmente a suo carico.
Il contribuente impugnava entrambi gli avvisi di accertamento deducendo: che gli atti erano nulli, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE non aveva esperito preventivamente il contraddittorio con il ricorrente, il quale, in detta sede, ben avrebbe potuto esporre le ragioni di scostamento dai dati contenuti negli accertamenti; che, per calcolare correttamente il coefficiente di abbattimento per vetustà dell’autovettura si doveva tenere conto della reale data di prima immatricolazione (il 2.7.1996) e si doveva, altresì, considerare che la stessa era stata acquistata unitamente a due amici; che l’immobile, di cui agli atti impugnati, era stato acquistato grazie al contributo dei familiari del ricorrente, titolari di propri redditi.
La commissione tributaria provinciale di Pescara, riuniti i due giudizi relativi ai due avvisi di accertamento, con sentenza n. 341 del 28.6.2012, depositata il 12.7.012, accoglieva il ricorso limitatamente alla domanda subordinata volta ad ottenere l’abbattimento per vetustà del valore dell’autovettura nella misura del 40% e non in quella del 10%, inizialmente indicata dall’Ufficio. Nel resto, rigettava i ricorsi.
Avverso la sentenza di primo grado COGNOME NOME proponeva appello, respinto dalla C.T.R. de l’Aquila, sezione distaccata di Pescara, con sentenza n. 1143 del 28.5.2015, depositata il 26.10.2015. In particolare, la C.T.R. evidenziava come l’Ufficio non fosse gravato da alcun obbligo di instaurare il contraddittorio, atteso che, per gli anni di imposta antecedenti al 2009, non vi era alcuna norma che lo imponesse. Nel merito, osservava che il
contribuente non aveva fornito né la prova della partecipazione all’acquisto dell’autovettura da parte dei due amici né il contributo dei genitori alle spese di mantenimento dell’immobile.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione il contribuente, con due motivi, articolati in diversi ordini di censure. L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 12 luglio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380 bis c.p.c. e, in data 9.7.2024, ‘note scritte per l’udienza camerale del 12.7.2024’.
Considerato che:
1.Preliminarmmente devono essere dichiarate tardive le ‘note scritte’ depositate il 9.7.2024, peraltro contenenti solo le conclusioni già rassegnate.
Con il primo motivo, rubricato ‘violazione e falsa applicazione del principio di rilevanza comunitaria del contraddittorio preventivo nonché dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973. Omessa e/o insufficiente motivazione di fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c.’, NOME COGNOME censura la decisione impugnata nella parte in cui, in ossequio del principio generale tempus regit actum , rileva che l’obbligo di instaurare il contraddittorio con il contribuente era stato introAVV_NOTAIOo solo dal d.l. n. 78 del 2010, per accertamenti a partire dall’anno d’imposta 2009. In particolare, il contribuente osserva come la CTR avrebbe dovuto tenere conto del principio comunitario di garanzia del contraddittorio anticipato, funzionale all’esercizio del diritto di difesa. Nella memoria illustrativa, la difesa insiste in tali difese, richiamando, in particolare, l’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
2.1. Il motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad aAVV_NOTAIOare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” (n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604 -01; principio più di recente ribadito, tra le altre, anche da Sez. 5, Ordinanza n. 15760 del 2021, in motivazione). Le Sezioni Unite hanno evidenziato, appunto, come, nella normativa tributaria nazionale, in relazione ai tributi non armonizzati, non si rinviene alcuna disposizione espressa che sancisca in via generale l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, al di fuori di precise
disposizioni che tale contraddittorio prescrivono, peraltro a condizioni e con modalità ed effetti differenti, in rapporto a singole ben specifiche ipotesi, quale l’articolo 38, comma 7, d.p.r. 600/73 (come modificato dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010), in tema di accertamento sintetico.
Nella specie, è pacifico che si verte in ipotesi di accertamenti sintetici relativi agli anni d’imposta 2006 e 2007, in relazione ai quali non opera la modifica normativa di cui al citato d.l. n. 78, convertito dalla l. n. 122 del 2010, che ha disposto, all’art. 22, comma 1, con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche operano in relazione agli “accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto” e quindi la norma ha effetto dal periodo d’imposta 2009 (cfr. Cass. n. 11283 del 31.5.2016, Rv. 639865-01).
3. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di valutazione della prova e principio di non contestazione, omesso esame di documenti rilevanti ai fini del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3. Motivazione carente, insufficiente e, per taluni versi, persino contraddittoria ed illogica su un punto controverso e decisivo della causa, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.’, il contribuente censura la decisione impugnata nella parte in cui, non ritenendo fornita la prova della partecipazione dei due amici all’acquisto ed al mantenimento dell’autovettura, ha omesso di considerare che le risultanze del Pubblico Registro Automobilistico (dal quale risultava che l’autovettura era intestata al solo COGNOME) hanno valore di presunzione semplice che, nel caso di specie, era stata vinta dalla produzione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei due amici. Ha inoltre precisato che l’Ufficio non aveva contestato le produzioni documentali del ricorrente, con conseguente possibilità di ritenere pacifici, ex art. 115 c.p.c., i fatti in esame. Ha inoltre censurato la decisione della
CTR nella parte in cui non aveva ritenuto fornita la prova del concorso dei genitori del ricorrente alle spese di mantenimento dell’immobile.
3.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
In accoglimento dell’eccezione spiegata dall’RAGIONE_SOCIALE, deve essere dichiarata l’inammissibilità della censura relativa all’art. 360, comma 1, n. 5, atteso che, trattandosi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, c.p.c., il ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, omettendo di dimostrare che esse sono tra di loro diverse (cfr. tra le tante, Cass., Sez. 3, n. 5947 del 28.2.2023, Rv. 667202-01).
3.2. Quanto alla censura relativa alla violazione dell’art. 115 c.p.c., il contribuente sollecita l’applicazione del principio generale di non contestazione proprio del processo civile che, fondato sugli artt. 115 e 88 c.p.c. e sul principio di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., è pacificamente estensibile anche al processo tributario non soltanto in ragione del rinvio alle norme del codice di procedura civile operato dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto compatibili, ma anche perché caratterizzato, al pari del primo, dalla necessità della difesa tecnica e da un sistema di preclusioni, restando ininfluenti, in senso contrario, le peculiarità dello stesso, quali il carattere eminentemente documentale dell’istruttoria e l’inapplicabilità della disciplina dell’equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo (Cass. Sez. 5, n. 23710 del 1.10.2018, Rv. 650522 -01; Cass. Sez. 5, n. 2196 del 6.2.2015, Rv. 634386 – 01).
Ciò che il ricorrente trascura è però il fatto che la contestazione circa l’omessa considerazione, da parte del giudice di merito, di una circostanza di fatto assunta come “pacifica” tra le parti, imponga di indicare in ricorso, in ottemperanza al dovere di autosufficienza, in
quale atto essa sia stata allegata e in quale sede e modo sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass., Sez. 6-5, n. 24062 del 12.10.2017, Rv. 645760 -01) e che il principio di non contestazione operi, nel processo tributario, esclusivamente sul piano probatorio, dovendo essere correlato con la natura indisponibile dei fatti controversi e con la specialità del contenzioso, sempreché il giudice, in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo, non ritenga di escluderne l’esistenza (Cass., Sez. 5, n. 8480 del 6.5.2020, Rv. 657623 – 01; Cass., Sez. 5, n. 12287 del 18.5.2018, Rv. 648373 – 01).
Ebbene, nella specie manca nel ricorso qualsiasi indicazione circa la sede e il modo in cui le circostanze relative alla partecipazione dei due amici alle spese di acquisto e di gestione dell’autovettura siano state allegate nonché al concorso dei genitori del ricorrente nelle spese di mantenimento dell’immobile.
A prescindere da tale dirimente considerazione, osserva il Collegio come la stessa presa di posizione della C.T.R. sulle suddette questioni (allorché imputa al contribuente la mancata dimostrazione della comproprietà dell’autovettura e del concorso dei genitori alle spese di gestione dell’immobile), implicante indirettamente l’assenza della deAVV_NOTAIOa non contestazione, induce a ritenere che ciò che oggi viene sollecitato sia in realtà una inammissibile revisione RAGIONE_SOCIALE valutazioni e del convincimento del giudice e dunque una nuova pronuncia di fatto, certamente estranea alla natura e ai fini del giudizio di cassazione (Cass., Sez. U., n. 24148 del 25.10.2013, Rv. 627790 – 01).
3.3. Per completezza, si osserva che, contrariamente rispetto a quanto deAVV_NOTAIOo dal contribuente, nella sentenza impugnata sono state compiutamente indicate le ragioni in forza RAGIONE_SOCIALE quali si è ritenuto che il contribuente non sia riuscito a superare la presunzione legale relativa introAVV_NOTAIOa dalla disciplina relativa al c.d. redditometro.
3.3.1. In via generale si osserva che, in tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , anteriore alla modifica intervenuta con il d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito dalla l. 30/07/2010, n. 122, l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto del contribuente sulla base della «spesa per incrementi patrimoniali» da questi sostenuta, la quale si presume affrontata nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti, e di una serie di indici di capacità contributiva fondati sui consumi e, in particolare, sulla disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al d.m. 10 settembre 1992 e nel d.m. 19 novembre 1992 (c.d. redditometro) e su ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa (Cass. 13/11/2023, n. 31579, non massimata; Cass. 29/01/2020, n. 1980, non massimata; Cass. 11/04/2019, n. 10266, non massimata; Cass. 26/02/2019, n. 5544, non massimata; Cass. 11/04/2018, n. 8933, non massimata), per cui il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. n. 17487 del 1.9.2016, Rv. 640989 – 01 ) e rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito,
determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 21142 del 19/10/2016, Rv. 641453-01, cui è conforme la più recente Cass. Sez. 5, n. 4838 del 23.2.2024, Rv. 670406-01).
Nell’intento di delimitare i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 (a norma del quale l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), questa Corte ha avuto modo di chiarire (a partire da Cass., sez. 5, 18/04/2014, n. 8995, non massimata, richiamata dalla successiva Cass., sez. 5, 26/11/2014, n. 25104, Rv. 633514 – 01) che la norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).
Si è, altresì, spiegato che la dimostrazione della semplice esistenza del reddito riferibile al familiare convivente, se è rivelatrice di una astratta maggiore capacità contributiva familiare, non è di per se stessa induttiva del fatto che detto maggiore reddito sia stato impiegato proprio per sopperire alle esigenze di uno dei componenti del nucleo, sul quale ultimo incombe l’onere di contrastare il risultato derivante dall’applicazione di detti indici nei suoi confronti soltanto con la prova documentale. Peraltro, nel caso
di acquisto di un immobile mediante un mutuo di importo pari al prezzo di acquisto, per questa Corte, in tema di accertamento cd. sintetico, la prova contraria a carico del contribuente richiesta dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, può essere assolta mediante la produzione del contratto di mutuo, idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale RAGIONE_SOCIALE somme utilizzate per l’acquisto del bene (Cass., 6-5, n. 31124 del 3.12.2018, Rv. 651653 – 01).
3.3.2. Rettamente la C.T.R. ha ritenuto insufficiente il riferimento ai redditi dei genitori del ricorrente (per la parte relativa alla prova della partecipazione alla gestione dell’immobile) e alle due dichiarazioni dei due amici (in forza RAGIONE_SOCIALE quali l’autovettura sarebbe di proprietà di tutti e tre), apparendo tali circostanze generiche e non supportate da precisi riscontri documentali. Le argomentazioni poste dai giudici di merito a sostegno del decisum fanno corretta applicazione del principio per cui, in tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico, gli indici presuntivi di cui al d.m. 10 settembre 1992 possono ritenersi superati soltanto se il contribuente dimostra che per lo specifico bene o servizio «sopporta» solo in parte le spese, dovendosi attribuire valenza, atteso il pregnante significato del verbo «sopportare», non alla situazione formale del pagamento, bensì all’emergere della prova concreta («se il contribuente dimostra») della «sopportazione» da parte di terzi RAGIONE_SOCIALE spese in questione, dimostrando la provenienza RAGIONE_SOCIALE somme utilizzate per il pagamento (cfr. Cass., sez. 5, 20/05/2011, n. 11213, non mass.; Cass., sez. 5, 19/10/2016, n. 21143, Rv. 641451 – 01). E ciò in applicazione dell’ulteriore principio più volte affermato in tema di accertamento dei redditi, che deve essere ribadito, secondo cui gli elementi indicativi di capacità contributiva costituiti, tra gli altri, dalla disponibilità di autoveicoli, nonché di residenze principali o secondari, costituiscono una presunzione di capacità contributiva
da qualificare «legale», ai sensi dell’art. 2728 c.c., perché è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una capacità contributiva, senza che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’ufficio, abbia il potere di togliere ad essi la valenza presuntiva che il legislatore ha connesso alla disponibilità dei beni, potendo il giudice del merito solo valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale, e, quindi, non imponibile, RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norme, indispensabile per superare la predetta presunzione (Cass., sez. 5, 23/07/2007, n. 16284, Rv. 599484 – 01; Cass., sez. 6-5, 1/09/2016, n. 17487, Rv. 640989 – 01).
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore della controricorrente che quantifica in € 4.100,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso , a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/07/2024