Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16341 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16341 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
Avv. Acc. IRPEF 2011
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26149/2019 R.G. proposto da:
NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in TorinoINDIRIZZO INDIRIZZO.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE n. 228/01/2019, depositata in data 14 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 7 novembre 2016 NOME COGNOME riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno d’imposta 2011; l ‘ RAGIONE_SOCIALE -direzione
provinciale di Torino I – rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato pari a € 8.863,00 e accertando un maggior reddito di € 346.500,00 per l’anno d’imposta 2011, ossia i tre quinti della spesa complessiva per l’acquisto di quote sociali (pari a € 577.500,00), che veniva rilevata quale indice di capacità contributiva dall’ufficio; i residui due quinti erano già stati accertati con gli avvisi di accertamento relativi ai periodi d’imposta 2007 e 2008 ai sensi dell’allora vigente art. 38 d.P.R. n. 600/1973 e, quindi, venivano scomputati da quanto accertato con l’avviso oggetto di questo giudizio.
Avverso l’ avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Torino; si costituiva in giudizio anche l’ufficio , chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 255/08/2018, rigettava il ricorso del contribuente.
Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. del Piemonte; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio , chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 228/01/2019, depositata in data 14 febbraio 2019, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente, condannandolo al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Piemonte, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 10 maggio 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione degli artt. 38 d.P.R. n. 600/1973, 2729 cod. civ. e 7 Legge 27 luglio 2000, n. 212» il contribuente lamenta l’ error in
iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha ritenuto l’avviso impugnato scarsamente motivato, laddove l’ufficio ha determinato induttivamente il maggior reddito non sulla base di spese effettivamente sostenute, ma solamente sul presupposto dell’atto pubblico di compravendita di quote societarie, disconoscendone la natura simulata e ricollegandovi l’effettivo esborso di prezzo (in ordine al quale il contribuente nulla dichiarava nell’atto), in questo modo incorrendo nel divieto di doppia presunzione e non esprimendosi sulle prove contrarie circa la natura esclusivamente fiduciaria della cessione RAGIONE_SOCIALE quote.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per vizio di ultrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ., con particolare riferimento all’eccezione della mancanza di data certa per la scrittura privata precedente all’atto simulato » il contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha pronunciato ultra petita in merito alla carenza di data certa nella scrittura privata, argomentazione non spesa nell’avviso di cui è causa ma eccepita dall’ufficio solamente in sede di giudizio.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione del riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 cod. civ. e falsa applicazione dell’art. 2700 cod. civ. » il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha erroneamente individuato l’oggetto della prova, riconoscendo in capo al contribuente l’onere di dimostrare la data certa della scrittura privata, anziché ravvisare in capo all’ufficio l’onere di provare la maggiore attendibilità dell’atto di cessione alla luce della scrittura privata stessa e RAGIONE_SOCIALE altre prove prodotte dal contribuente.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «In subordine: nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione degli artt. 5 e 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha riconosciuto la legittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate sulla base di una mera presunzione di colpevolezza riguardante la presentazione di dichiarazione infedele e, in ogni caso, senza prendere in considerazione i numerosi elementi volti a dimostrare l’assenza di colpa in capo al contribuente per errore incolpevole sull’elemento normativo della fattispecie violata.
Il primo motivo è inammissibile oltre che infondato.
La censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
In altri termini viene chiesto di riesaminare il merito della controversa e di approdare ad una valutazione degli elementi di prova difforme da quella fatta propria dal collegio di seconda istanza la cui decisione dà contezza di come è stata valutata negativamente la prova contraria offerta dal contribuente in ordine alla sottoscrizione della scrittura privata autenticata del 23 agosto 2011 registrata in data 26 agosto 2011 di acquisto RAGIONE_SOCIALE quote societarie della RAGIONE_SOCIALE per il corrispettivo di € 577.500,00, alla
luce dei principi giurisprudenziali formatisi in relazione all’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973.
2.1. In tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente
nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
2.2. Con precipuo riferimento alla fattispecie del negozio simulato questa Corte ha precisato che ‘ In tema di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del
reddito annuale complessivo, secondo la previsione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – che consiste nell’applicazione di presunzioni semplici, in virtù RAGIONE_SOCIALE quali (art. 2727 cod. civ.) l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (nella specie, l’esborso di rilevanti somme di denaro per l’acquisto di beni) a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva) -, la presunzione semplice genera l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla realtà; in particolare, nella specie, che il pagamento del prezzo non è avvenuto e, quindi, l’effettuata acquisizione di beni non denota una reale disponibilità economica, suscettibile di valutazione a fini fiscali, poiché il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa gratuita anziché quella onerosa apparente ‘ (Cass. 17/03/2006, n. 5991).
2.3. Nella fattispecie in esame, la C.t.r., sui documenti prodotti dal contribuente, ha analiticamente e diffusamente motivato, ritenendo che complessivamente non fossero idonei a fornire la prova contraria necessaria al superamento della presunzione ha deciso per l’inidoneità della prova contraria.
2.4. Infine, quanto alla invocata lesione del divieto di doppia presunzione, esso, per giurisprudenza univoca di questa Corte, non costituisce principio del nostro ordinamento; in particolare, con un autorevole arresto (Cass. 01/08/2019, n.20748), si è chiarito che la sussistenza nel nostro ordinamento del cosiddetto «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena», è stata esclusa da questa Corte, secondo cui: «a) il principio praesumptum de praesumpto non admittitur (o «divieto di doppie presunzioni» o «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena»), spesso tralaticiamente menzionato in varie sentenze, è inesistente, perché non è riconducibile né agli evocati artt. 2729 e 2697 cod. civ. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento: come è stato più volte e da
tempo sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purché “gravi, precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., può legittimamente costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea -in quanto, a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento de! fatto ignoto (Cass. n. 18915, n. 17166, n. 17165, n. 17164, n. 1289, n. 983 del 2015);» (Cass., 16/06/2017, n. 15003, in motivazione, al § 3) ‘ .
Il secondo motivo è infondato per le medesime argomentazioni illustrate sub 2. Vieppiù che i
Il quarto motivo di ricorso, con cui il contribuente censura l’operato della RAGIONE_SOCIALE per aver riconosciuto la legittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate sulla base di una mera presunzione di colpevolezza riguardante la presentazione di dichiarazione infedele per non aver ritenuto carente di motivazione, è infondato.
In tema di sanzioni amministrative tributarie, l’obbligo di motivazione dell’atto di contestazione della sanzione collegata al tributo, imposto dall’art. 16, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, opera soltanto quando essa sia irrogata con atto separato e non contestualmente e unitamente all’atto di accertamento o di rettifica, in quanto, in quest’ultimo caso, viene assolto “per relationem” se la pretesa fiscale è definita nei suoi elementi essenziali (Cass. 04/05/2021, n. 11610).
Correttamente, sul punto, la RAGIONE_SOCIALE.t.r. ha ritenuto l’adeguatezza del provvedimento sanzionatorio, emesso in virtù dell’ infedele dichiarazione previste dall’art. 1, comma 2, del d.Lgs. 471/97, tenuto conto dell’entità RAGIONE_SOCIALE violazioni commesse e della condotta complessiva del contribuente.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il contribuente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite che si liquidano in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 10 maggio 2024.