Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16060 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16060 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14673/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis -ricorrente- contro
NOME COGNOME -intimato- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA n. 3034/17 depositata l’8 novembre 2017
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE notificava a NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale determinava sinteticamente, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, il reddito complessivo netto del predetto contribuente da assoggettare a tassazione ai fini dell’IRPEF per l’anno 2004.
Il COGNOME impugnava tale avviso di accertamento davanti alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la quale accoglieva il suo ricorso, annullando l’atto impositivo in parola.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, che con sentenza n. 3034/2017 dell’8 novembre 2017 respingeva l’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria.
Rilevava il giudice regionale: che, sebbene l’accertamento fiscale avesse riguardato l’anno d’imposta 2004, «i riferimenti probatori posti a base del procedimento di ricostruzione presuntiva del reddito rappresentati dall’acquisto di un terreno non edificabile nel 2007, dal possesso di un fabbricato, dall’acquisto di alcuni titoli nel 2008 ed, infine, dall’acquisto di quote societarie sempre nel 2008 -(era) no tutti successivi (anziché precedenti) all’anno di imposta in questione» ; – che i documenti contenuti nel fascicolo di parte di primo grado del contribuente, dei quali non sembrava aver tenuto conto l’Ufficio nella pregressa fase amministrativa dell’accertamento, apparivano «dimostrativi di una disponibilità finanziaria giustificativa degli incrementi patrimoniali contestati, vieppiù in quanto non rimane (va) contestata la provenienza dei numerosi versamenti in conto corrente nei tre esercizi finanziari successivi a quello oggetto dell’atto di accertamento» .
Contro questa sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il COGNOME è rimasto intimato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 1, c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 38, commi 4, 5 e 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , e dell’art. 2697 c.c..
1.1 Si rimprovera alla CTR di non aver correttamente applicato alla fattispecie esaminata la disciplina normativa in materia di accertamento sintetico del reddito e di aver malamente distribuito l’onere probatorio fra le parti, muovendo dall’erroneo presupposto che quella fondata sull’applicazione del cd. vecchio redditometro (Decreti Ministeriali 10 settembre e 19 novembre 1992) costituisca una presunzione semplice, anziché una presunzione legale iuris tantum di capacità contributiva.
1.2 Viene, al riguardo, osservato che, al fine di superare la presunzione a sé sfavorevole stabilita dalla surrichiamata disciplina, il contribuente avrebbe dovuto offrire idonea prova documentale non soltanto della disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche dell’avvenuto impiego di quei redditi per il sostenimento RAGIONE_SOCIALE spese per incrementi patrimoniali su cui si fonda l’accertamento sintetico condotto dall’Ufficio.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 38, commi 4, 5 e 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , nonchè dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2728 c.c..
2.1 Si deduce che l’impugnata sentenza risulterebbe affetta da nullità per essere stata pronunciata .
2.2 L’iter decisionale seguìto dalla CTR sarebbe, infatti, viziato in radice dall’avere essa negato ai parametri del cd. redditometro il valore di presunzione legale, in tal modo trasferendo .
I due motivi, che possono essere esaminati insieme in quanto
intimamente connessi e in parte coincidenti, sono fondati.
3.1 Giova, anzitutto, rammentare che l’art. 38, commi 4, 5 e 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo, applicabile ratione temporis , vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, così recita:
« L’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’art. 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. A tal fine, con decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.
Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione».
3.2 Un più risalente orientamento di legittimità (cfr. Cass. n. 6813/2009, Cass. n. 3111/2014) riteneva che, ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova su di lui gravante ai sensi
del comma 6 del citato articolo, il contribuente fosse tenuto a dimostrare per tabulas non soltanto di aver avuto la disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta nel periodo di riferimento, ma anche di aver sostenuto proprio con quei redditi, e non già con qualsiasi altro, la spesa per incrementi patrimoniali posta a base dell’accertamento sintetico operato dall’Ufficio.
3.3 In sèguito, però, si è andato affermando nella giurisprudenza di questa Corte un diverso indirizzo interpretativo, più aderente al dato letterale della norma, secondo cui la prova documentale contraria che il contribuente è tenuto a fornire in virtù della previsione in commento non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche la loro entità e la durata del relativo possesso.
3.4 Si è così chiarito che, pur non risultando necessario dimostrare che detti ulteriori redditi siano stati utilizzati allo scopo di coprire la spesa per incrementi patrimoniali, è però espressamente richiesta una prova documentale da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (cfr. Cass. n. 8995/2014, Cass. n. 25283/2015, Cass. n. 14853/2016, Cass. n. 26321/2017, Cass. n. 29067/2018, Cass. n. 29761/2019, Cass. n. 18633/2020, Cass. n. 24444/2021, Cass. n. 31901/2022, Cass. n. 31579/2023).
3.5 La finalità della norma è pertanto quella di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di tali redditi, onde consentire di ricollegare proprio ad essi la maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico e di escluderne l’avvenuto utilizzo per l’effettuazione di altre spese non considerate dall’Ufficio (cfr. Cass n. 13707/2016, Cass. n. 25996/2017, Cass. n. 25630/2018, Cass. n. 11800/2019).
3.6 È stato, inoltre, ripetutamente affermato che, in tema di ricostruzione del reddito con metodo sintetico, la disciplina del cd.
redditometro introduce una presunzione legale iuris tantum di capacità contributiva connessa alla disponibilità di alcuni beni, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettiva ricorrenza degli specifici elementi indicatori di tale capacità esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo loro assegnato dal legislatore, ma deve limitarsi a valutare la prova offerta dal contribuente in ordine alla provenienza non reddituale -e quindi non imponibile, perché già sottoposta a imposta o esente- RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso dei detti beni (cfr. Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 20369/2017, Cass. n. 29761/2019, Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10378/2022).
3.7 Tanto premesso, va osservato che nel caso di specie la CTR calabrese ha così motivato la decisione assunta: «…scorgendo il fascicolo di primo grado del ricorrente ed i documenti ad esso acclusi…, risultano allegati un atto di vendita di un appartamento in Crosia, in catasto al fol. 9, part. 210 sub 11, sito in INDIRIZZO, per euro 50.000, nonché una serie di estratti conto corrente bancari del 2005, 2006 e 2007, nonché una ricevuta di versamento di assegni per euro 22.026,07 (…) Tali documenti appaiono al Collegio dimostrativi di una disponibilità finanziaria giustificativa degli incrementi patrimoniali contestati, vieppiù in quanto non rimane contestata la provenienza dei numerosi versamenti in conto corrente nei tre esercizi finanziari successivi a quello oggetto dell’atto di accertamento» .
3.8 Dal tenore della motivazione innanzi trascritta appare evidente come le surriferite regulae iuris non siano state correttamente applicate dal collegio di secondo grado, il quale ha ritenuto che l’onere della prova contraria gravante sul contribuente ex art. 38, comma 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile ratione temporis , fosse stato assolto mediante la produzione di documenti asseritamente comprovanti una generica «disponibilità finanziaria giustificativa degli incrementi patrimoniali contestati» .
3.9 La Commissione regionale ha, infatti, completamente omesso di valutare: (a)se i redditi ulteriori di cui il COGNOME aveva documentato la disponibilità rientrassero, in rapporto alla loro provenienza, fra quelli esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o comunque legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile; (b)se l’entità di tali redditi, non quantificata in sentenza nel suo esatto ammontare, fosse sufficiente a coprire la spesa per incrementi patrimoniali contestata dall’Ufficio; (c)se il possesso degli stessi fosse stato mantenuto dal contribuente per un tempo tale da farne apparire verosimile l’impiego per il sostenimento della predetta spesa.
Essendo stati omessi gli accertamenti di merito necessari per una corretta sussunzione della fattispecie concreta nella pertinente previsione normativa, va disposta, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria della Calabria, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia, uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
4.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione