Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31876 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31876 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
Avv. Acc. IRPEF 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23019/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente – contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 2036/13/2017, depositata in data 11 maggio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME riceveva notifica dell’avviso di accertamento ai fini IRPEF n. T9D013A04359 per l’anno d’imposta
2009. L’Agenzia delle Entrate direzione provinciale di Milano II rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito di € 856.714,00 per l’anno 2009. La rettifica originava dal riscontro, operato dall’ufficio, della disponibilità del detto contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: canoni di leasing, collaboratori domestici, spese per istruzione ed altri beni, imbarcazione da diporto e vari investimenti.
Avverso l’avviso il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Milano; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 2095/24/2016, accoglieva il ricorso del contribuente.
Contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva in giudizio anche il contribuente, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 2036/13/2017, depositata in data 11 maggio 2017, la C.t.r. adita rigettava l’appello dell’Ufficio, condannandolo al pagamento delle spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Il contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione art. 53 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la
C.t.r. ha statuito dell’infondatezza dell’appello proposto in quanto non contenente motivi specifici, anziché statuire dell’inammissibilità dello stesso.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza impugnata per inosservanza dell’art. 53 D.Lgs. n. 546/1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha statuito dell’inammissibilità dell’appello proposto in quanto non contenente motivi specifici, i quali erano invece presenti ed attenevano al mancato assolvimento dell’onere di prova contraria da parte del contribuente.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza impugnata per inosservanza (violazione e falsa applicazione) art. 36 D.Lgs. n. 546/1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha statuito con motivazione meramente parvente che l’appello proposto dall’ufficio non conteneva motivi specifici.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione art. 38 d.P.R. n. 600/1973 e 2697 cod. civ. in combinato disposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto sufficiente la mera dimostrazione della disponibilità di somme costituenti redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, anziché richiedere l’ulteriore prova di un sintomatico utilizzo di queste per ‘coprire’ le spese attenzionate dall’ufficio.
I primi tre motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessioni e per l’affinità delle critiche sollevate, sono inammissibili.
E’ vero che: la C.t.r. si dilunga sui requisiti di specificità dell’appello erariale laddove afferma che, alla luce dell’art. 53 del d.lgs. n.
546/1992, il ricorso in appello deve contenere le motivazioni della sentenza impugnata ed un’espressa censura del nucleo essenziale della stessa in modo da incrinare il fondamento logico giuridico, non potendosi al contrario limitare a riprodurre le difese svolte in primo grado senza indicare le argomentazioni che sorreggevano la decisione impugnata e senza attaccarle con appropriate controdeduzione. Tuttavia, nella stessa motivazione, la CTR successivamente passa ad esaminare il merito della controversia ed infine rigetta l’appello. Pertanto, le argomentazioni relative alla forma dell’appello , sotto il profilo del contenuto dinamico della motivazione, si appalesano irrilevanti ai fini della decisione realmente adottata, trattasi di obiter dicta , di affermazioni su una questione da ritenuta infine infondata ed irrilevante ai fini della disamina del caso giuridico sottoposto al giudice a quo, che non le ha ritenute preclusive dell’esame, e del rigetto, nel merito dell’impugnazione.
Invece, è fondato il quarto motivo.
3.1. Va premesso che, nell’intento di delimitare i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 (a norma del quale l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in lutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), questa Corte ha avuto modo di chiarire (a partire da Cass. 18/04/2014, n. 8995 richiamata dalla successiva Cass. 26/11/2014, n. 25104) che la norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), ossia una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto
accadere); tuttavia, non è prevista la prova che detti ulteriori redditi siano stati utilizzati per coprire le spese contestate.
3.2. In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della «durata» del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentite la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati (in senso conforme si sono pronunciate Cass. 20/01/2017, n. 1510; Cass. 16/07/2015, n. 14885; Cass. 23/03/2018, n. 7389; Cass. 10/07/2018, n. 18097; ed ancora Cass. 30/07/2019, n. 20479; Cass. 4/08/2020, n. 16637).
3.3. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha ritenuto l’infondatezza dell’eccezione dell’Ufficio secondo la quale non era dimostrato che la disponibilità economica fosse servita a far fronte alle spese considerate al fine determinare il reddito. In realtà, non è corretto ritenere apoditticamente che non esiste l’obbligo giuridico di provare la correlazione tra redditi esenti e spese/incrementi, dovendo tale affermazione motivazionale essere sostituita dalla necessaria verifica dall’esistenza di ulteriori elementi , ovvero dalla prova su circostanze quanto meno sintomatiche del fatto che sia potuto accadere che i redditi usati siano stati utilizzati per le spese e/o gli incrementi in questione.
La C.t.r. ha fatto quindi malgoverno dei principi normativi e giurisprudenziali sopra illustrati.
4. In conclusione, vanno dichiarati inammissibili i primi tre motivi di ricorso e va accolto il quarto motivo; conseguentemente la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, accoglie il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024.