Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8274 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8274 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
NOME COGNOME NOMECOGNOME
-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 1138/05/2018, depositata in data 26 giugno 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 marzo 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamento sintetico con cui recuperava ad imposizione, ai fini Irpef, ai sensi dell’art. 38, comma 4, d.P.R. n. 600/1973, maggior reddito di NOME COGNOME COGNOME (euro 55.346,00) per l’anno di imposta 2008 (a fronte di un reddito dichiarato pari ad euro 5.257,00), in base al possesso
Oggetto: Irpef 2008 – Redditometro – Rideterminazione reddito imponibile – Prova contraria – Oggetto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8691/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
di beni indice di capacità contributiva (diversi immobili, un motociclo e un’autovettura ).
Fallito il tentativo di definizione con il procedimento di accertamento con adesione, il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino, che annullava l’avviso stante l’omessa valutazione da parte dell’Ufficio -degli elementi forniti dal contribuente; questi aveva, in particolare, rappresentato di aver ereditato nel 2003 molti immobili di pregio, successivamente venduti, per cui aveva una cospicua disponibilità di denaro (Euro 1.460.000,00).
L’ Ufficio spiegava appello innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, richiamando i presupposti dell’accertamento sintetico e la valenza di presunzione legale degli elementi rilevati, rispetto ai quali il contribuente non aveva fornito la prova contraria. La CTR rigettava il gravame rilevando come gli elementi conoscitivi forniti dal contribuente integrassero la prova giustificativa della discrepanza tra i valori indice ed il reddito dichiarato.
La CTR evidenziava che, a fronte di valutazioni con valenza indiziaria da parte dell’Agenzia, la parte interessata ben poteva contrapporre un’analoga prova presuntiva, non occorrendo la ‘produzione di prove inconfutabili’ (ultima pag. della sentenza).
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi a due motivi. Il contribuente è rimasto intimato: una prima notifica del ricorso, eseguita a mezzo posta in data 4 marzo 2019, non andava a buon fine, risultando trasferito il contribuente all’indirizzo di residenza (Torino, INDIRIZZO ed irreperibile il difensore, dott. NOME COGNOME (Torino, INDIRIZZO); una seconda notifica nei confronti del contribuente non andava nuovamente a buon fine, risultando trasferito il contribuente anche al nuovo indirizzo (Torino, INDIRIZZO; infine, la notifica al difensore
veniva eseguita a mezzo pec presso l’indirizzo pec in data 11/06/2019.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 18/03/2025.
Considerato che:
1. Con il primo strumento di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce la «violazione e falsa applicazione art. 38 DPR 600/73, 2697 c.c., 27272729 c.c. in relazione all’art. 360 n 3 c.p.c.»; richiama, in termini generali, i principi affermati da questa Corte in tema di estensione ed oggetto della prova contraria che il contribuente deve fornire per superare la presunzione del maggior reddito accertato dall’Ufficio secondo il metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38, d.P.R. n. 600/1973, e contesta la decisione della CTR nella parte in cui ha ritenuto sufficiente la vendita di un bene ereditato dal contribuente e la percezione del relativo (ed intero) prezzo (Euro 1.466.000,00). I giudici del gravame, di contro, avrebbero dovuto accertare la prova documentale della disponibilità della detta somma ‘in misura idonea ad elidere in tutto o in parte le spese componenti il reddito sinteticamente accertato ‘ (pag. 12 del ricorso).
Il motivo è fondato.
L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni dest inati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38
citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il re ddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
Il contribuente che deduca che le spese effettuate e contestate derivino dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto, è onerato della prova contraria sulla loro disponibilità, sull’entità degli stessi e sulla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrare l’utilizzo diretto per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti, quali gli estratti conto bancari, dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (Cass., 16/04/2024, n. 10310).
Nella specie la CTR non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra esposti, avendo ritenuto raggiunta la prova contraria da parte del contribuente solo sulla base della vendita di parte dei beni ereditari, con il saldo (pari ad Euro 1.460.000,00), percepito (dal contribuente e dagli altri eredi) nel 2007, ovvero l’anno precedente quello oggetto di accertamento.
In assenza di qualsiasi documentazione comprovante la detta percezione, gli elementi di fatto esposti dalla CTR non sono idonei ad assurgere la valenza di prova presuntiva contraria a quella addotta dall’Ufficio sulla base degli indici di capacità patrimon iale del contribuente.
Con il secondo motivo l’Ufficio lamenta la «nullità della sentenza impugnata per inosservanza (violazione e falsa applicazione) art. 36 d.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c.», per aver la CTR fornito una motivazione meramente apparente, inidonea a disvelare l’iter logico seguito per giungere alla decisione.
La ricorrente rappresenta, in primis, ch e l’atto di vendita d i una delle unità immobiliari ricevute in eredità era stato stipulato, a latere venditoris , dai quattro eredi (ciascuno per la quota del 25%), senza
che fosse stato depositato alcun accordo atto a dimostrare l’ assunto del contribuente, ovvero l’ esclusiva proprietà del cespite in capo al medesimo. Gli unici assegni prodotti ammontavano ad Euro 340.000,00 e, pertanto, dovevano essere divisi per il numero degli eredi (4); in definitiva, a tutto concedere il contribuente avrebbe potuto contare sulla disponibilità di Euro 85.000,00.
La CTR , con un’affermazione apodittica, generica ed astratta, avrebbe dichiarato che il prezzo integrale sarebbe stato versato nel 2007, senza minimamente valutare la circostanza che al contribuente sarebbe spettato solo ¼ di esso e, pertanto, l’avviso di accertamento avrebbe potuto essere annullato in parte, non potendo l’importo di Euro 85.000,00 giustificare le spese complessive dei beni posseduti dal contribuente.
Anche questo motivo è fondato.
2.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il
fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più var ie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
2.2. Nella specie, la CTR, sulla mera scorta della vendita di un bene ereditario e del versamento del saldo nel 2007, ha inferito l ‘esistenza di ‘un quadro (incontestato) di insieme in cui gli elementi conoscitivi forniti dal contribuente assumono la valenza probatoria prevista’ dall’art. 38, comma 4, cit. (ultima pagina della sentenza). Si tratta di un’affermazione apodittica e generica, che non tiene conto dei plurimi elementi di fatto dedotti dall’Ufficio per contrastare la valenza di quelli portati dal contribuente.
In definitiva il ricorso va integralmente accolto.
La sentenza impugnava va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame, in particolare per la valutazione della prova contraria fornita dal contribuente alla luce
dei principi sopra esposti, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 marzo 2025.