Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4875 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4875 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6762/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo sito in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in INDIRIZZO, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA -SEZIONE STACCATA BRESCIA n. 3874/67/2015, depositata in data 14 settembre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il contribuente riceveva notifica dall’RAGIONE_SOCIALE provinciale RAGIONE_SOCIALE Mantova -dell’avviso di accertamento n.
Avv. Acc. IRPEF 2008
NUMERO_DOCUMENTO, relativo ad IRPEF ed altro per l’anno di imposta 2008; costui, per l’ anno di imposta oggetto di contestazione, risultava possedere beni indice di capacità contributiva non dichiarati nonchè disponibilità finanziarie per incrementi patrimoniali e spese.
Avverso l’avviso di accertamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Mantova; resisteva l’ Ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di Mantova, con sentenza n. 278/02/2014, rigettava le ragioni del contribuente, sul presupposto che l’obbligo di motivazione fosse stato assolto e che non fosse stato violato il principio del contraddittorio, atteso che il contribuente aveva avuto la possibilità di esporre le proprie difese.
Contro la sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Lombardia; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni .
Con sentenza n. 3874/67/2015, depositata in data 14 settembre 2015, la C.t.r. adita rigettava il gravame dichiarando la legittimità dell’avviso impugnato.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. : violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. Art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.: nullità della sentenza per mancanza della motivazione circa fatti decisivi della controversia. Art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.: nullità della sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio» il contribuente lamenta l’ error in iudicando, l’ error in procedendo e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio nella parte in cui,
nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di considerare le eccezioni di nullità/annullabilità dell’avviso di accertamento per mancanza dell’invito al contraddittorio, violazione del ‘giusto procedimento’, assenza degli elementi di gravità, precisione e concordanza nella presunzione semplice di cui all’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: violazione e falsa applicazione artt. 60 d.P.R. n. 600 del 1973; artt. 138 – 141 cod. proc. civ.; art. 145 cod. proc. civ. anche in relazione all’art. 156 cod. proc. civ. Inesistenza giuridica dell’avviso di accertamento per vizio della notifica. Art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.: nullità della sentenza per mancanza, della motivazione circa un fatto decisivo della controversia rappresentato dalla notificazione dell’atto di accertamento. Art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.: nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo della controversia rappresentato dalla notificazione dell’atto di accertamento» il contribuente lamenta l’ error in iudicando , l’ error in procedendo e l’omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento malgrado la sua inesistenza giuridica dovuta al vizio di notifica.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.: violazione degli artt. 24, 53 e 97 Cost., 10 e 12 l. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente). Omissione del contraddittorio -Principio fondamentale per giusto procedimento – Violazione del diritto di difesa del contribuente, dell’obbligo di concorrere alla spesa pubblica secondo la capacità contributiva; violazione dell’obbligo di buona e corretta amministrazione; art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.: nullità della sentenza per mancanza, della motivazione circa un fatto decisivo della controversia costituito dal
divieto in capo all’Amministrazione finanziaria della doppia imposizione del contribuente» il contribuente lamenta l’ error in iudicando e l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha statuito in relazione all’omesso invito al contraddittorio sostenendo che l’art. 22 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 valesse solo per gli accertamenti operati a far data dal 2009.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 11 disp. att. cod. proc. civ. Violazione del principio del c.d. tempus regit actum . Violazione artt. 3, 53, 24 Cost., art. 2697 cod. civ., dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 nonché dell’art. 2727 cod. civ. Presunzioni assenza del fatto noto -redditometro -presunzioni semplici -dimostrazione di un fatto economico: il reddito» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che il nuovo redditometro potesse trovare applicazione solo ove più favorevole al contribuente, in carenza di una norma che, all’epoca dei fatti, lo imponesse.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 53, 24 Cost., e art. 7, commi 2 e 3 della L. n. 212 del 2000. Accertamento sintetico introdotto dall’art. 22 D.L. 78/2010 Intervento di natura procedimentale» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che non potessero essere applicate retroattivamente le norme sopravvenute in materia di redditometro (c.d. nuovo redditometro).
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.: nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo della controversia costituito dal divieto in capo all ‘ Amministrazione finanziaria della doppia imposizione del contribuente. Art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.: nullità
della sentenza per mancanza, della motivazione circa un fatto decisivo della controversia costituito dal divieto in capo all’Amministrazione finanziaria della doppia imposizione del contribuente. Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: violazione e falsa applicazione degli art. 3, 53, 23 Cost., art 67 d.P.R. n. 600 del 1973 -Divieto di doppia imposizione -Indisponibilità dell’obbligazione tributaria» il contribuente lamenta l’ error in iudicando , l’ error in procedendo e l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di statuire in relazione all’eccezione di doppia imposizione nonché di indisponibilità dell’obbligazione tributaria.
Va premesso che il terzo motivo è quello rubricato come 3 a pag. 11 e ss. del ricorso mentre quello, sempre indicato come 3 a pag. 20, deve essere logicamente individuato quale quarto motivo, e così, di seguito, il motivo numerato con il 4 deve intendersi il quinto motivo e quello numerato con il 5 deve intendersi il sesto motivo, trattandosi evidentemente di un errore materiale.
Ancora deve rilevarsi, essendo la relativa questione proposta più volte, che all’accertamento in argomento non può applicarsi il cd. nuovo redditometro di cui al D.M. 24 dicembre 2012 per le argomentazioni che si illustreranno al punto 7.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La doglianza, invero, propone un mezzo coacervato ossia senza possibilità, nel corpo del discorso, di distinguere i vari vizi denunciati, proposti anche in contrasto logico tra loro (omesso esame di fatti, errore nella valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, omessa pronuncia su di un’ eccezione, difetto di motivazione), dando luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando
specificamente separati la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali. Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.
4.1. Il motivo è anche infondato perché, sul punto precipuo della nullità/annullabilità dell’avviso di accertamento per mancanza dell’invito al contraddittorio, deve rilevarsi, nella sentenza impugnata, che ha attinto comunque il merito della pretesa tributaria, un rigetto implicito, peraltro, in conformità del pacifico orientamento giurisprudenziale in materia.
Va, invero, richiamato l’orientamento giurisprudenziale (Cass. 26/05/2022, n. 17011) secondo cui, pur in assenza di specifica argomentazione, non è configurabile un vizio di omessa pronuncia o motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata non risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia
Seguendo un ordine di trattazione logico-giuridico RAGIONE_SOCIALE questioni agitate, va disaminato il terzo motivo di ricorso ossia quello afferente alla natura retroattiva o meno dell’art. 22 della legge 30 luglio 2010, n. 122. Esso è infondato.
La questione su quale sia la norma applicabile è questione di diritto intertemporale che, appunto, va a identificare, nella successione fra più norme, quella da dover applicare; ma il diritto intertemporale necessariamente recede a fronte di esplicita previsione di diritto transitorio, che identifichi la norma applicabile. Nel caso in esame, con disposizione di diritto transitorio, l’art. 22 della legge n. 122 del
2010, al comma 1, statuisce che le modifiche apportate al l’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 producono effetti “per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto”, ossia per l’accertamento del reddito relativo a periodi d’imposta dal 2009 in poi. Nella fattispecie in esame, è pacifico che l’avviso di accertamento per cui è lite riguarda l’anno di imposta 2008.
5.1. Di poi, l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale sussiste soltanto per i tributi armonizzati, non anche per quelli non armonizzati, per i quali non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo vincolo generalizzato, sicché esso ricorre soltanto per le ipotesi per le quali risulti specificamente sancito; secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini IRPEG ed IRAP, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale» (Cass. Sez. U, 09/12/2015, n. 24823 del 09/12/2015, in ambito di indagini cd. “a tavolino”).
Nella fattispecie in esame, l’avviso non riguarda l’IVA ma imposte dirette, e rientra tra gli accertamenti effettuati ‘a tavolino’, ossia con verifica fiscale o acquisizione di dati da questionario direttamente forniti dal contribuente e la disciplina applicabile è quella relativa al cd. ‘vecchio redditometro’ per cui correttamente la C.t.r. ha rigettato, con motivazione sintetica, la doglianza.
5.2. Questa Corte ha avuto anche modo di precisare che «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto ad accertamenti fiscali, l’Amministrazione finanziaria non ha l’onere di comunicare preventivamente l’oggetto della verifica, atteso che nel procedimento tributario un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a pena d’invalidità dell’atto non sussiste al momento della raccolta RAGIONE_SOCIALE informazioni e degli elementi di prova,
ma solo, eventualmente e ove espressamente sancito, in una fase successiva, quando l’Amministrazione intenda adottare nei confronti di un contribuente, sulla base dei dati raccolti, un atto potenzialmente lesivo» (Cass. 28/12/2018, n. 33572; Cass. 09/07/2020, n. 14628 del 09/07/2020, secondo cui, in tema di procedimento tributario, l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale nell’ambito tributario, non investe l’attività di indagine e di acquisizione di elementi probatori, anche testimoniali, svolta dall’Amministrazione fiscale).
5.3. Quanto alla mancata disamina dell’invocata doglianza relativa alla doppia imposizione, essa viene soltanto evocata nella rubrica ma, in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., non viene esplicitata e specificata nel corpo del motivo. Peraltro, ove pure si volesse ravvisarla nella imputazione a ritroso, sulla base di un incremento patrimoniale che si è verificato in un anno successivo a quello accertato, la pretesa doppia imposizione non si è concretata affatto, poiché comunque la somma accertata viene, anno per anno, ripartita pro quota , senza duplicazioni.
Inoltre, la previgente formulazione dell’articolo 38, quinto comma, d.P.R. 600/1973, applicabile ratione temporis , prevede che ‘Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti’ , così consentendo al contribuente, che voglia evitare che l’imputazione del maggior reddito accertato sia proporzionalmente frazionata come per legge, di fornire la prova contraria, ciò che nel caso di specie non risulta avvenuto.
6. Il secondo motivo è infondato.
Deve rilevarsi l’evoluzione, in RAGIONE_SOCIALE, in senso restrittivo, del concetto di inesistenza della notifica, come affermato, in tema di notificazione del ricorso per cassazione, dalle Sezioni Unite di
questa Corte con la sentenza n.14916/2016; inoltre, la sanatoria dell’eventuale vizio di nullità della notifica, per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo, riguardo anche ad un atto sostanziale e non processuale, come l’avviso di accertamento, costituisce un approdo consolidato della giurisprudenza di questa Corte, sin dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, 5 ottobre 2004, n. 19854, che ha affermato che «la natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria». Pertanto, la tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso l ‘atto impositivo (evenienza realizzatasi nel caso di specie) produce l’effetto di sanare ex tunc la nullità della relativa notificazione, per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo dell’atto, ex art. 156 cod. proc. civ.
6.1. Sul precipuo punto, seppur sinteticamente motivando, la C.t.r. ha correttamente deciso.
Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte ha infatti più volte ribadito – affermando un principio che il Collegio condivide e al quale intende, perciò, dare continuità che il “nuovo” redditometro di cui al d.m. 24 dicembre 2012 è applicabile alla determinazione sintetica dei redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere solo dal 2009 (Cass., 06/10/2014, n. 21041, 06/11/2015, n. 22744, 29/01/2016, n. 1772); tale conclusione è imposta RAGIONE_SOCIALE specifiche espresse disposizioni di diritto transitorio a fronte RAGIONE_SOCIALE quali i principi e le regole del diritto intertemporale sono, evidentemente, recessivi – dell’alinea del comma 1 dell’art. 22 del d.l. n. 78 del 2010, secondo cui le modifiche apportate da tale articolo all’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 hanno «effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di
dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto» (e, quindi, per gli accertamenti relativi ai redditi dell’anno d’imposta 2009 e successivi) e dell’art. 5 del d.m. 24 dicembre 2012, secondo cui, conformemente alla citata disposizione di legge, «e disposizioni contenute nel presente decreto si rendono applicabili alla determinazione dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2009»; a fronte di tale specifica espressa disciplina transitoria: a) è inconferente il principio del favor rei, invocato dalla ricorrente, in quanto l’applicazione di esso è predicabile solo con riguardo alle norme sanzionatorie e non con riguardo a norme che, come nel caso del redditometro, attengono al potere di accertamento e alla formazione della prova (Cass., n. 21041 del 2014, n. 22744 del 2015, n. 1772 del 2016); b) è recessivo il principio di diritto intertemporale tempus regit actum , altrimenti applicabile alle norme procedimentali (Cass. 25/01/2021, n. 1454).
7.1. Anche su questo punto, seppur sinteticamente, la C.t.r. ha correttamente deciso.
Infondato è pure il quinto motivo di ricorso.
Invero, l’accertamento redditometrico basato sui beni indice di cui al D.M. del 10 settembre 1992 è stato ritenuto conforme al tessuto costituzionale con la sentenza n. 283 del 1987, affermandosi che i metodi di accertamento induttivo previsti dall’art. 38 , quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, pur se fondano su presunzioni, iuris tantum e non juris et de jure – sono rispettosi dell’art. 53 della Costituzione, in quanto ancorano l’accertamento ad elementi che devono essere rigorosamente dimostrati e sono idonei a costituire fonte sicura di rilevamento della capacità contributiva. Trattasi di un accertamento presuntivo, che lungi dal violare il principio costituzionale della correlazione tra capacità contributiva e imposizione tributaria, ne costituisce un mezzo di attuazione, in quanto reso ragionevole dal ricorso a indici idonei a dare
fondamento reale alla corrispondenza tra imposizione e capacità contributiva.
Il sesto motivo è inammissibile.
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico (Cass. 23/10/2018, n. 26874) quello secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione RAGIONE_SOCIALE affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa RAGIONE_SOCIALE questioni concernenti l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse.
Nel caso di specie, già in rubrica vengono cumulativamente dedotti l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, l’ error in procedendo e l’ error in iudicando con riferimento ad una asserita violazione del principio del divieto di doppia imposizione e dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria sostanzialmente riproponendo, in modo coacervato, la censura di cui al terzo motivo di ricorso; tale proposizione viene confermata nel corpo del motivo con una illustrazione RAGIONE_SOCIALE doglianze , assolutamente non rispettosa del principio di specificità dei motivi di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 cod proc. civ.
9.1. Infine, quanto alla mancata disamina dell’invocata doglianza della doppia imposizione, essa viene soltanto evocata nella rubrica ma, in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., non viene esplicitata nel corpo del motivo; in riferimento a tale censura valgono le considerazioni svolte sub 5.1.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in 5.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a ti tolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 15 dicembre.