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Accertamento sintetico: la Cassazione e il redditometro

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1394/2024, si è pronunciata su un caso di accertamento sintetico per gli anni 2005-2006. Un contribuente aveva contestato la pretesa del Fisco, basata su spese sostenute anche in anni successivi. La Corte ha chiarito che per gli anni d’imposta antecedenti al 2009 si applicano le vecchie norme del “redditometro”, che consentono di ripartire le spese per incrementi patrimoniali nel quinquennio precedente. È stato inoltre ribadito il rigoroso onere della prova a carico del contribuente, che deve dimostrare non solo la disponibilità ma anche la durata del possesso delle somme utilizzate. La sentenza è stata cassata con rinvio per un nuovo esame sulla questione delle sanzioni.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Sintetico: la Cassazione chiarisce le Regole del Redditometro Pre-Riforma

L’accertamento sintetico, noto ai più come “redditometro”, è uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per contrastare l’evasione fiscale. Questo meccanismo permette al Fisco di determinare il reddito di un contribuente non sulla base di quanto dichiarato, ma analizzando le sue spese e il suo tenore di vita. L’ordinanza n. 1394/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla sua applicazione, in particolare per i periodi d’imposta antecedenti alla riforma del 2010.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un dipendente di un istituto bancario che si è visto notificare avvisi di accertamento per gli anni 2005 e 2006. L’Agenzia delle Entrate, utilizzando il meccanismo dell’accertamento sintetico previsto dall’art. 38 del D.P.R. 600/1973, aveva contestato un maggior reddito IRPEF, ritenendo che le spese sostenute dal contribuente fossero sproporzionate rispetto ai redditi da lavoro dipendente dichiarati. Il contribuente aveva impugnato gli atti, sostenendo di aver coperto tali spese con i propri risparmi, con i ricavi della vendita di un immobile e tramite agevolazioni creditizie. Se in primo grado la Commissione Tributaria Provinciale gli aveva dato ragione, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, aveva ribaltato la decisione, confermando la pretesa del Fisco.

L’Accertamento Sintetico e le Norme Applicabili nel Tempo

Il cuore del ricorso per cassazione si è concentrato su quale versione della normativa sull’accertamento sintetico fosse applicabile al caso di specie. Il contribuente lamentava che l’Ufficio e i giudici d’appello avessero erroneamente considerato, ai fini della determinazione del reddito per il 2005-2006, anche spese per incrementi patrimoniali sostenute in anni successivi (nello specifico, l’acquisto di due autoveicoli nel 2010). Secondo la sua tesi, la riforma del 2010 (D.L. n. 78/2010) avrebbe dovuto impedire questa pratica, limitando la rilevanza della spesa al solo anno in cui è stata effettuata.

La Disciplina del Redditometro “Ratione Temporis”

La Corte di Cassazione ha rigettato questa argomentazione, fornendo un’importante lezione sul principio tempus regit actum (il tempo regola l’atto) in materia fiscale. I giudici hanno stabilito che le modifiche al “redditometro” introdotte nel 2010 hanno effetto solo per gli accertamenti relativi ai periodi d’imposta a decorrere dal 2009. Di conseguenza, per gli anni precedenti, come il 2005 e il 2006 oggetto del contendere, continua ad applicarsi la versione previgente dell’art. 38 del D.P.R. 600/1973. Questa vecchia normativa consentiva espressamente la cosiddetta “spalmatura”, ovvero la possibilità di presumere che una spesa per un incremento patrimoniale fosse sostenuta con redditi conseguiti nei cinque anni precedenti. Pertanto, la Corte ha ritenuto legittimo che l’acquisto degli autoveicoli nel 2010 fosse stato utilizzato come indice di capacità contributiva per gli anni precedenti.

L’Onere della Prova a Carico del Contribuente

Un altro punto fondamentale toccato dalla sentenza riguarda la prova che il contribuente deve fornire per vincere la presunzione del Fisco. Non è sufficiente affermare di aver utilizzato risparmi o altre entrate. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: il contribuente deve fornire una prova documentale rigorosa. Nello specifico, per dimostrare l’utilizzo di somme preesistenti, non basta provare il semplice “transito” del denaro sul proprio conto corrente. È necessario dimostrare anche la “durata” del possesso di tali somme, esibendo, ad esempio, estratti conto bancari che attestino la loro permanenza per un periodo congruo, escludendo così che si tratti di capitali di cui si è avuta una disponibilità solo momentanea.

Altri Motivi di Ricorso: Contraddittorio e Sanzioni

La Corte ha anche esaminato e respinto le censure relative alla presunta violazione del contraddittorio preventivo, chiarendo che, per i tributi “non armonizzati” come l’IRPEF e per le verifiche “a tavolino”, non sussiste un obbligo generalizzato per l’Amministrazione di sentire il contribuente prima di emettere l’atto. Ha invece accolto, seppur parzialmente, il motivo relativo alle sanzioni. I giudici hanno rilevato che la Commissione Tributaria Regionale aveva omesso di pronunciarsi sulla specifica doglianza del contribuente relativa all’errata applicazione delle sanzioni. Per questo unico motivo, la sentenza è stata cassata.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su principi giuridici consolidati. In primo luogo, la non retroattività delle nuove norme sull’accertamento sintetico è sancita espressamente dalla legge di riforma del 2010, che ne limita l’applicazione agli anni d’imposta dal 2009 in poi. Per i periodi precedenti, vige la disciplina originaria, che permetteva la ripartizione pluriennale delle spese. In secondo luogo, viene riaffermata la natura presuntiva dell’accertamento sintetico, che inverte l’onere della prova: una volta che il Fisco ha dimostrato l’esistenza di spese indicative di una maggiore capacità contributiva, spetta al cittadino fornire la prova contraria. Tale prova, sottolinea la Corte, deve essere precisa e circostanziata, mirando a dimostrare che le risorse finanziarie utilizzate non derivano da redditi imponibili non dichiarati. Infine, la decisione di cassare con rinvio limitatamente alla questione delle sanzioni risponde al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), secondo cui il giudice deve pronunciarsi su tutte le domande e le eccezioni proposte dalle parti.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ribadisce la validità e l’efficacia dello strumento dell’accertamento sintetico, soprattutto per le annualità più remote. Per i contribuenti, la lezione è chiara: di fronte a una contestazione basata sul redditometro, è fondamentale essere in grado di documentare in modo inequivocabile l’origine e la disponibilità duratura delle somme utilizzate per le spese contestate. La semplice allegazione di risparmi o di vendite non è sufficiente senza un supporto documentale robusto, come estratti conto completi. Per l’Amministrazione, la sentenza conferma la legittimità dell’applicazione della normativa previgente per i vecchi accertamenti, ma ricorda anche ai giudici di merito la necessità di esaminare tutte le questioni sollevate, incluse quelle relative alle sanzioni, per garantire una tutela giurisdizionale completa.

Quali regole del “redditometro” si applicano agli accertamenti per gli anni d’imposta precedenti al 2009?
Si applicano le norme in vigore prima della riforma introdotta dal D.L. n. 78/2010. Queste norme consentivano la cosiddetta “spalmatura”, ossia la possibilità di considerare una spesa per un incremento patrimoniale come finanziata da redditi conseguiti nei cinque anni precedenti.

È possibile utilizzare una spesa per un bene durevole (es. un’auto) sostenuta in un anno per accertare un maggior reddito negli anni precedenti?
Sì, ma solo per gli accertamenti relativi ad anni d’imposta antecedenti al 2009. Secondo la disciplina del tempo, era legittimo ripartire il costo di un bene significativo nel quinquennio precedente a quello dell’acquisto per determinare sinteticamente il reddito.

Cosa deve dimostrare il contribuente per superare la presunzione dell’accertamento sintetico?
Il contribuente deve fornire una prova documentale rigorosa, come estratti conto bancari, che dimostri non solo la disponibilità delle somme utilizzate per la spesa, ma anche la “durata” del loro possesso. Non è sufficiente provare il semplice “transito” di denaro sul conto, ma occorre attestare che tali fondi erano effettivamente e stabilmente nella propria disponibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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