Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16395 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16395 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
Avv. Acc. IRPEF 2003
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16541/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrente – contro
COGNOME NOME , rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo sito in Roma, INDIRIZZO.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PUGLIA -SEZIONE STACCATA DI LECCE n. 3233/22/2016, depositata in data 19 dicembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 maggio 2024 dal consigliere dott.ssa NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 5 dicembre 2007 NOME COGNOME riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno d’imposta 2003. L’RAGIONE_SOCIALE -rideterminava sinteticamente il reddito complessivo della contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito di € 102.043,00 per l’anno 2003; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità della contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: incrementi patrimoniali per € 474.917,00.
Avverso l’avviso di accertamento la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 170/05/2012, accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente, rideterminando la quota di spesa per incrementi patrimoniale riferita al 2003 in € 28.095,00.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. della Puglia; si costituiva anche la contribuente, proponendo, altresì, appello incidentale.
Con sentenza n. 3233/22/2016, depositata in data 19 dicembre 2016, la C.t.r. adita rigettava l’appello dell’Ufficio ed accoglieva il gravame incidentale della contribuente, compensando tra le parti le spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Puglia, l ‘RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.
La contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio dell’8 maggio 2024 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» l’ufficio lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha posto a fondamento del proprio convincimento la capacità reddituale dell’intero nucleo familiare della contribuente e non solo quella di quest’ultima, non tenendo conto degli elementi evidenziati dall’Ufficio al fine di dimostrare proprio l’inesistenza di capacità reddituale dei parenti atta a giustificare ( in toto ) le spese per incrementi patrimoniali effettuate dalla contribuente.
Il motivo di ricorso è inammissibile.
2.1. Con esso l’Ufficio si duole formalmente dell’omesso esame di fatti, da intendersi in senso storico-naturalistico, controversi e decisivi per il giudizio, ma poi la doglianza sembra sollevare alcune supposte violazioni di legge, con riferimento agli artt. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2697 cod. civ., indicando una serie di vizi del tutto diversi per: aver la C.t.r. fatto riferimento alla complessiva situazione economica familiare onde valutare la prova contraria richiesta al contribuente; aver violato il principio dell’onere della prova gravante sul contribuente; infine, per aver riscontrato erroneamente le risultanze probatorie. In particolare, tendendo sostanzialmente ad una rivalutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, ci si duole che sia stata presa in considerazione la capacità reddituale del nucleo familiare che non era da considerarsi tale, secondo i principi della giurisprudenza di questa Corte, non essendo la contribuente convivente con i familiari indicati, in primis col padre, per poter essere considerate liberalità le elargizioni dei familiari, e che sarebbero dovute risultare dalla produzione di documenti che non sarebbero stati prodotti giusta Cass. 26/01/2016, n. 1332 secondo cui ‘ In tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali ed il contribuente deduca che tale spesa sia il frutto di liberalità, ai sensi
dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973,(applicabile “ratione temporis”), la relativa prova deve essere fornita dal contribuente con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi (nella specie, da parte della madre, titolare di maggiore capacità economica), ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente (nella specie, il figlio) interessato dall’accertamento’.
Senonchè non può non essere rilevata la genericità del motivo.
2.2. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa, condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. 14/05/2018, n. 11603). Si è, altresì, precisato che l’esposizione cumulativa RAGIONE_SOCIALE questioni non è consentita ove rimetta al giudice di legittimità il compito dì isolare le singole censure teoricamente proponibili; viceversa, la formulazione del motivo deve permettere di cogliere con chiarezza le doglianze cumulate, sicché queste devono essere prospettate in maniera tale da consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi (Cass. 23/10/2018, n. 26790).
2.3. Di poi, va richiamato il disposto dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. invocato, come autorevolmente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014, a mente della quale: «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere
interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione».
2.4. Orbene, leggendo la sentenza della C.t.r. risulta ictu oculi come non siano ravvisabili gli estremi di cui discorre la sentenza citata affinché questa Corte possa effettuare il controllo ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. richiesto dal ricorrente; il Giudice di secondae curae , infatti, spiega che: «Entrando più in profondo della situazione patrimoniale la Commissione rileva capacità reddituale molto superiore a quella riscontrata dall’Ufficio e tale da dimostrare una capacità di spesa assolutamente sufficiente ad effettuare l’investimento patrimoniale. Diversamente da quanto sostiene l’Ufficio la capacità reddituale del nucleo familiare, con particolare riguardo al padre della ricorrente era solido ed abbondante. Già i primi Giudici avevano rilevalo che una parte RAGIONE_SOCIALE somme ottenute per finanziare l’opera e che erano documentati con bonifici consistono in € 67.000,00 per rimborso IVA, € 94.495,00 per rimborso Regione Puglia, € 80.000,00 da parte di COGNOME NOME ed € 100.000,00 da parte di COGNOME NOME per un totale complessivo di € 341.495,00; rimanevano ingiustificate le somme di € 76.200,00 quali versamenti in contanti che erano stati giustificati. Questa Commissione, esaminando la
documentazione agli atti ritiene che il nucleo familiare era in grado di sostenere l’investimento ben oltre la cifra contestata. Senza soffermarsi sulla situazione reddituale degli altri componenti il nucleo familiare, basti considerare le entrate del padre NOME che secondo l’RAGIONE_SOCIALE non avrebbe avuto sufficienti capacità finanziarie: indennità INPDAP € 19.272,06, parte di TFR € 55.576,08, incentivo all’esodo € 40.919,00 cifre certe e dimostrate; aveva inoltre ottenuto un contributo per € 94.825,99 ed un indennizzo assicurativo di € 14.000,00; ulteriore contributo per € 140.000,00. La serra di nuova costruzione era diventata operativa ed aveva dichiarato un reddito agricolo di € 597.781,00. Volendo poi citare altre situazioni reddituali dei componenti il nucleo familiare si riscontra che diversamente da quanto asserito dagli accertatori, oltre al padre di cui si è rilevata la disponibilità di fondi abbondanti, anche altri componenti disponevano di ingenti somme (secondo quanto segnalato dalla parte: COGNOME NOME € 801.000, COGNOME NOME 457.630, COGNOME NOME € 170.130, COGNOME NOME € 127.700, COGNOME NOME € 331.937)».
2.5. Dunque, il mezzo di impugnazione proposto appare teso, nella sostanza, a un’inammissibile rivisitazione della valutazione operata, in fatto e in diritto, dal Giudice di merito (Cass., SS.UU., sent. n. 34476/2019), il quale risulta, su quanto richiesto dal ricorrente, aver ampiamente motivato.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non si applica l’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite che liquida in € 7.600,00 oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge. Così deciso in Roma in data 8 maggio 2024.