Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3782 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3782 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
Avv. Acc. IRPEF 2006
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14241/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in INDIRIZZO, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrente – contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA n. 11010/29/2015, depositata in data 04 dicembre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Rilevato che:
La contribuente riceveva notifica dall’RAGIONE_SOCIALE provinciale I di Napoli -dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo ad IRPEF ed altro per l’anno di imposta 2006, ex art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973; costei risultava possedere beni indice di capacità contributiva non dichiarati, ossia incrementi patrimoniali -principalmente da somme a titolo di finanziamenti infruttiferi, redditi di capitale non dichiarati, una collaboratrice domestica, quattro unità immobiliari dislocate tra Capri e Napoli e diversi box. In particolare, l’Ufficio accertava un reddito di € 452.724,00 a fronte di un reddito dichiarato di € 5.388,00.
Avverso l’avviso di accertamento, la contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Napoli; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di Napoli, con sentenza n. 774/09/2013, rigettava il ricorso della contribuente sul presupposto dei gravi elementi emersi a suo carico, atti a corroborare l’accertamento fiscale.
Contro la sentenza proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Campania; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni.
Con sentenza n. 11010/29/2015, depositata in data 4 dicembre 2015, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dichiarando illegittimo l’avviso di accertamento impugnato.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi.
La contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione degli artt. 112, 329 e 346 cod. proc. civ., nonché dell’art. 53 Cost. e 56 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in
procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha accolto l’impugnazione della contribuente in base a doglianze non proposte nell’atto di appello.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione, sotto diverso profilo, dell’art. 53, 56 e 59 d.lgs. n. 546 del 1992 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha dichiarato la inammissibilità dei motivi di appello proposti dalla contribuente con i quali veniva impugnata la sentenza sotto il profilo della carenza strutturale della motivazione.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di considerare il fatto che vi fosse obiettiva differenza tra l’entrata asseritamente giustificativa e l’importo sborsato, sei volte maggiore della prima.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 38, d.P.R. n. 600 del 1973 (nella versione ratione temporis vigente) nonché degli artt. 3 ss. del D.M. 10 settembre 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha abbattuto di un quinto l’ammontare degli esborsi del singolo anno di imposta senza base normativa alcuna che lo legittimasse.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 36, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha affermato che l’amministrazione finanziaria non avesse tenuto conto, in relazione agli anni 2005-2008, dei disinvestimenti che la
contribuente aveva attuato, atti a giustificare le disponibilità patrimoniali sulle quali l’ufficio ha fondato la rideterminazione presuntiva del reddito.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e 337 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALE.t.r. ha ritenuto che le controversie relative alle società di cui la contribuente era socia avessero efficacia pregiudicante della situazione giuridica oggetto del presente giudizio.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e 132, n. 4, cod. proc. civ. nonché 36, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che non fosse stato tenuto in debito conto l’accoglimento nella loro totalità -dei ricorsi presentati dalle tre società partecipate dalla contribuente avverso gli avvisi di accertamento emessi a loro carico.
1.8. Con l’ottavo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione degli artt. 2 e 7, d.lgs. n. 546 del 1992, 112 e 277 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha esercitato i poteri del giudice tributario di determinazione esatta del merito della pretesa.
Il primo motivo, ossia quello con cui ci si duole, sotto il profilo dell’ error in procedendo, che la C.t.r. ha accolto l’impugnazione della contribuente in base a doglianze non proposte nell’atto di appello, è infondato.
Costituisce giurisprudenza pacifica di questa Corte che l’art.56 d.lgs.546 del 1992, al pari dell’art. 346 cod. proc. civ. che
impone la specifica riproposizione in appello, in modo chiaro ed univoco, sia pure ” per relationem “, RAGIONE_SOCIALE questioni non accolte dalla sentenza di primo grado, siano esse domande o eccezioni, sotto pena di definitiva rinuncia, sicché non è sufficiente il generico richiamo del complessivo contenuto degli atti della precedente fase processuale non riguarda l’appellante ma l’appellato vittorioso il quale è, appunto, obbligato alla riproposizione, nelle controdeduzioni, RAGIONE_SOCIALE questioni non accolte, da intendersi quali questioni assorbite (Cass. 19/12/2017, n. 30444).
Di poi, quanto all’appellante, l’art.329 cod. proc. civ prevede che si verifichi acquiescenza (con formazione del giudicato interno) in relazione ai capi autonomi della sentenza che non sono stati oggetto di impugnazione.
2.1. Nella fattispecie in esame, la contribuente appellante ha impugnato l’intera sentenza (che non contiene capi autonomi) deducendo che il giudice di primo grado non ha esternato le ragioni per le quali ha ritenuto fondata la pretesa creditoria dell’Ufficio.
3. Il secondo motivo, ossia quello con il quale, sotto il profilo dell’ error in procedendo , ci si duole che la C.t.r. non ha dichiarato la inammissibilità dei motivi di appello proposti dalla contribuente con i quali veniva impugnata la sentenza sotto il profilo della carenza strutturale della motivazione, è infondato.
Si evince ex actis che l’appellante non ha chiesto la rimessione della sentenza al giudice di primo grado a norma dell’art.59 d.lgs. 546 del 1992, ma ha chiesto l’accoglimento dell’appello con riforma integrale della sentenza della C.t.p. ed annullamento dell’avviso di accertamento impugnato. Sul punto la C.t.r. ha motivato correttamente evidenziando, con una motivazione sintetica ma esaustiva, che l’appello esponeva censure all’operato dei primi giudici e, in particolare, al mancato esame dell’eccezione relativa al reddito familiare.
4. Il terzo motivo, ossia quello con cui ci si duole, dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di considerare il fatto che vi era obiettiva differenza tra l’entrata asseritamente giustificativa e l’importo sborsato, è fondato.
Effettivamente, i giudici di seconde cure, nel decidere, hanno obliterato la valutazione di quella che era la ratio dell’accertamento emesso dall’Ufficio ossia, soprattutto, la contrapposizione, incontestata, tra una potenzialità reddituale irrisoria accertata in capo alla contribuente e i versamenti dalla stessa effettuati nelle società Sleek, Scandalo e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. In particolare, NOME COGNOME, ai fini della determinazione della quota dell’anno relativa alle spese per incrementi patrimoniali, era socia RAGIONE_SOCIALE società: “RAGIONE_SOCIALE“, per una quota del 10%, mentre il restante era del sig. NOME, RAGIONE_SOCIALE, nella misura del 90% (insieme al socio NOME, per il restante 10%), nonché della società RAGIONE_SOCIALE in cui la sig. NOME era socia nella misura del 95%. L’avviso di accertamento ha determinato che “ai fini della determinazione della quota dell’anno relati alle spese per incrementi patrimoniali sostenute nel periodo 2006-2008 che si presumano, salvo prova contraria, ai sensi dell’art. 38 comma 5 del D.P.R. a. 600/73, sostenute in quote costanti nell’anno in cui sono state effettate e nei quattro precedenti, l’Ufficio ha tenuto conto del totale degli esborsi (finanziamenti) effettuati nei confronti RAGIONE_SOCIALE tre società e dell’ incremento netto per l’acquisto RAGIONE_SOCIALE azioni della Lugafid effettuato nell’anno 2007, già rideterminato in autotutela dall’Ufficio per l’importo di € 239.000,00, ottenendo così un totale esborso del periodo 20062008 pari ad € 10.564.356,00.
4.1. In definitiva, la C.t.r. non ha motivato su una ben precisa circostanza dedotta in lite dall’Ufficio erariale ossia la enorme discrasia tra l’entità dell’esborso, si ripete, pari ad € 10.564.356,00, avvenuto tra il 2006 ed il 2008 e l’entrata asserita
come giustificativa ossia € 370.000,00 per la vendita di due appartamenti e l’incremento patrimoniale registrato per l’anno di riferimento in € 1.701.770, unitamente alla circostanza fattuale dell’irrisorietà dei redditi dichiarati dal coniuge medesimo per l’anno di riferimento e quelli immediatamente precedenti e successivi, stando che le c.d. riserve erano maturate anni addietro e non è stata nemmeno dedotta prova della loro perdurante disponibilità , donde palesemente non giustificata si profila la sproporzione.
Il quarto motivo, ossia quello con cui ci si lamenta dell’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha abbattuto di un quinto l’ammontare degli esborsi del singolo anno di imposta, è infondato.
5.1. Va premesso che in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato
(quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
5.2. In particolare, nel testo dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, in vigore dal 3 dicembre 2005 al 30 maggio 2010, al comma 5, si prevede che la spesa per incrementi patrimoniali si presume sostenuta, salvo prova contraria, nell’anno in cui è stata effettuata e nei 4 anni precedenti; va,però, chiarito che l’art. 38 comma 5 d.P.R. 600/1973 detta una presunzione di favore per il contribuente, in quanto una volta accertata la spese per incrementi patrimoniali in un determinato anno, tale spese viene ‘spalmata’ non solo nell’anno in cui è stata effettuata, ma già a partire dai cinque anni precedenti.
5.3. I giudici di seconde cure hanno fatto buon governo dei principi testè enunciati ed hanno correttamente applicato l’art.38 d.P.R. 600 del 1973, vigente ratione temporis , perché, dopo aver considerato che gli avvisi di accertamento sintetico del maggior reddito per incrementi patrimoniali relativi agli anni di imposta 2007 e 2008, impugnati dalla contribuente NOME COGNOME, erano stati annullati con due sentenze pronunciate dalla medesima C.t.p. e non impugnate ( quindi passate in giudicato), ha ritenuto che il
residuo incremento patrimoniale relativo all’anno di imposta 2006, pari ad € 1.701.770, dovesse essere ‘spalmato’ su cinque annualità, quella in contestazione e le quattro annualità precedenti, secondo quanto stabilito dall’art.38 d.P.R. comma 5 del 600 del 1973.
Il quinto motivo, ossia quello con cui si invoca l’ error in procedendo avendo la C.t.r. affermato che l’amministrazione finanziaria non avesse tenuto conto, in relazione agli anni 20052008, dei disinvestimenti che la contribuente aveva attuato, atti a giustificare le disponibilità patrimoniali sulle quali l’ufficio ha fondato la rideterminazione presuntiva del reddito, è infondato.
6.1. Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, dalle norme di cui agli artt. 132, comma secondo, n. 4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. stesso codice, è desumibile il principio secondo il quale la mancata esposizione RAGIONE_SOCIALE svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto, determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. n. 1944 n. 2001). Questo principio, in forza del RAGIONE_SOCIALE rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (comprese le sue disposizioni di attuazione) contenuto nell’art. 1, comma secondo, del d.lgs. 546/1992, è applicabile anche al rito tributario (Cass. n. 13990 del 2003; Cass. n. 9745 del 2017). Va osservato, inoltre, che a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in
violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022).
6.2. Nella fattispecie in esame, la motivazione con cui la C.t.r. ha palesato il proprio convincimento non è apparente tanto è vero che la stessa ricorrente individua quale sia stata la ragione decisoria adottata dalla C.t.r. e cioè che l’amministrazione finanziaria (e successivamente la C.t.p.) non avrebbe tenuto conto, in relazione agli anni 2005-2008, dei disinvestimenti della parte avvenuti in detto periodo che avevano creato una notevole patrimonialità che giustificavano le operazioni per le quali l’Ufficio aveva ha accertato presuntivamente il reddito ed, in particolare, della circostanza che il coniuge NOME COGNOME, nelle annualità dal 1988 al 2002, aveva conseguito redditi dichiarati superiori a 300 milioni di lire annui nonché della circostanza di due disinvestimenti che avevano portato ad una provvista di € 370.000,00.
Il sesto motivo è infondato per le medesime argomentazioni palesate nella disamina del quarto motivo.
I giudici di seconde cure hanno fatto buon governo dei principi testè enunciati ed hanno correttamente applicato l’art.38 d.P.R. 600 del 1973, vigente ratione temporis , perché, dopo aver considerato che gli avvisi di accertamento sintetico del maggior reddito per incrementi patrimoniali relativi agli anni di imposta 2007 e 2008, impugnati dalla contribuente NOME COGNOME, erano stati annullati con due sentenze pronunciate dalla medesima C.t.p. e non impugnate ( quindi passate in giudicato), ha ritenuto che il
residuo incremento patrimoniale relativo all’anno di imposta 2006, pari ad euro 1.701.770, dovesse essere ‘spalmato’ su cinque annualità, quella in contestazione e le quattro annualità precedenti, secondo quanto stabilito dall’art.38 d.P.R. comma 5 del 600 del 1973. In definitiva, la sentenza in esame, ben evidenzia lo svolgimento del processo e i fatti essenziali di causa nonché una ratio decidendi chiaramente intellegibile, sicché la sua motivazione si colloca ben sopra la soglia del minimo costituzionale ex art. 111 cost. comma 6.
Dal rigetto del primo, secondo, quarto, quinto e sesto discende l’assorbimento dei restanti.
In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo, secondo, quarto, quinto e sesto motivo e, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata con rinvio dinanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo, secondo, quarto, quinto e sesto motivo e, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13 dicembre 2023