Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24072 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16686/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro-tempore , domiciliata ope legis in RmaINDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende – controricorrente – avverso la sentenza n. 6973/39/15 della C.T.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, depositata il 21.12.2015;
e
sul ricorso iscritto al n. 29166/2019 R.G. proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro-tempore , domiciliata ope legis in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3162/2018 della C.T.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, depositata il 15.5.2018;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE cause svolte nella camera di consiglio del 12 luglio 2024 dalla AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME;
Rilevato che:
Nel procedimento iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G., l’RAGIONE_SOCIALE emetteva l’avviso di accertamento sintetico n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 12.11.2012, con cui recuperava ad imposizione, a fini Irpef, maggior reddito di NOME COGNOME, per l’anno d’imposta 2007, in base alla presenza di beni indice costituiti dall’acquisto di un immobile e dalle spese di gestione di un motociclo e di due autovetture.
Il contribuente presentava istanza di accertamento con adesione, cui seguiva il contraddittorio con l’Ufficio che si chiudeva con esito negativo. Indi impugnava l’atto di accertamento deducendo: l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di valida sottoscrizione e per difetto di delega; la violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni dello Statuto del contribuente, della normativa di riferimento sul c.d. redditometro e RAGIONE_SOCIALE disposizioni sull’onere della prova; la violazione del principio di capacità contributiva ed il difetto di motivazione.
La Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva il ricorso e compensava le spese di lite.
Con atto notificato il 9.6.2014, l’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, accolto parzialmente dalla C.T.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, con la sentenza impugnata. In particolare, la C.T.R., dopo aver osservato che, ai fini della validità dell’atto, non
occorre che i funzionari delegati possiedano la qualifica di dirigente, ha affermato che, a fronte degli incrementi patrimoniali contestati dall’Ufficio, il ricorrente si era limitato a dimostrare di aver fruito di una riduzione sul prezzo pagato per l’acquisto dell’immobile, pari ad euro 46.190,00. Ha, pertanto, accolto parzialmente l’appello limitatamente alla detta somma.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione il contribuente, con cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Nel procedimento iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G., l’RAGIONE_SOCIALE emetteva l’avviso di accertamento sintetico n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 10.5.2013, con cui recuperava ad imposizione, a fini Irpef, maggior reddito di NOME COGNOME, per l’anno d’imposta 2008, in base alla presenza dei medesimi beni indice, sopra indicati.
Il contribuente presentava istanza di accertamento con adesione, cui seguiva il contraddittorio con l’Ufficio che si chiudeva con esito negativo. Indi impugnava l’atto di accertamento deducendone l’infondatezza, in fatto e in diritto.
La C.T.P. di RAGIONE_SOCIALE accoglieva il ricorso e compensava le spese di lite.
Con atto notificato il 5.2.2015, l’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, accolto dalla C.T.R. del Lazio, sezione distaccata di Latina, con la sentenza impugnata. In particolare, la C.T.R. ha affermato che ‘la documentazione proAVV_NOTAIOa dal contribuente, per giustificare la propria capacità di spesa, fondata genericamente sulla disponibilità economica derivante da donazioni paterne, a tacere della inconsistente prova costituita da un assegno neppure leggibile, non idonea a dimostrare, in effetti, quali disponibilità siano state destinate agli acquisti ovvero alle spese di mantenimento dei beni, per legge, rivelatori di maggior reddito’.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione contribuente, con cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La discussione di entrambi i ricorsi è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 12 luglio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 c.p.c.
Considerato che:
In primo luogo, il Collegio dispone la riunione del ricorso n. 29166/2019 R.G. al ricorso n. 16686/2016 R.G., ritenendo sussistenti i presupposti di cui all’art. 274 c.p.c., atteso che trattasi di due ricorsi che traggono origine dall’impugnazione di avvisi di accertamento relativi ad annualità contigue (2007 e 2008), notificati all’esito di un’unica verifica fiscale, effettuata dal competente Ufficio finanziario sulla base degli stessi riscontri e dello stesso metodo di accertamento (cfr. sul punto Cass. 11 maggio 2007, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Per ragioni di ordine logico, saranno esaminati, nell’ordine, il primo motivo del ricorso proposto nel procedimento iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G., il primo motivo del ricorso proposto nel procedimento iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G., per passare poi all’esame de gli speculari motivi nn. 3, nn. 2, per concludere, poi, con i motivi nn. 4 e 5 di entrambi i ricorsi.
Con il primo motivo, rubricato ‘violazione e/o errata applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n.600/1973 anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 17.3.2015 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’, nel procedimento n. 16686/2016 AVV_NOTAIO censura la decisione impugnata nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di nullità dell’intero procedimento, conclusosi con un avviso di accertamento privo della sottoscrizione del capo dell’ufficio o di un dirigente da lui delegato. In particolare, il ricorrente deduce che il giudice di secondo grado ha violato il disposto dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, sul duplice
presupposto, deAVV_NOTAIOo come motivo già nel ricorso introduttivo di primo grado e riproposto in appello nelle controdeduzioni, della mancanza della qualifica dirigenziale del funzionario, della mancanza d’indicazione del nominativo e della durata della delega . Il motivo è infondato.
Questa Corte regolatrice, infatti, ha già avuto occasione di precisare che ‘in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 20022005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012’ (Cass. sez. V, 26.2.2020, n. 5177); e non si è mancato di chiarire che ‘la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni: ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto’ (Cass. 29.3.2019, n. 8814).
La C.T.R. ha escluso la fondatezza della censura esposta con riguardo alla qualifica del funzionario che ha sottoscritto l’atto di accertamento richiamando i principi espressi da Cass. n.22800/2015, Cass. n. 22803/2015, Cass. n. 22810/2015 , a cui tenore l’avviso di accertamento, a norma dell’art. 42 del d.P.R. n.
600 del 1973 e dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, (che, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi, richiama implicitamente il citato art. 42), deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, cioè, secondo la classificazione prevista dall’art. 17 del c.c.n.l. comparto “agenzie fiscali” per il quadriennio 2002-2005, applicabile “ratione temporis”, da un funzionario di terza area, di cui non è richiesta la qualifica di dirigente.
Il motivo in esame, pertanto, deve essere disatteso.
Con il primo motivo articolato nel procedimento iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G., rubricato ‘ Violazione e/o errata applicazione dell’articolo 29 del Dl 78/2010 in relazione all’articolo 360, comma 1°, n. 3 c.p.c. ‘, il ricorrente lamenta la giuridica inesistenza dell’avviso di accertamento per mancata notifica mediante ufficiale giudiziario.
Il motivo in esame è inammissibile.
E’ orientamento consolidato di questa Corte che ‘Nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma della impugnazione dell’atto tributario per vizi formali o sostanziali, l’indagine sul rapporto sostanziale non può che essere limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, con la conseguenza che, ove il contribuente deduca specifici vizi di invalidità dell’atto impugnato, il giudice deve attenersi all’esame di essi e non può, “ex officio”, annullare il provvedimento impositivo per vizi diversi da quelli deAVV_NOTAIOi, anche se risultanti dagli stessi elementi acquisiti al giudizio, in quanto tali ulteriori profili di illegittimità debbono ritenersi estranei al thema controversum , come definito dalle scelte del ricorrente. L’oggetto del giudizio, come circoscritto dai motivi di ricorso, può essere modificato solo nei limiti consentiti dalla disciplina processuale e, cioè, con la
presentazione di motivi aggiunti, consentita però, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel solo caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera RAGIONE_SOCIALE altre parti o per ordine della commissione”» (tra le molte, Sez. 5, Sentenza n. 19337 del 22/09/2011, Rv. 619083 – 01). Il Collegio ritiene altresì di dare seguito al principio di diritto che «Nel processo tributario d’appello, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria causa petendi e si fondi su fatti diversi da quelli deAVV_NOTAIOi in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, non integra un’eccezione ma si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi degli 3 artt. 24 e 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546» (Sez. 5, Sentenza n. 13742 del 03/07/2015, Rv. 635832 01).
Non è dubbio che l’eccezione (tale essendo il motivo di impugnazione di un avviso di accertamento da parte del contribuente, stante la sua posizione di “convenuto sostanziale” in questo tipo di liti) in esame debba considerarsi del tutto “nuova” e come tale inammissibile.
5. Con il terzo motivo (‘violazione e/o errata applicazione degli articoli 38 e 42 del d.P.R. n. 600/1973 nonché dell’art. 7 della Legge. 27 luglio 2000 n. 212, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.’), formulato in maniera analoga in entrambi i ricorsi, il COGNOME lamenta l’illegittimità dell’atto impositivo derivante da un’asserita carenza motivazionale, correlata ad un utilizzo generalizzato dell’accertamento sintetico che avrebbe dovuto, invece, essere motivato caso per caso.
I motivi in esame sono infondati atteso che in entrambi gli avvisi di accertamento sono indicate le ragioni che, in base alla situazione reddituale del contribuente, avevano portato l’Ufficio a procedere con accertamento sintetico. Del tutto legittimamente l’Amministrazione finanziaria, sulla base della presenza dei sopra
indicati beni-indice, ha ritenuto di procedere con accertamento sintetico, indicando nell’avviso di accertamento le specifiche circostanze considerate.
6. Con il secondo motivo, rubricato ‘ Violazione e/o errata applicazione dell’articolo 38 del DPR n. 600/1973, e dell’articolo 3 del DM 10.9.1992 e/o dell’articolo 2 del DM 24.12.2013 ( recte 2012), in relazione all’articolo 360, comma 1°, n. 3 c.p.c’, (motivo ugualmente formulato in maniera analoga entrambi i procedimenti) il contribuente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui non aveva considerato che l’immobile (adibito a complesso sportivo) e l’autovettura Hyundai Tucson costituivano beni strumentali all’attività d’impresa (come risultante anche dal fatto che lo stesso era indicato nel registro dei beni strumentali).
Tanto premesso, nel caso di specie, alla luce dei principi sopra richiamati si impone l’accoglimento del secondo motivo così come formulato in ciascun giudizio.
In via preliminare si deve osservare che la critica in esame, quale esplicitata in concreto, deve essere riqualificata, secondo il principio di diritto che ‘L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato’ (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4036 del 20/02/2014, Rv. 630239 e la successiva Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26310 del 07/11/2017, Rv. 646419 -01, ad essa conforme). Il contribuente, infatti, anche se ha sussunto formalmente la critica alla sentenza impugnata nell’ipotesi di cui all’ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nella sostanza l’ha poi sviluppata in termini di omesso esame RAGIONE_SOCIALE circostanze indicate nel giudizio di merito (e specificamente richiamate nel ricorso a pag. 5, in ossequio al principio di
autosufficienza), quindi secondo la previsione di cui al n. 5 della medesima disposizione codicistica.
Ciascun motivo è fondato e merita accoglimento per le ragioni che seguono.
In via generale, si osserva che in tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , anteriore alla modifica intervenuta con il d.l. 31/05/2010, convertito dalla l. 30/07/2010, n. 122 (applicabile solo per gli anni d’imposta dal 2009 in poi e, dunque, non nel caso in esame che ha ad oggetto accertamenti relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008), l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto del contribuente sulla base della «spesa per incrementi patrimoniali» da questi sostenuta, la quale si presume affrontata nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti, e di una serie di indici di capacità contributiva fondati sui consumi e, in particolare, sulla disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al d.m. 10 settembre 1992 e nel d.m. 19 novembre 1992 (c.d. redditometro) e su ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta. Il sistema del ‹‹redditometro›› collega, cioè, alla disponibilità di determinati beni e servizi, in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale
degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 13/11/2023, n. 31579; Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Nell’intento di delimitare i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 (a norma del quale l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), questa Corte ha avuto modo di chiarire (a partire da Cass., sez. 5, 18/04/2014, n. 8995, non massimata, richiamata dalla successiva Cass., sez. 5, 26/11/2014, n. 25104, Rv. 633514 – 01) che la norma chiede qualcosa di più della mera
prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.m. 10 settembre 1992 ‘i beni e servizi di cui al comma 1 dell’art. 1 si considerano nella disponibilità della persona finisca che a qualsiasi titolo o anche di fatto utilizza o fa utilizzare i beni o riceve o fa ricevere i servizi ovvero sopporta in tutto o in parte i relativi costi’. Il comma 2 del medesimo articolo prevede espressamente un regime diverso per i beni e servizi destinati ad attività d’impresa, disponendo che: ‘La disposizione contenuta nel comma 1 non si applica per i beni e servizi di cui all’art. 2, secondo comma, numeri 1), 4) e 5), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, come sostituito dall’art. 1, comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, se relativi esclusivamente ad attività di impresa o all’esercizio di arti o professioni e tale circostanza risulta da idonea documentazione’.
Del resto, l’art. 38 d. P.R. n.600 del 1973 riconosce alla disponibilità di beni l’effetto di fondare una presunzione di reddito, nella misura in cui gli stessi costituiscano espressione di capacità contributiva della persona fisica, mentre nel caso di beni strumentali il relativo possesso va piuttosto riconnesso allo svolgimento dell’attività imprenditoriale.
Risulta così rilevante stabilire se i beni, secondo quanto deAVV_NOTAIOo dal contribuente, fossero o meno nei due anni d’imposta in esame, strumentali all’attività d’impresa, e dunque la Commissione Tributaria Regionale avrebbe dovuto esaminare i documenti proAVV_NOTAIOi dal contribuente a sostegno di tale deduzione (negli stessi termini, cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 12 aprile 2016, n. 7146).
Nel caso in esame la CTR, invece che esaminare e valutare quanto allegato e provato dal contribuente per giustificare gli indici di spesa rilevati con l’accertamento sintetico dall’RAGIONE_SOCIALE -relativi, specificamente, all’utilizzazione dell’immobile e dell’autovettura Hyundai Tucson come beni strumentali all’attività d’impresa, come confermato anche dal fatto che gli stessi erano indicati nel registro dei beni ammortizzabili (cfr. doc. 8, 9 e 10, allegati al ricorso introduttivo e depositati unitamente al ricorso in Cassazione) -si è limitata a richiamare solo alcune RAGIONE_SOCIALE deduzioni difensive svolte dal ricorrente (relative alle somme ricevute, a titolo di liberalità dal padre), senza nulla precisare in merito a tale rilevante elemento di prova e senza far riferimento, pertanto, alle complessive risorse dell’imprenditore, confrontandole con le spese effettivamente sostenute.
Con riferimento all’anno d’imposta 2008, inoltre, si osserva come l’importo quantificato dall’amministrazione finanziaria non solo non tiene conto della riduzione accertata, ormai con efficacia di giudicato (riduzione pari ad euro 46.190,00), per l’anno d’imposta 2007, ma omette di calcolare correttamente il periodo temporale di riferimento (da considerare, in ossequio ai principi sopra richiamati, guardando all’anno in cui la spesa è stata effettuata e nei quattro anni precedenti).
L’esame degli altri motivi risulta assorbito dall’accoglimento del secondo.
In ragione dell ‘accoglimento de i rispettivi secondo e terzo motivo va disposta la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenze impugnate nei termini di cui in motivazione, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio -sezione staccata di Latina – in diversa composizione, che dovrà verificare, in particolare, l’inerenza dei mezzi (come sopra indicati) all’attività d’impresa svolta dal contribuente e la base di calcolo dell’imposta che tenga conto della riduzione della somma di euro 46.190,00 (nei termini indicati al
par. 7) e procederà altresì alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
PQM
Riuniti i giudizi, accoglie i ricorsi nei termini di cui in motivazione.
Cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio -sezione staccata di Latina – in diversa composizione – anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite dei giudizi riuniti di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12/07/2024