Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7876 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7876 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
Avv. Acc. IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23758/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrente – contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA -SEZIONE STACCATA BRESCIA n. 1484/67/2016, depositata in data 15 marzo 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno d’imposta 200 8. L’ RAGIONE_SOCIALE -rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente, ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato pari a € 24.143,00 e accertando un maggior reddito di € 125.258,00 per l’anno 200 8; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’ufficio, della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva nonché movimentazioni bancarie non congruenti con il reddito dichiarato.
Avverso l’ avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio , contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 542/7/2014, accoglieva il ricorso del contribuente e annullava l’avviso di accertamento.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche il contribuente, ribadendo quanto dedotto in primo grado.
Con sentenza n. 1484/67/2016, depositata in data 15 marzo 201 6, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’ufficio e compensava tra le parti le spese processuali.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, l ‘ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del l’11 gennaio 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza impugnata per inosservanza (violazione e falsa applicazione) art. 36 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 112 cod.
proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha rigettato la dedotta eccezione sulla mancanza di un nesso eziologico tra le somme opposte in elisione del reddito sinteticamente accertato e le spese componenti quest’ultimo, senza esplicitare le ragioni di una simile conclusione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione art. 38 DPR 600/73 e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. » l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha ritenuto necessaria la sussistenza di un nesso eziologico tra le somme opposte in elisione del reddito sinteticamente accertato e le spese componenti quest’ultimo, o quantomeno accertare entità e durata nel possesso RAGIONE_SOCIALE prime, sussistenza che il contribuente avrebbe dovuto provare.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione art. 38 DPR 600/73, 2697 cod. civ. e 2727 e 2729 cod. civ. e dei principi generali in tema di accertamento dei redditi in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. » l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto che le somme opposte in elisione del reddito sinteticamente accertato fossero idonee ad assolvere a questo compito, pur in assenza di valida prova atta a dimostrare che si trattava di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, ancora, di somme aventi natura patrimoniale, prova che avrebbe dovuto assolvere il contribuente e non l’ufficio.
Il primo motivo è infondato.
La giurisprudenza di legittimità da tempo ha chiarito che «è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza
allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte» (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che «la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi » (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
2.1. Nel caso di specie, i Giudici di seconde cure, con una motivazione scevra da violazioni normative o processuali, hanno ritenuto adeguatamente provato lo scostamento reddituale del contribuente, in ragione della dimostrazione fornita a mezzo RAGIONE_SOCIALE copie dei versamenti effettuate dal conto corrente della propria ditta individuale al proprio conto corrente personale. In particolare, nella sentenza è chiaramente spiegato che il contribuente aveva fornito la prova fondata su documentazione bancaria che il maggior reddito a lui attribuibile era stato coperto con il prelievo dal conto corrente della sua impresa individuale a mezzo di tre bonifici ossia € 40.000,00 in data 22 gennaio 2008, € 60.000,00 in data 4 agosto 2008 ed € 50.000,00 in data 13 agosto 2008.
Il secondo motivo è infondato.
3.1. Secondo giurisprudenza di questa Corte (ord. 14885 del 2015), «A norma dell’art. 38, comma sesto d.p.r. n. 600 del 1973, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che
il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che ” l’ entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più; della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalit à di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate al fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente” (nella specie dalla sentenza impugnata, risultava accertato che il contribuente avesse fornito la prova dell’esistenza e dell’ammontare della disponibilità, nel periodo in contestazione, di redditi risultanti da disinvestimenti
azionari, ma non risultava accertato che avesse altresì fornito idonea prova, tantomeno documentale, della “durata” del possesso dei suddetti redditi esenti, prova necessaria a consentire la riferibilità della maggiore capacita contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi mentre, nello stesso senso, con accoglimento del ricorso del contribuente si era, peraltro, già espressa Cass.n.6396/2014 richiamata dal controricorrente)».
3.2. La RAGIONE_SOCIALE, in conformità dei principi testè illustrati, ha opinato che il contribuente aveva la disponibilità necessaria ed adeguatamente giustificata per far fronte alle spese di gestione ed ai beni contestati dall’ufficio; conseguentemente ha confermato la sentenza di prime cure. Non può invero, darsi ingresso alla giurisprudenza esposta in ricorso -ed oramai superata -circa la necessità della prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati precipuamente per coprire le spese contestate,
4. Il terzo ed ultimo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente censura l’operato della RAGIONE_SOCIALE.t.r. per aver ritenuto che le somme opposte in elisione del reddito sinteticamente accertato fossero idonee ad assolvere a questo compito, pur in assenza di valida prova atta a dimostrare che si trattava di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, ancora, di somme aventi natura patrimoniale, è inammissibile.
4.1. La complessiva censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità
nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità , che si liquidano in € 4.100,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma in data 11 gennaio 2024.