Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1632 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 14892/2015, proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, per procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso l’AVV_NOTAIO in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2530/13/2014 della Commissione tributaria regionale della Puglia, depositata il 5 dicembre 2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30 novembre 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME ha impugnato con ricorso per cassazione la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Puglia, integralmente riformando la decisione resa in primo grado dalla Commissione tributaria provinciale di Bari, ha respinto la sua impugnazione dell’avviso di accertamento notificatogli il 1° agosto 2011.
Con tale ultimo atto era stato rettificato il reddito del COGNOME per l’anno 2007, mediante accertamento sintetico condotto ai sensi dell’art. 38, commi 4, 5 e 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e ciò sul rilievo del possesso, da parte del medesimo, di un’autovettura di potenza superiore a 21 Cv, incompatibile con l’entità dell’imponibile dichiarato; il contribuente, inoltre, non aveva dato riscontro al questionario inviatogli dall’amministrazione finanziaria.
I giudici d’appello, superate le eccezioni preliminari sollevate dal contribuente, hanno ritenuto -contrariamente a quelli di prime cure -la legittimità dell’accertamento sintetico, ravvisandone il presupposto nella disponibilità di un bene significativo di una maggiore capacità reddituale.
Hanno osservato, inoltre, che l’interessato non aveva offerto idonea prova contraria, tale non essendo, in particolare, l’allegata circostanza dell’acquisto dell’autovettura mediante il prestito di € 40.200,00 da parte del padre, in qualità di garante, o il fatto che il contribuente convivesse con altri familiari, con conseguente riduzione dei costi.
Il ricorso sviluppa sette motivi. L’Amministrazione ha depositato controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente deduce «nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti».
Osserva, in proposito, che la RAGIONE_SOCIALE non ha tenuto in considerazione il suo argomento difensivo in base al quale l’acquisto dell’autovettura era avvenuto nell’anno 2008, mentre l’atto impositivo concerneva i redditi relativi all’anno 2007.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma primo, num. 3), del d.P.R. n. 600 del 1973.
In tal senso, dopo aver sostenuto che, in caso di accertamento sintetico, l’atto impositivo deve indicare le ragioni che hanno giustificato il ricorso a tale metodo, il ricorrente osserva che nella specie l’Amministrazione non avrebbe instaurato alcun contraddittorio, essendosi limitata ad inviargli il questionario, senza nulla specificare quanto all’affidabilità dello standard e alla modalità prescelta di ricalcolo del reddito.
A sostegno di tali assunti il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte che ha sancito l’obbligo dell’Amministrazione «anche alla luce dell’obbligatorietà stabilita dal nuovo redditometro introdotto dall’art. 22 d.l. 31 maggio 2010 n. 78» -di invitare il contribuente a comparire di persona per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento sintetico.
Con il terzo motivo, deducendo «nullità della sentenza per violazione dell’art. 24 della Costituzione», il ricorrente agita identica questione sotto il diverso profilo della denunzia di un vulnus al proprio diritto di difesa.
Anche il quarto motivo consiste nella medesima denunzia, che il ricorrente formula in relazione all’art. 12 della l. 27 luglio 2000, n. 212, assumendo che la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo non sarebbe significativa di «un’attività amministrativa istruttoria adeguata prima dell’emissione dell’avviso di accertamento».
Con il quinto motivo, nuovamente dolendosi della mancata instaurazione del contraddittorio preventivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, assumendo in ciò violato anche il principio del ‘giusto procedimento tributario’.
Anche il sesto motivo si appunta sul medesimo profilo di doglianza, evocato dal contribuente in forma di denunzia della violazione dei principii di collaborazione e buona fede nei rapporti fra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti, enunciati dall’art. 10 della l. n. 212 del 2000.
Infine, con il settimo motivo, il ricorrente denunzia violazione dell’art. 53 Cost., mediante l’affermazione che l’accertamento sintetico, pur non comportando in sé alcuna violazione del principio di correlazione fra capacità contributiva e imposizione tributaria, presuppone l’adozione di «un procedimento circostanziato e specifico» che nella specie non avrebbe avuto luogo, poiché l’Ufficio aveva completamente omesso di accertare la sua capacità contributiva.
Il primo motivo è fondato.
8.1. Il contribuente ha riportato uno stralcio del proprio ricorso introduttivo e delle controdeduzioni svolte in appello, con i quali aveva adeguatamente rappresentato che l’acquisto dell’autovettura era avvenuto nel 2008; tale argomentazione, in particolare, era corroborata dalla produzione del contratto di
finanziamento ed era volta a significare che l’acquisto medesimo non poteva assumere rilevanza nell’ambito dell’accertamento dei redditi per l’annualità precedente.
La medesima circostanza, peraltro, è stata ammessa anche dall’amministrazione finanziaria nel proprio controricorso, nel quale si legge che «dalla documentazione prodotta in atti o comunque a conoscenza dell’Ufficio, in effetti, sembrerebbe che la tesi del contribuente sia meritevole di accoglimento sul punto» (pag. 7).
8.2. Il Collegio osserva che il dato assume, nella presente vicenda, un ruolo dirimente.
La rettifica del reddito, infatti, ove operata con il metodo impiegato nella specie dall’Amministrazione, impone la determinazione sintetica dello stesso in relazione alle «spese per incrementi patrimoniali» (art. 38, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973 nel testo vigente ratione temporis ) e, pertanto, non potrebbe trovare giustificazione in relazione a un esborso temporalmente collocato in un’annualità precedente.
È ben vero che, al riguardo, la stessa disposizione fonda una presunzione in base alla quale la spesa per incrementi patrimoniali deve ritenersi sostenuta con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti; e tuttavia, la ricorrenza di tale ultima fattispecie presuntiva, e il relativo rilievo da parte dell’amministrazione finanziaria, non risultano in alcun modo né dalla sentenza impugnata, né dal controricorso, nel quale anzi -e come si è detto -l’Ufficio ha riconosciuto la fondatezza dell’argomento difensivo del ricorrente.
Detto riconoscimento, in particolare, si pone su un piano logico di contrasto con la possibile imputazione, a ritroso e pro quota , di
una spesa per incremento patrimoniale realizzato in annualità successiva a quella oggetto di accertamento.
Al di là di tale riconoscimento, il dato cronologico, del quale il contribuente pone in risalto la decisività, risulta per il resto completamente trascurato nell’esame della vicenda svolto dai giudici d’appello; la sentenza impugnata, pertanto, appare affetta dal denunziato vizio.
Poiché detto vizio investe un presupposto fondamentale per l’esercizio della potestà impositiva secondo il metodo impiegato nella specie dall’Amministrazione, la fondatezza del motivo comporta l’accoglimento del ricorso con assorbimento delle restanti censure; conseguentemente, la sentenza d’appello è cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo; le spese dei gradi di merito possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente; condanna la controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 2.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso spese generali e oneri accessori. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2023.