Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14562 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14562 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10176/2022 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Reggio Emilia, ove elettivamente domiciliato (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente prcoedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Reggio Emilia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso da ll’Avv. NOME COGNOME e da ll’ Avv. NOME COGNOME entrambe con studio in Reggio Emilia (presso gli Uffici dell’Avvocatura Comunale), ove elettivamente domiciliato (indirizzi pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ; EMAIL ), giusta procura in allegato alla comparsa di costituzione a mezzo di nuovi difensori nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
ICI IMU ACCERTAMENTO FABBRICATO PRIVO DEI REQUISITI DI RURALITÀ EX ART. 2 DEL D.L. N. 262/2006
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per l’Emilia -Romagna l’8 ottobre 2021, n. 1198/06/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30 aprile 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per l’Emilia -Romagna l’8 ottobre 2021, n. 1198/06/2021, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento del 9 maggio 2014 da parte del Comune di Reggio Emilia, rispettivamente, n. 169/2014/2008 per omessa dichiarazione dell’ ICI relativa all’anno 2008 nella misura di € 1.545,00 , di cui € 725,41 a titolo di imposta dovuta, € 85,07 a titolo di interessi moratori, € 8,75 a titolo di spese di notifica ed € 725,41 a titolo di sanzioni amministrative, oltre ad € 0,36 per arrotondamenti, n. 170/2014/2009 per omessa dichiarazione dell’ ICI relativa all’anno 2009 nella misura di € 1.523,00 , di cui € 725,41 a titolo di imposta dovuta, € 63,31 a titolo di interessi moratori, € 8,75 a titolo di spese di notifica ed € 725,41 a titolo di sanzioni amministrative, oltre ad € 0,22 per arrotondamenti, n. 171/2014/2010 per omessa dichiarazione dell’ ICI relativa all’anno 2010 nella misura di € 1 .511,00, di cui € 725,41 a titolo di imposta dovuta, € 51,86 a titolo di interessi moratori, € 8,75 a titolo di spese di notifica ed € 725,41 a titolo di sanzioni amministrative, oltre ad € 0,43 per arrotondamenti, e n. 172/2014/2011 per omessa dichiarazione dell’ ICI relativa all’anno 2011 nella misura di € 1 .502,00, di cui € 725,41 a titolo di imposta dovuta, € 42,03 a titolo di interessi moratori,
€ 8,75 a titolo di spese di notifica ed € 725,41 a titolo di sanzioni amministrative, oltre ad € 0,40 per arrotondamenti, in relazione agli immobili ubicati nel medesimo Comune e censiti in catasto con la particella 2 sub. 1 del foglio 26 e categoria C/2 e con la particella 2 sub. 3 del foglio 26 e categoria C/2, a seguito del disconoscimento della ruralità per gli anni antecedenti a procedura DOCFA (in base a denuncia di accertamento di nuova costruzione -« riguardante ex edificio rurale » – del 24 gennaio 2011, prot. n. RE0023207) su sollecitazione d ell’Agenzia del Territorio ex art. 2, comma 36, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti del Comune di Reggio Emilia avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia il 6 luglio 2015, n. 290/03/2015, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario del contribuente -sul rilievo che: a) la sentenza impugnata sarebbe stata motivata in modo adeguato e comprensibile, tanto che risulterebbe chiaro l’ iter logico giuridico seguito dai giudici di prima istanza per giungere alla decisione; b) la decisione di primo grado troverebbe fondamento in un principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, n. 18565); c) la dichiarazione DOCFA su un immobile privo di precedente attribuzione di valore catastale non avrebbe carattere costitutivo, per cui ne sarebbe preclusa l’applicazione retroattiva; d) tale procedura sarebbe completamente disciplinata dal legislatore con riguardo ai presupposti (fabbricati iscritti al catasto terreni per i quali siano venuti
meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità, a fini fiscali, oltre alla ulteriore fattispecie di fabbricati mai dichiarati al catasto) ed alla decorrenza di effetti fiscali (dal l’1 gennaio 2007), con salvezza di prova contraria che il contribuente avrebbe dovuto fornire in sede di dichiarazione DOCFA; e) la posizione catastale del cespite esplicherebbe efficacia pregiudiziale e vincolante sulla fiscalità conseguente, sia per le parti del rapporto tributario che per lo stesso giudice nella causa tributaria, ma non riconoscerebbe la rilevanza della posizione catastale precedente del cespite.
Il Comune di Reggio Emilia ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza impugnata violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 59 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., per essere stato deciso l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione meramente apparente.
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 Come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto
inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria o perplessa è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, n. 36831; Cass., Sez. 6^-5, 14 dicembre
2021, n. 39885; Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25079; Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).
2.3 Nella specie, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo un’adeguata illustrazione delle ragioni sottese al rigetto dell’appello, che è stato idoneamente giustificato in relazione all ‘ accertata insussistenza della ruralità nel periodo antecedente al l’inserimento in catasto del fabbricato urbano.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado l’esame del motivo di appello circa i vizi di motivazione degli atti impostivi.
3.1 Il predetto motivo è infondato.
3.2 Invero, si può ritenere che vi sia stato rigetto implicito della censura secondo il principio per cui, in tema di contenzioso tributario, qualora il giudice, nonostante l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, sia passato all’esame del rapporto sostanziale, si deve ritenere, per come è strutturato il giudizio di fronte alle commissioni tributarie, che ha ritenuto tale eccezione implicitamente infondata, atteso che il giudizio tributario, ancorché avente ad oggetto l’accertamento del rapporto sostanziale, è formalmente costruito come giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, il quale costituisce il ‘ veicolo di accesso ‘ al giudizio di merito, cui si perviene solo per il tramite di tale impugnazione, con la conseguenza che quando ricorrano vizi formali dell’atto, tali da condurre alla sua invalidazione, il giudice deve arrestarsi alla relativa pronuncia, rimanendo in tal guisa pienamente e correttamente esercitata
la giurisdizione attribuitagli (da ultima: Cass., Sez. Trib., 10 dicembre 2024, n. 31827).
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non essere stati annullati gli avvisi di accertamento dal giudice di secondo grado per difetto assoluto di motivazione.
4.1 Il predetto motivo è infondato.
4.2 La censura attinge il seguente passaggio degli avvisi di accertamento: « Sulla base degli elementi rinvenuti sul modello di Denuncia Doc.Fa, nonché sulla base di verifiche presso gli archivi edilizi del Comune, è emerso che già dal 1° Gennaio dell’anno d’imposta, cui si riferisce il presente accertamento, gli immobili denunciati in Catasto erano già esistenti. La rendita Catastale proposta con Doc.Fa. n. RE0023207 del 24/01/2011, per gli immobili suddetti viene resa retroattiva fin dal 1 Gennaio dell’ann o oggetto del presente accertamento, in quanto le unità immobiliari non hanno subito modifiche edilizie incidenti sull’ammontare della rendita catastale dalla data in cui era dovuta l’imposta ai sensi degli artt. 2, comma 1, lettera a) e 5, comma 2, del D. Lgs N. 504/1992 e fino alla data di accatastamento, ciò in quanto agli atti comunali non risultano provvedimenti edilizi rilasciati durante tale periodo ».
A dire del contribuente, l’ente impositore « si è limitato a constatare l’esistenza degli immobili antecedentemente all’anno 2011, e l’assenza di modifiche sugli stessi ».
4.3 Tuttavia, tale motivazione degli atti impositivi è congrua ed adeguata con riguardo alla preesistenza ed all’immutatezza del fabbricato rispetto a ciascun periodo di riferimento, essendo giustificata l’applicazione dell’imposta in relazione al valore
determinato in base alla rendita catastale, che è stata fatta decorrere ex tunc per il quinquennio antecedente alla domanda o all’attribuzione.
La denuncia DOCFA in questione è stata presentata dal contribuente ex art. 2, comma 36, quarto periodo, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, quale « atto di aggiornamento catastale » con riguardo ai « fabbricati iscritti al catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali », per i quali è previsto che: « Le rendite catastali dichiarate o attribuite producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale (…) ».
Tanto nel contesto del successivo art. 19, commi 8, 9 e 10, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il quale ha previsto che: « 8. Entro il 30 aprile 2011 i titolari di diritti reali sugli immobili che non risultano dichiarati in Catasto individuati secondo le procedure previste dal predetto articolo 2, comma 36, del citato decretolegge n. 262, del 2006, con riferimento alle pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale effettuate dalla data del 1° gennaio 2007 alla data del 31 dicembre 2009, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale. L’Agenzia del Territorio, successivamente alla registrazione degli atti di aggiornamento presentati, rende disponibili ai Comuni le dichiarazioni di accatastamento per i controlli di conformità urbanisticoedilizia, attraverso il Portale per i Comuni. 9. Entro il medesimo termine del 30 aprile 2011 i titolari di diritti reali sugli immobili oggetto di interventi edilizi che abbiano determinato una
variazione di consistenza ovvero di destinazione non dichiarata in Catasto, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale. Restano salve le procedure previste dal comma 336 dell’articol o 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché le attività da svolgere in surroga da parte dell’Agenzia del Territorio per i fabbricati rurali per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, individuati ai sensi dell’articolo 2, comma 36, del decreto -legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, nonché quelle di accertamento relative agli immobili iscritti in catasto, come fabbricati o loro porzioni, in corso di costruzione o di definizione che siano divenuti abitabili o servibili all’uso cui sono destinati. 10. Se i titolari di diritti reali sugli immobili non provvedono a presentare ai sensi del comma 8 le dichiarazioni di aggiornamento catastale entro il termine del 30 aprile 2011, l’Agenzia del Territorio, nelle more dell’iscrizione in catasto attraverso la predisposizione delle dichiarazioni redatte in conformità al decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701, procede all’attribuzione, con oneri a caric o dell’interessato da determinare con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia del Territorio, da emanare entro il 30 aprile 2011, di una rendita presunta, da iscrivere transitoriamente in catasto, anche sulla base degli elementi tecnici forniti dai Comuni. Per tali operazioni l’Agenzia del Territorio può stipulare apposite convenzioni con gli Organismi rappresentativi delle categorie professionali ».
I n seguito, l’art. 2, comma 5 -bis , del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha stabilito che: « 5-bis. Il termine del 31 dicembre
2010 previsto dall’articolo 19, commi 8, 9 e 10, del decretolegge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è differito al 30 aprile 2011. Conseguentemente, in considerazione della massa delle operazioni di attribuzione della rendita presunta, l’Agenzia del Territorio notifica gli atti di attribuzione della predetta rendita mediante affissione all’albo pretorio dei Comuni dove sono ubicati gli immobili. Dell’avvenuta affissione è data notizia con comunicato da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, nel sito internet dell’Agenzia del Territorio, nonché presso gli uffici provinciali ed i Comuni interessati. Trascorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del comunicato nella Gazzetta Ufficiale, decorrono i termini per la proposizione del ricorso dinanzi alla commissione tributaria provinciale competente. In deroga alle vigenti disposizioni, la rendita catastale presunta e quella successivamente dichiarata come rendita proposta o attribuita come rendita catastale definitiva producono effetti fiscali fin dalla loro iscrizione in catasto, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, salva la prova contraria volta a dimostrare, in sede di autotutela, una diversa decorrenza. I tributi, erariali e locali, commisurati alla base imponibile determinata con riferimento alla rendita catastale presunta, sono corrisposti a titolo di acconto e salvo conguaglio. Le procedure previste per l’attribuzione della rendita presunta si applicano anche agli immobili non dichiarati in catasto, individuati ai sensi dell’articolo 19, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, a far data dal 2 maggio 2011 ».
Secondo la circolare emanata dall’Agenzia del Territorio il 18 novembre 2011, n. 7/2011: « Una delle finalità più rilevanti della disposizione è ravvisabile (…) nell’esigenza di far
emergere, nel settore impositivo immobiliare, possibili fenomeni di elusione fiscale connessi ad un omesso aggiornamento dei dati oggettivi delle unità immobiliari urbane, cui può corrispondere una maggiore redditività, rispetto a quella risultante in catasto ».
4.4 Ora, il comma 5 dell’art. 19 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, attribuisce ai Comuni, al fine di accelerare il processo di aggiornamento e allineamento delle banche dati catastali, le funzioni connesse all’accettazione ed alla registrazione degli atti di aggiornamento secondo regole tecniche uniformi; là dove il comma 10 della medesima disposizione conferma, a sua volta, che, in caso di omessa presentazione delle dichiarazioni di adeguamento da parte dei titolari degli immobili, spetta all’Agenzia del Territorio, e soltanto a questa, di procedere all’attribuzione della rendita presunta, previo espletamento di accertamenti per i quali la medesima Agenzia del Territorio può avvalersi degli elementi tecnici forniti dai Comuni, per cui è evidente come l’ordinamento abbia valorizzato il ruolo partecipativo, informativo e propulsivo dei Comuni in ambito catastale, senza tuttavia attribuire ad essi la competenza in materia di determinazione della rendita (Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2019, n. 7275; Cass., Sez. Trib., 11 giugno 2024, n. 16230).
4.5 S u tali premesse, quindi, il procedimento previsto dall’art. 2, comma 5bis , del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, anche in relazione alla decorrenza della rendita attribuita ex art. 19 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, assume carattere di ‘ specialità ‘ rispetto alla disposizione generale dell’art. 5,
comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, secondo cui, per i fabbricati inseriti in catasto « il valore è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell’ultimo comma dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 ».
Ciò in coerenza col principio per cui, in tema di ICI, l’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, nel disporre che -con decorrenza dall’1 gennaio 2000 -gli atti attributivi o modificativi della rendita sono efficaci a partire dalla loro notifica da parte dell’Agenzia del Territorio, si interpreta nel senso che dalla notifica decorre il termine per l’impugnazione, ma ciò non esclude l’applicabilità della rendita anche al periodo precedente, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo della rendita (Cass., Sez. 5^, 14 settembre 2016, n. 18056; Cass., Sez. 6^5, 21 febbraio 2020, n. 4587; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, n. 29512; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2022, n. 31557; Cass., Sez. 6^-Trib., 20 gennaio 2023, n. 1787; Cass., Sez. Trib., 1 marzo 2024, n. 5553).
E ciò perché il legislatore, stabilendo con il citato art. 74 che, dall’1 gennaio 2000, gli atti attributivi o modificativi delle rendite siano efficaci soltanto a decorrere dalla loro notificazione, non ha voluto restringere il potere di accertamento tributario al periodo successivo alla notificazione del classamento, ma piuttosto segnare il momento a partire dal quale l’amministrazione comunale può richiedere l’applicazione della nuova rendita e il contribuente può tutelare le sue ragioni contro di essa, non potendosi confondere l’efficacia della
modifica della rendita catastale -coincidente con la notificazione dell’atto – con la sua applicabilità, che va riferita, invece, all’epoca della variazione materiale che ha portato alla modifica (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 7 luglio 2012, n. 13443; Cass., Sez. 5^, 11 settembre 2019, n. 22653; Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2020, n. 29078; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2022, n. 9190; Cass., Sez. 6^-Trib., 10 febbraio 2023, n. 4204; Cass., Sez. Trib., 8 aprile 2024, nn. 9338 e 9394).
Tuttavia, nel caso di specie, alla luce dell’art. 2, comma 36, quarto periodo, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, non rileva il limite della decorrenza ex tunc dalla denuncia presentata dal contribuente, giacché la variazione catastale è indotta da una precisa sollecitazione dell’amministrazione finanziaria in conseguenza della constatazione della difformità del classamento catastale rispetto alla situazione fattuale, la cui epoca di risalenza doveva essere specificamente indicata ai fini della decorrenza retroattiva.
Per cui, risalendo la costruzione del fabbricato ad epoca antecedente ai singoli periodi di imposta considerati e risultando l’assenza di titoli edilizi per l’esecuzione di lavori indispensabili per la ‘ trasformazione ‘ del fabbricato rurale in fabbricato civile, era corretta la presunzione che la denuncia catastale dovesse essere presentata prima dell’anno di imposta 2009 e che la rendita dovesse decorrere da tale data ai fini del computo dell’ICI.
4.6 Ne consegue, in piena sintonia con l’arresto richiamato dal controricorrente in memoria illustrativa, che le previsioni del l’art. 2, comma 5 -bis , del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, – secondo cui: « In deroga alle vigenti disposizioni, la
rendita catastale presunta e quella successivamente dichiarata come rendita proposta o attribuita come rendita catastale definitiva producono effetti fiscali fin dalla loro iscrizione in catasto, con decorrenza dal 1 gennaio 2007, salva la prova contraria volta a dimostrare, in sede di autotutela, una diversa decorrenza. I tributi, erariali e locali, commisurati alla base imponibile determinata con riferimento alla rendita catastale presunta, sono corrisposti a titolo di acconto e salvo conguaglio » – sanciscono la possibilità per le amministrazioni locali, ai fini dell’ ICI e dell’ IMU, « di utilizzare la rendita presunta in assenza di dichiarazione ex art.19 d.I.78/2010 e quella successivamente proposta con DOCFA o attribuita in via definitiva, anche con riguardo alle annualità pregresse fino a quella 2007 in modo tale da non restringere il potere di accertamento tributario al periodo successivo al classamento, senza però che vi sia per un corrispondente diritto per il contribuente di non pagare o di ottenere il rimborso dell’imposta dovuta su base presuntiva se, successivamente, una minor rendita proposta diviene definitiva » (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 6^-Trib., 10 febbraio 2023, n. 4204). Con la precisazione che: « La norma, parlando di “…prova contraria volta a dimostrare, in sede di autotutela, una diversa decorrenza” rispetto a quella utilizzata dagli uffici e parlando di corresponsione dei tributi, erariali e locali, commisurati alla base imponibile determinata con riferimento alla rendita catastale presunta, come di corresponsioni in “acconto e salvo conguaglio”, evidenzia l’unidirezionalità, in favore delle amministrazioni e non del contribuente, della efficacia della rendita presunta, proposta o attribuita fino dal 2007 in coerenza col fatto che si tratta di rendita di immobili per i quali il contribuente avrebbe dovuto procedere e non ha proceduto
alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale, come imposto dall’art. 19 citato » (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 6^-Trib., 10 febbraio 2023, n. 4204).
Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. per non essere stato tenuto in conto dal giudice di secondo grado che l’ente impositore ea gravato dall’onere di provare il presupposto per il recupero dell’ICI .
Con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 36 e 37, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, in relazione all’ art. 360, primo comma, nn. 3) e 5), cod. proc. civ., per essere stata implicitamente ammessa dal giudice di secondo grado l’applicazione retroattiva dell’ICI anche su un errato presupposto di fatto.
5.1 I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta -sono infondati
5.2 Il contribuente aveva l’onere di provare la ruralità del fabbricato per il periodo di riferimento e la sentenza impugnata ha valutato che tale onere non era stato assolto, non essendo state ritenute sufficienti a tal fine le risultanze di un contratto di affitto che -a dire del contribuente -avrebbe riguardato il fabbricato in oggetto.
Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, l’obbligo motivazionale dell’accertamento in materia di ICI (ma le stesse argomentazioni possono valere anche per l’IMU) deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l’ an e il quantum
dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1569; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2021, n. 2348; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16681; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28758; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2024, n. 2929; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501; Cass., Sez. Trib., 4 gennaio 2025, n. 121).
Né detto onere di motivazione comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2018, n. 1694; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 5 agosto 2024, n. 22031).
5.3 Ne discende che il giudice di appello ha correttamente ritenuto -anche mediante il richiamo adesivo, con nota a piè di pagina (precisamente, a pagina 3 della sentenza impugnata), alle argomentazioni esposte nella decisione di
prime cure – che gli atti impositivi fossero sufficientemente motivati.
Alla stregua delle precedenti argomentazioni, dunque, valutandosi la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere respinto.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 1.800,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 30 aprile 2025.