Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2367 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2367 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29729/2018 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI VICENZA UFFICIO CONTROLLI, AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO ECONOMIA FINANZE
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENEZIA n. 315/2018 depositata il 14/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente NOME COGNOME era destinataria di avviso di accertamento per l’anno 2008 con ripresa a tassazione secondo il sistema del redditometro per presenza di beni-indice di maggior capacità contributiva.
Il giudice di prossimità apprezzava parzialmente le ragioni della parte contribuente e mandava acquisizione di informazioni al Civico Ente in ordine alla corretta individuazione degli immobili nella disponibilità della parte, con specificazione esatta della sua residenza e, quindi, dell’abitazione principale.
Proponeva appello la parte contribuente e contestualmente impugnava anche l’intimazione di pagamento medio tempore emessa. Il collegio di secondo grado rimodulava la pretesa tributaria in favore della parte contribuente, riconoscendo una riduzione del 50% sulla residenza secondaria.
Ricorre per Cassazione la parte contribuente affidandosi a tre strumenti di impugnazione, cui replica il Patrono erariale con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo si protesta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione di legge in relazione all’articolo 38, quarto comma, del DPR numero 600 del 1973 nonché dei decreti ministeriali 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992. Nello specifico si contesta il valore probatorio del
sistema redditometrico e la mancata considerazione degli elementi offerti dalla parte contribuente.
Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 2697 del codice civile, nella sostanza lamentando non è essere stato provato se il coniuge della contribuente abitasse l’unità di dimensioni maggiori ovvero l’altra nella disponibilità della parte, comunque omettendo di considerare le puntuali ed oggettive difese della parte contribuente, dando maggior credito alle difese dell’Ufficio ritenute generiche, laddove si basa solo sulle dichiarazioni ICI.
Con il terzo motivo si prospetta censura i sensi dell’articolo 360 numero 5 del codice di procedura civile per travisamento dei fatti, ritenendo non pertinenti le ragioni dell’Ufficio, dovendosi dare per dimostrato che la residenza della contribuente era in Orgiano alla INDIRIZZO lamentando l’automatismo del redditometro che non avrebbe tenuto conto della reale situazione di fatto, in disparte l’unicità delle utenze nelle diverse unità abitative in disponibilità della contribuente.
Il primo motivo non può essere accolto, laddove critica la sentenza in scrutinio per essersi basata unicamente sul redditometro senza apprezzare le ragioni di parte contribuente. Sul punto è intervenuta più volte questa Suprema Corte di legittimità, con orientamento consolidato cui si deve guidare continuità, non intravedendo ragioni per discostarsene. Questa Corte ha già chiarito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche, l’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede che gli uffici finanziari possano determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, e tale metodo di accertamento dispensa l’Amministrazione finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è
legittimo l’accertamento fondato su di essi e resta a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 16912 del 10/8/2016; Cass. n. 17793 del 19/7/2017; Cass. n. 27811 del 31/10/2018, Cass. n. 17534 del 28/06/2019).
Altresì, sotto altro profilo è stato ribadito essere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019)
Il primo motivo non può dunque essere accolto.
Neppure il secondo motivo è fondato. Vi si lamenta violazione delle disposizioni in termini di presunzione legale e mancato apprezzamento dell’apporto probatorio offerto dalla parte contribuente.
È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610). correttezza giuridica e della coerenza logico-formale,
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento,
di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Il terzo motivo è inammissibile, laddove lamenta travisamento dei fatti, affermando che le ragioni dell’Ufficio non sono pertinenti mentre le doglianze del ricorrente sarebbero meritevoli di accoglimento. Si tratta di una critica all’apprezzamento di merit o dell’apporto probatorio che resta nell’ambito del giudizio di merito, fino a che non integri una violazione della gerarchia legale delle prove.
Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. III, n. 24953/2020).
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato; le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.duemilatrecento/00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso
principale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19/12/2024.