Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7654 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7654 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2034/2024 R.G., proposto DA
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) , con sede in Bacoli (NA), in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c.: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Bacoli (NA), in persona del Sindaco pro tempore ;
INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania il 20 giugno 2023, n. 3897/08/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14 febbraio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
TARSU TIA TARES ACCERTAMENTO
La ‘ RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania il 20 giugno 2023, n. 3897/08/2023, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento in rettifica n. 41000005 dell’8 settembre 2020 da parte del Comune di Bacoli (NA), notificatole il 10 settembre 2020, per un importo complessivo di € 34.544,00, per infedele dichiarazione delle attività svolte e delle superfici occupate con riguardo alla TARI relativa agli anni 2017 e 2018, in relazione ad uno stabilimento balneare ubicato in Bacoli (NA) alla INDIRIZZO ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti del Comune di Bacoli (NA) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 6 luglio 2022, n. 7205/11/2022, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime -che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente – sul presupposto che, anche sulla scorta di precedente sentenza relativa all’ anno 2013 per il medesimo tributo, la superficie imponibile era stata correttamente rideterminata; che il tributo doveva essere liquidato in relazione alla sola quota fissa per l’esonero dalla quota variabile in ragione dell’autosmaltimento ; che la contribuente non aveva documentato la richiesta di usufruire della riduzione per la stagionalità.
Il Comune di Bacoli (NA) è rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 73 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507,
in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il mero diniego della contribuente all’accesso del personale incaricato dall’ente impositore agli immobili soggetti al tributo per la rilevazione della destinazione e della misura delle superfici non consentiva di effettuare l’accertamento d’ufficio in base a presunzioni semplici ex art. 2729 cod. civ.
Secondo la ricorrente, « la Corte di Secondo Grado stima corretto il ricorso, da parte dell’Amministrazione finanziaria, a presunzioni semplici -nella specie costituite da rilievi aerofotogrammetrici estratti dal comune programma ‘Google Earth’ ai fini dell’accertamento di una maggiore superficie detenuta dalla odierna ricorrente ed assoggettata, su tale presupposto, alla TARI. Profilo, questo, in ordine al quale il giudice di secundae curae reputa decisiva la circostanza secondo la quale il personale della RAGIONE_SOCIALE non avrebbe consentito ai dipendenti della società concessionaria del servizio di accertamento l’accesso allo stabilimento balneare per lo svolgimento delle attività di controllo ». Inoltre, « la possibilità dell’Amministrazione finanziaria di porre a fondamento delle proprie attività di controllo le presunzioni semplici non è diretta ma viene espressamente subordinata dalla legge ai presupposti (inadempimento del contribuente alle richieste di documentazione e previo infruttuoso accesso dei dipendenti comunali). E di presupposti che, nella vicenda di causa, appaiono del tutto assenti. Da un canto, la sentenza impugnata conserva il più assoluto silenzio sulla formulazione alla odierna ricorrente del motivato invito a trasmettere la documentazione necessaria per l’accertamento (primo presupposto). Dall’altro, la circostanza dell’impedito accesso da parte della ricorrente ai propri locali e, in particolare, al lido
balneare in gestione appare meramente affermata nell’avviso di accertamento: è, infatti, del tutto priva di qualsiasi riferimento alle necessarie autorizzazioni ed avviso preventive alla contribuente; e manca, inoltre, di ogni riferimento temporale in ordine al momento della pretesa effettuazione di tale accesso. Situazione, questa, nella quale, la relativa doglianza -da noi contestata ma non seguita dalla proposizione della querela di falso per la morte del precedente amministratore della odierna ricorrente -appare priva della efficacia di piena prova e travolge l’impiego, da parte della Amministrazione Comunale, del criterio presuntivo la rettifica della TARI per gli esercizi 2017 e 2018. Sia, al proposito, sufficiente evidenziare che, nell’avviso impugnato qui riprodotto in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, vengono, da un canto, indicati i complessi documentali impiegati dall’Amministrazione per l’accertamento; e, dall’altro, compare la generica dicitura ‘viste le verifiche effettuate dal Comune’ ».
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 Difatti, l ‘art. 73 del d. lgs. 15 novembre 1993, n. 507, consente all’ente impositore di avvalersi di presunzioni semplici per l’accertamento d’ufficio a fronte del mero rifiuto di collaborazione del contribuente (comma 3), che può riguardare anche il solo impedimento al sopralluogo da parte degli incaricati ai rilevamenti, non essendo indispensabile a tal fine la preventiva comunicazione al contribuente di un « motivato invito ad esibire o trasmettere atti e documenti, comprese le planimetrie dei locali e delle aree scoperte, ed a rispondere a questionari, relativi a dati e notizie specifici, da restituire debitamente sottoscritti » (comma 1).
Invero, al di là della letterale formulazione del comma 2 (che sembrerebbe apparentemente stabilire un nesso imprescindibile tra la richiesta dell’ente impositore al contribuente di « esibire o trasmettere atti e documenti, comprese le planimetrie dei locali e delle aree scoperte, ed a rispondere a questionari, relativi a dati e notizie specifici, da restituire debitamente sottoscritti » e l’accesso agli immobili soggetti a tributo con « autorizzazione del Sindaco e previo avviso (…) almeno cinque giorni prima della verifica » da parte di « (…) agenti di polizia urbana, (…) dipendenti dell’ufficio comunale ovvero (…) personale incaricato della rilevazione della materia imponibile »), il comma 3 ricollega la facoltà per l’ente impositore di fondare l’accertamento d’ufficio su « presunzioni semplici aventi i caratteri previsti dall’articolo 2729 del codice civile » alla « mancata collaborazione del contribuente », per tale intendendosi qualsiasi condotta omissiva o commissiva diretta ad ostacolare, impedire o vanificare le operazioni finalizzate alla « rilevazione della destinazione e della misura delle superfici » degli immobili soggetti al tributo, in modo da consentire l’esercizio del potere impositivo a prescindere dalla cooperazione del contribuente.
2.3 Tale disciplina (mai espressamente abrogata) è stata pedissequamente recepita per la TARI -sia pure con una netta esemplificazione del testo normativo con riguardo alla titolarità dei poteri di accertamento -dall’art. 1, commi 693 e 694, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a tenore dei quali: « 693. Ai fini della verifica del corretto assolvimento degli obblighi tributari, il funzionario responsabile può inviare questionari al contribuente, richiedere dati e notizie a uffici pubblici ovvero a enti di gestione di servizi pubblici, in esenzione da spese e diritti, e disporre l’accesso ai locali ed aree assoggettabili a
tributo, mediante personale debitamente autorizzato e con preavviso di almeno sette giorni. 694. In caso di mancata collaborazione del contribuente o altro impedimento alla diretta rilevazione, l’accertamento può essere effettuato in base a presunzioni semplici di cui all’articolo 2729 del codice civile ».
Pertanto, se ne può concludere che, estendendosi anche alla TARI le precedenti considerazioni, l’ente impositore può avvalersi di presunzioni semplici a fronte del rifiuto di collaborazione del contribuente, che può riguardare anche l’impedimento al sopralluogo da parte degli incaricati ai rilevamenti.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 62 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e 1, comma 641, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere erroneamente pervenuto il giudice di appello « ad una quantificazione delle aree rilevanti ai fini imponibili del tutto eccessiva e sproporzionata e, come tale, aberrante », avendo applicato il tributo nei confronti della contribuente « anche per aree non solo non occupate, né detenute ma, altresì, non occupabili né detenibili, in ragione dello speciale regime di concessione delle spiagge ».
3.1 Il predetto motivo è inammissibile.
3.2 Con tale mezzo, la contribuente contesta la eccessiva quantificazione della superficie imponibile, ma in tal modo, sotto l’apparente veste di una violazione e falsa applicazione di legge, sollecita, in realtà, una rinnovazione dell’accertamento in fatto da parte del giudice di appello e una revisione delle risultanze istruttorie, che sono irrimediabilmente precluse al giudice di legittimità.
4. Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 68 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nonché del regolamento comunale TARI, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato negato dal giudice di appello l’annullamento dell’atto impositivo, senza tener conto che « le uniche aree tassabili a fini TARSU siano costituite, in linea generale, dalle a) zone di insistenza della concessione demaniale e, all’interno di queste ed in diminuzione della superficie complessiva in tal modo attribuita in godimento al concessionario, b) dalle zone emergenti dalla autorizzazione sanitaria; e che, per contro, il legittimo ricorso a criteri presuntivi, quali quelli adottati nella vicenda di causa dall’Amministrazione, non avrebbe mai potuto superare la concorrente limitazione alle sole due categorie di aree ora indicate delle zone soggette a tassazione e la contestuale sottrazione imposta dell’una dall’altra ».
4.1 Il predetto motivo è inammissibile.
4.2 Oltre a quanto già detto con riguardo al secondo motivo, si rileva che la censura non attinge alcuna argomentazione o statuizione della sentenza impugnata, appuntandosi soltanto sul contenuto motivazionale dell’atto impositivo (« (…) abbiamo censurato la concorrente violazione, da parte dell’avviso di accertamento impugnato, anche della disciplina regolamentare dettata dal Comune di Bacoli. Censura, questa, che, identica riproponiamo adesso contro la sentenza impugnata per la violazione degli artt. 68 d.lgs., 507/1993 e 1, comma 659, l. 147/2013 e della medesima disciplina regolamentare di attuazione adottata dal Comune impositore »).
Secondo questa Corte, è inammissibile il ricorso che non si confronta in alcun modo con le argomentazioni sorreggenti la sentenza impugnata, ma si limita a censurare l’operato dell’amministrazione finanziaria, in tal modo venendo dedotti supposti vizi dell’atto impositivo e non carenze imputabili alla sentenza impugnata (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2017, n. 13740; Cass., Sez. Trib., 24 luglio 2024, n. 20604).
5. Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 195 e 238, comma 10, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, 1, comma 649, del d.l. 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, nonché del principio comunitario « chi inquina paga » stabilito dagli art. 174 del Trattato istitutivo della CEE e 15 della direttiva n. 2006/12/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di appello di tener conto della stagionalità dell’attività svolta dalla contribuente, disconoscendole la riduzione prevista dal regolamento comunale TARI.
A dire della ricorrente: « Che la sentenza impugnata abbia violato e, in ogni caso, malamente applicato l’art. 238, decimo comma, cit., discende, in effetti, da ciò che essa dà conto della intervenuta eliminazione, ad opera dell’Amministrazione Comunale, della intera quota variabile della TARI per i periodi di imposta 2017 e 2018 e che, quindi, il Comune aveva correttamente limitato l’accertamento in rettifica alla sola quota fissa; ma non considera che, dal complesso della documentazione in atti -non contestata tra le parti e, dunque, definitivamente acquisita -, emergeva la natura stagionale della attività svolta dalla odierna ricorrente ed il diritto della stessa a vedersi applicata la riduzione della TARI prevista dal
regolamento comunale, versato in atti dalla Amministrazione resistente ». Inoltre, « la ricorrente aveva domandato il riconoscimento della natura stagionale dell’attività con propria dichiarazione di gestione in proprio per gli esercizi 2017 e 2018, versata in atti ».
5.1 Il predetto motivo è inammissibile.
5.2 Secondo la sentenza impugnata: « Assolutamente generica è, infine, la doglianza relativa alla stagionalità dell’attività ed alla conseguente riduzione del tributo, non avendo la parte fornito la prova di avere presentato al Comune, in presenza dei presupposti, la richiesta di usufruire di tale riduzione ».
Per cui, anche questa volta, sotto l’apparen za della denunciata violazione di legge, la censura si risolve, in realtà, nella contestazione dell’accertamento in fatto del giudice di appello e nella sollecitazione ad una revisione delle risultanze probatorie. Peraltro, dal ricorso originario -che è stato prodotto dalla contribuente in sede di legittimità – non si evince che la riduzione fosse stata invocata con la presentazione della relativa dichiarazione per gli anni di riferimento e denegata per qualche ragione dall’ente impositore.
Comunque, il ricorso per cassazione è anche carente di autosufficienza in parte qua , essendo stato ivi riprodotto un mero stralcio di un documento (pagina 15), senza alcuna attestazione dell’invio e della ricezione da parte dell’ente impositore.
Con il quinto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata o del relativo procedimento con riguardo al già formatosi giudicato esterno sulla estensione della superficie tassabile per i periodi di imposta successivi al l’anno 2013, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di appello di tener conto della
sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania col n. 3428/18/2021 in ordine alla estensione delle aree soggette a tributo.
6.1 Il predetto motivo è inammissibile.
6.2 La censura imputa « alla sentenza impugnata di essere incorsa nel vizio processuale di violazione del giudicato esterno formatosi tra le parti in ordine alla estensione delle aree soggette ad imposta per effetto della sentenza n. 3428/2021 della Commissione Tributaria Regionale della Campania -Sezione 18, a far data dal periodo di imposta 2013 ».
6.3 Anzitutto, non risulta che tale eccezione fosse stata proposta nel corso del giudizio di merito.
Invero, l’atto di appello (che è stato allegato in questa sede) invoca la predetta decisione (pagine 5 e 6) per censurare la sentenza di prime cure « sotto il profilo della corretta quantificazione delle superfici indicate e della qualificazione delle aree a fini della aliquota applicabile »
Allo stesso modo, la sentenza impugnata richiama il precedente formatosi per l’annata 2013 al solo fine di motivare sull’accertamento della maggiore superficie imponibile, che, sulla base di rilievi fotografici mediante il software ‘ Google Earth ‘, era stata rettificata in maius da mq. 3.900,00 a mq. 4.341,30.
Difatti, secondo il giudice di appello: « La Commissione Tributaria Regionale della Campania, nel definire analogo giudizio, con la sentenza n. 3428/2021, imponeva all’Ente di rideterminare correttamente l’effettiva superficie da tassare per l’anno di imposta 2013, specificando che ‘deve comprendere, oltre quella di mq 3900, l’ampliamento della prima struttura di mq 110 (superficie accertata mq 300, dichiarata mq 190), la costruzione di una seconda struttura di
mq 280 mai dichiarata e la superficie di mq 51,30 del chiosco bar per un totale di mq 4.341,30′. In ottemperanza a quanto richiesto dai giudici tributari, il Comune aveva già provveduto, dunque, a rideterminare il computo dell’area tassabile, calcolando anche gli ulteriori mq non dichiarati dalla società RAGIONE_SOCIALE. La citata sentenza definitiva escludeva dal computo delle superfici tassabili i tre gazebo di cui all’autorizzazione comunale n. 107/2014, sul rilievo che l’anno di imposta in contestazione era il 2013, quando le strutture non erano state ancora realizzate. Venendo oggi in rilievo le annualità 2017 e 2018, ai fini del computo delle superfici tassabili vanno considerati anche i tre gazebo ».
Per cui, il giudice di appello ha coerentemente determinato la superficie imponibile per gli anni 2017 e 2018 con l’aggiunta alla superficie accertata nell’anno 2013 (in forza del richiamato precedente ) della superficie occupata con l’installazione dei tre gazebo nell’anno 2014 .
6.4 Peraltro, la predetta decisione non è stata prodotta in sede di legittimità, per cui nemmeno risulta essere stato documentato il relativo passaggio in giudicato. Laddove è pacifico che la parte eccipiente il passaggio in giudicato di una sentenza ha l’onere di fornirne la prova mediante produzione della stessa, munita della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. cod. proc. civ., anche nel caso di non contestazione della controparte, restandone, viceversa, esonerata solo nel caso in cui quest’ultima ammetta esplicitamente l’intervenuta formazione del giudicato esterno (tra le tante: Cass., Sez. 6^1, 1 marzo 2018, n. 4803; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2021, n. 40150; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2022, n. 7740; Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2022, n. 18001; Cass., Sez. 3^, 28 dicembre 2023, n. 36258; Cass., Sez. Trib., 6 maggio 2024, n. 12139);
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l’infondatezza o l’in ammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere respinto.
Nulla deve essere disposto in ordine alla regolamentazione delle spese giudiziali, essendo rimasta intimata la parte vittoriosa nel presente procedimento.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 14 febbraio