Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15286 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15286 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME del Foro di Catania, che ha indicato recapito Pec, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME Alberto COGNOME, al INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 4286, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, il 15.12.2016, e pubblicata il 27.10.2017;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OGGETTO: Società costruttrice di immobili – Prezzo di vendita – Regime probatorio.
la Corte osserva:
Fatti di causa
A seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, attiva nel settore delle costruzioni edili, con riferimento a più anni d’imposta, verifiche concluse con Processo Verbale di Costatazione consegnato alla contribuente, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società, in relazione all’anno 2010, l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, con il quale contestava il maggior reddito percepito ai fini Ires ed Iva, dipendente da maggiori ricavi non contabilizzati in conseguenza della vendita di appartamenti, per un valore complessivo di Euro 228.873,59.
La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, proponendo censure procedimentali e di merito, ed in particolare contestando le modalità con le quali il preteso maggior reddito era stato calcolato. La CTP riteneva infondate le difese della contribuente e rigettava il suo ricorso.
La RAGIONE_SOCIALE spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai primi giudici, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, rinnovando le proprie critiche. La CTR riteneva che l’Amministrazione finanziaria non avesse assicurato la prova del conseguimento del maggior reddito societario che aveva contestato; pertanto, accoglieva l’impugnativa ed annullava l’avviso di accertamento.
Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia del giudice dell’appello, l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un motivo di ricorso. Ha resistito mediante controricorso la Ga.RAGIONE_SOCIALE
Ragioni della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39 (in particolare, comma 1, lett. d), 40 e 41 bis del Dpr n. 600 del 1973, dell’art. 53 (in particolare, comma 2) del Dpr n. 633 del 1972, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., e dell’art. 1, comma 265, della legge n. 244 del 2006, in combinato disposto con l’art. 35, comma 23, della legge n. 248 del 2006, oltre la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso l’esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, perché il giudice dell’appello non ha fatto corretta applicazione delle regole legali in materia di prova presuntiva, affermando che non era stata assicurata la dimostrazione dell’evasione fiscale contestata alla società.
La RAGIONE_SOCIALE ha replicato innanzitutto affermando l’inammissibilità del ricorso introdotto dall’Ente impositore, per non avere quest’ultimo contestato le precise affermazioni proposte nella sentenza impugnata, e non avere neppure indicato specificamente quale sia il fatto decisivo per il giudizio che la CTR non avrebbe esaminato.
Pur potendo riscontrarsi dei limiti nella formulazione tecnica del motivo di ricorso, lo stesso propone critiche agevolmente comprensibili che lamentano la pretesa erronea applicazione delle regole della prova presuntiva, non appare quindi inammissibile e può essere scrutinato.
La CTR rileva che l’accertamento dei redditi relativo al preteso maggior prezzo conseguito dalla società dalla vendita di più appartamenti nell’anno 2012 (sei), appare fondato esclusivamente sull’accertamento del maggior reddito conseguito dalla vendita di un solo appartamento (del medesimo complesso di undici) intervenuta nell’anno 2012, in cui si era registrato lo scostamento
tra il prezzo di vendita dichiarata ed il mutuo di maggior importo stipulato dall’acquirente per procurarsi la provvista. Questi elementi sono stati valutati dal giudice del gravame insufficienti al fine di poter validamente provare un’evasione fiscale in relazione alla vendita di una pluralità di appartamenti ceduti anni prima.
Contesta l’Agenzia delle Entrate che, in sede di verifica pluriennale, dall’esame dei mutui contratti dagli acquirenti per l’acquisto degli immobili dalla contribuente era emerso che ‘in alcuni casi il prezzo fatturato dalla società venditrice fosse inferiore a quello dichiarato nell’atto di compravendita e come alcuni mutui stipulati dagli acquirenti fossero più alti del valore dichiarato nell’atto di compravendita … anche il confronto con i mutui erogati per gli immobili ceduti nel 2010 e i corrispondenti importi fatturati evidenzia una notevole discrepanza’ (ric., p. 7, 9), ma l’Ente impositore non illustra in che cosa simili discrepanze consistessero, limitandosi a richiamare il PVC.
L’Amministrazione finanziaria opera , quindi, riferimento al termine di raffronto costituito dai valori OMI, ma non illustra quali essi fossero, e quale fosse la differenza riscontrata rispetto alle compravendite immobiliari oggetto di accertamento, e neppure chiarisce in qual modo i valori OMI siano stati utilizzati in sede di accertamento.
5. A sua volta la contribuente replica che i mutui contratti per l’acquisto degli appartamenti venduti nell’anno 2010 contraddice l’assunto della ricorrente, perché in più compravendite l’importo del mutuo è proprio pari al prezzo di acquisto dichiarato (due), in altre è addirittura inferiore (due), e quando l’importo del mutuo è maggiore la differenza è modesta (due), e l’esponente ha cura di indicare la fonte della propria affermazione, avendo riprodotto in fotocopia proprio l’estratto del PVC della Guardia di Finanza.
Inoltre, l’unica compravendita utilizzata dall’Ente impositore per calcolare il preteso maggior reddito proporzionalmente conseguito
da tutte le compravendite, non soltanto è relativa ad anno diverso (2012), ma si tratta pure di un’operazione particolare, perché l’immobile è stato pacificamente venduto ad un dipendente bancario, che ha potuto ottenere dal suo datore di lavoro condizioni agevolate.
Non solo. I valori OMI non sono stati tenuti in considerazione dall’Amministrazione finanziaria, tanto che è stata proprio la contribuente a richiamarli, perché assicurano supporto alla propria tesi, secondo cui gli appartamenti sono stati venduti al prezzo di mercato, che è stato quindi correttamente indicato pure nella dichiarazione dei redditi societari.
La valutazione operata ed illustrata dalla CTR, nell’esprimere il giudizio di merito che ad essa compete, appare conforme a diritto e merita perciò di essere confermata.
L’Amministrazione finanziaria, sebbene fossero state effettuate verifiche su numerose vendite immobiliari stipulate dalla contribuente che aveva costruito gli appartamenti, acquisendo dati specifici e circostanziati, ha ritenuto di fondare il suo accertamento dei maggiori redditi conseguiti dalla società nell’anno 2010, esclusivamente in relazione a quanto emerso con riferimento ad una sola compravendita stipulata in diverso anno d’imposta (2012), sebbene l’Agenzia delle Entrate disponesse di dati specifici relativi alle compravendite concluse nell’anno 2010, che però non ha ritenuto di valorizzare. Neppure ha dimostrato di aver tenuto conto dei valori OMI, o di qualsiasi altro elemento. La stessa analisi degli accertati valori dei mutui contratti per l’acquisto degli appartamenti nel 2010 e dei prezzi di vendita dichiarati, come estratti dallo stesso documento su cui si fonda l’atto impositivo impugnato, il PVC redatto dalla Guardia di Finanza, non assicura sostegno alle tesi dell’Ente impositore.
Il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate risulta in definitiva infondato e deve, perciò, essere respinto.
Le spese del presente giudizio seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione prevalente della natura delle questioni affrontate e del valore della causa.
7.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate , che condanna al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della costituita controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.600,00 per compensi, oltre 15% per le spese generali, Euro 200,00 per esborsi ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 16.4.2025.