Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18900 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18900 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 12093/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi da ll’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO presso il cui studio in INDIRIZZO INDIRIZZO, sono elettivamente domiciliati, come da procure speciali in calce al ricorso e al successivo atto di costituzione della curatela fallimentare;
– ricorrenti –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Emilia – Romagna n. 2400/09/2015, depositata il 16.11.2015.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 14 febbraio 2024.
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata, la CT R dell’Emilia -Romagna accoglieva l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE contro la
Oggetto:
Tributi
sentenza della CTP di Parma che aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE avverso alcuni avvisi di accertamento, per imposte dirette ed IVA, in relazione all’anno 200 5, con i quali erano stati accertati maggiori ricavi a seguito della vendita di alcuni immobili;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto qui rileva, che:
dai contratti preliminari di vendita degli immobili e dai relativi contratti di mutuo si desumevano importi superiori rispetto a quelli indicati nei rogiti di compravendita e nelle fatture emesse dalla società;
-il pagamento RAGIONE_SOCIALE maggiori somme risultava anche dalle dichiarazioni di alcuni acquirenti RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari, dai prezzi di immobili simili e dalle quotazioni OMI;
-l’accertamento si era fondato, quindi su presunzioni gravi, precise e concordanti, mentre i contribuenti non avevano offerto alcuna convincente giustificazione contraria;
le società contribuenti impugnavano la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria;
-l’RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, i ricorrenti deducevano la nullità della sentenza per vizio del procedimento e di motivazione, in relazione a ll’art. 360 , comma 1, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR motivato con riferimento ad un altro ricorso, riguardante l’anno d’imposta 2004, peraltro già deciso dalle Commissioni tributarie di primo e di secondo grado, che hanno accolto le ragioni del contribuente, e successivamente confermato da questa Corte di Cassazione;
il motivo è infondato;
le discrasie rilevate riguardano meri errori materiali che non hanno inficiato la coerenza e la logicità della decisione;
ed invero, la CTR ha indicato nella descrizione del fatto una fattispecie riguardante un avviso di accertamento scaturito dalla medesima verifica fiscale, ma relativo ad una diversa annualità d’imposta (2004, anziché 2005);
-dall’intestazione della sentenza impugnata si evince, tuttavia, il corretto anno d’imposta (2005) e gli estremi degli avvisi di accertamento effettivamente impugnati;
sebbene la fattispecie descritta nella motivazione sia diversa da quella indicata negli avvisi impugnati, le questioni giuridiche esaminate dalla sentenza oggetto del presente ricorso erano analoghe a quelle affrontate nella causa relativa all’anno 2004, già definita da questa Corte con la sentenza n. 18786/2016;
-sul punto va disattesa l’eccezione di giudicato esterno, proposta dai ricorrenti con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., in relazione all’ordinanza n. 18786/2016, emessa da questa Corte nel giudizio nel quale erano parti l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la società RAGIONE_SOCIALE e i soci della medesima, in quanto i giudizi riguardavano soggetti in parte diversi, differenti anni d’imposta (2004) e diversi provvedimenti impositivi;
occorre rammentare, infatti, che l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti, integranti elementi costitutivi della fattispecie, che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass. 28 novembre 2019, n. 31084; Cass. 10 ottobre 2019, n. 25516);
nella specie è da escludersi la rilevanza del giudicato costituito dalla ordinanza n. 18786/2016, avuto riguardo anche alla diversità dei beni venduti;
-né può ritenersi che il giudicato si formi in relazione all’interpretazione e all’individuazione della norma tributaria posta a fondamento della decisione, che nell’ordinamento processuale non può incontrare vincoli – salvo che la situazione giuridica accertata non sia soggettivamente ed oggettivamente identica, in tal caso prevalendo il principio del ‘ne bis in idem’ – dovendosi salvaguardare l’esigenza della tendenziale uniformità RAGIONE_SOCIALE decisioni giurisdizionali all’attività nomofilattica rimessa alla Corte di legittimità (Cass. 21/10/2013, n. 23723);
con il secondo motivo, deducono la nullità della sentenza impugnata per vizio logico e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, omesso esame in merito ad un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso l’esame dell’appello incidentale, proposto dalle società contribuenti, riguardante l’illegittimità dell’accertamento in ragione della mancata allegazione al PVC o, comunque, della loro mancata riproduzione nel PVC RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni degli acquirenti RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari, della inverosimiglianza di dette dichiarazioni, non supportate da circostanze concrete e sconfessate dalla documentazione di costi, mai verificati dell’Ufficio, nonché dalla consulenza tecnica disposta dal Tribunale di Parma in sede penale;
il motivo è inammissibile;
– con l’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
si tratta di censura che, tuttavia, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” ( ex multis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
resta fermo che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie ( ex plurimis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
i ricorrenti non si sono attenuti alle suddette prescrizioni, in quanto non hanno trascritto nel ricorso, neppure in modo indiretto, nelle loro parti essenziali, ai fini della percezione della doglianza, gli atti dai quali risulterebbero l’allegazione di tali fatti e la loro discussione, e hanno formulato un motivo generico che mira, in realtà, ad attingere il giudizio di fatto operato dal giudice di appello con riferimento alla valutazione RAGIONE_SOCIALE prove;
il motivo sarebbe in ogni caso infondato, laddove si dovesse intendere riferito alla denuncia di un vizio processuale, in quanto la CTR si è implicitamente pronunciata sulle doglianze d ell’appello incidentale, considerando sufficienti gli elementi indiziari allegati dall’Ufficio;
il ricorso va, dunque, rigettato e le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio di soccombenza, a carico dei ricorrenti e liquidate come da dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in solido, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 5.800,00, oltre alle spese prenotate a debito;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 febbraio 2024.