Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13437 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13437 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
Oggetto: accertamento – presunzioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16991/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL) con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, alla INDIRIZZO (PEC: EMAIL)
-ricorrente –
contro
AGENZIE DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE (PEC: EMAIL) presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 6038/08/20 depositata in data 14/12/2020 non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 25/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
-la società contribuente impugnava l’avviso di accertamento notificatole con il quale erano rideterminati i tributi dovuti ai fini dell’imposizione del reddito e IRAP per l’anno 2013, avendo l’Ufficio rilevato ricavi non dichiarati sulla base delle informazioni trasmesse dai concessionari delle operazioni di gioco poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE;
-la CTP accoglieva in parte il ricorso;
-l’Ufficio appellava la sentenza di prime cure; la società proponeva appello incidentale;
-la CTR con la sentenza qui gravata ha accolto l’impugnazione principale dell’Amministrazione Finanziaria e rigettato l’appello incidentale della contribuente;
-ricorre RAGIONE_SOCIALE a questa Corte con tre motivi di doglianza illustrati da memoria; l’A mministrazione Finanziaria resiste con controricorso;
Considerato che:
-il primo motivo deduce la violazione dell’art. 53 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 342 e 434 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR -in concreto -erroneamente mancato di dichiarare inammissibile l’appello dell’Ufficio, stante la mancanza e/o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione;
-il motivo è infondato;
-questo Giudice di legittimità ha già avuto occasione di statuire, condivisibilmente, che – a far tempo dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 28057/08 – nel processo tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ‘ stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere -assolve l’onere di specificità dei motivi di
impugnazione imposto dall’art. 53 del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza ‘ , atteso altresì ‘ il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito ‘ (cfr. Cass. Sez. VI-5, ord. n. 14908/14). Di conseguenza, se è vero che la specificità dei motivi di appello esige che alla parte volitiva dell’atto si accompagni una parte argomentativa, che consenta al giudice del gravame di percepire il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. nn. 14031/06, 8771/10, 2180/15), tuttavia tale esigenza non può impedire che il dissenso della parte soccombente investa la decisione impugnata nella sua interezza, perciò assolvendosi pienamente all’onere di specificità dei motivi anche sottoponendo al giudice d’appello le stesse argomentazioni disattese dal primo giudice (Cass. sez. V, nn. 4784/11, 3064/12, 1953/15, 8375/15)’, Cass. sez. V, 9.8.2016, n. 16682;
-ebbene, dall’esame sia dell’atto di appello dell’Ufficio, sia della sentenza impugnata che le ha esaminate analiticamente, dimostrando quindi di averle percepite prima e comprese poi, si evince come le doglianze fossero effettivamente specifiche, quindi ammissibili;
-il secondo motivo si incentra sulla violazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 2727, 2729, 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR illegittimamente ritenuto munite dei requisiti di gravità, precisione e concordanza le indicazioni di prova presuntiva poste a base dell’accertamento, senza considerare nella sua interezza quanto dedotto dalla società contribuente sia in ordine alla contraddittorietà di tali elementi presuntivi, sia in ordine alla prova contraria;
-il motivo è inammissibile;
-esso in concreto non si appunta sull’erronea valutazione della sussistenza o meno dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari dedotti dall’Ufficio, quanto piuttosto intende porre in discussione, nuovamente, la complessiva valutazione operata dalla CTR del materiale probatorio;
-come è noto, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento di fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che lo scrutinio dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità dal momento che, nell’àmbito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione che ne ha fatto il giudice di merito. Solo a detto giudice resta riservato il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042; Cass.,7 marzo 2018, n. 5355);
-la CTR, sul punto, ha ritenuto che ‘il dato effettivo della percentuale di riparto dei criteri di applicazione RAGIONE_SOCIALE stesso non era noto ai concessionari, ne altrimenti desumibile, se non verificando gli accordi contrattuali intercorsi tra gestore singoli esercenti; era onere della contribuente, che ne ha dedotto l’anonimo infermità e discordanza rispetto a quanto applicato in sede di accertamento, e non dell’agenzia, provare l’esistenza di una diversa modalità, anche in considerazione della natura privata ed individuali dei contratti. la società avrebbe potuto agevolmente provare la percentuale di riparto effettivamente applicata esibendo i singoli contratti ed un elenco completo degli esercenti e dei loro ricavi con le relative fatture; al contrario ha preferito
depositare solo dichiarazioni sostitutive generiche, per un numero limitato di soggetti e di importi parziali, insufficienti o inficiare la coerenza dell’accertamento’;
-e parte ricorrente, invero, anche in questa sede di Legittimità non fa riferimento al contenuto delle pattuizioni contrattuali intercorse con i gestori -richiamando sempre altra documentazione, elencata alle pag. 29 e 30 del ricorso, del tutto differente dai contratti, che restano ignoti nelle loro previsioni vincolanti per le parti ex art. 1372 c.c. -che costituiscono elemento essenziale per scrutinare il thema decidendum e il thema probandun (in argomento Cass. Ord. Sez. 5 num. 19881 anno 2023, punto n. 8);
-il terzo motivo censura la pronuncia impugnata per violazione dell’art. 109 c. 5 TUIR, dell’art. 53 Cost. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la RAGIONE_SOCIALE erroneamente ritenuto i costi oggetto della ripresa sul punto non deducibili, perché non giustificati e non adeguati all’attività della contribuente (si tratta dei costi relativi alle operazioni intercorse con NOME NOME), attribuendo rilievo preponderante alla antieconomicità degli stessi, che invece andavano ritenuti inerenti;
-il motivo è inammissibile;
-in primo luogo, la ricostruzione operata dal motivo e posta alla base della sua formulazione risulta ictu oculi contraddittoria;
-invero, parte ricorrente da un lato sostiene che il contratto (stipulato per iscritto nel novembre 2013) era in realtà stato concluso per facta concludentia il 2 luglio 2013, all’atto del rilascio delle cambiali in pagamento del dovuto a NOME; dall’altro sottolinea come la prima fattura emessa -datata 29 novembre 2012 -era in realtà relativa al primo semestre 2013 (pag. 33 del ricorso per cassazione);
-comunque, la censura risulta nel concreto priva di collegamento con la ratio decidendi della sentenza impugnata;
-la CTR ha infatti escluso la deducibilità del costo in quanto ne ha rilevato il difetto di prova in ordine sia all’inerenza, sia
all’effettività mentre il motivo si incentra sulla effettiva rispondenza del costo a ragioni di impresa, denunciando l’erronea valutazione della CTR in ordine alla sua antieconomicità;
-ebbene, detta valutazione non risulta operata dal giudice dell’appello, il quale ha invece escluso da un lato il collegamento con l’attività d ‘ impresa dell’attività di cui alle fatture contestate, non avendo RAGIONE_SOCIALE procacciato alcunché alla contribuente; d all’altro ha ritenuto difettosa l’effettività di tali costi, risultando del tutto fumose le modalità di acquisto e di pagamento dei servizi in argomento;
-conclusivamente, il ricorso va rigettato;
-le spese sono regolate dalla soccombenza;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 5.800,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2024.