Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5190 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5190 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’AVV_NOTAIO generale dello Stato ;
– ricorrente
–
Contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso
controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Siracusa, n. 611/4/19, depositata il 29 gennaio 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia notificava avviso conseguente all’accertamento di maggior reddito anno 2011, riscontrato confrontando la dichiarazione annuale con la documentazione bancaria spontaneamente prodotta dal contribuente a seguito di invito a comparire. La CTP respingeva il ricorso, mentre la CTR, adìta in
presunz
sede d’appello, accoglieva il gravame. L’Agenzia ricorre in cassazione affidandosi a tre motivi, mentre il contribuente resiste con controricorso. Successivamente lo stesso ha altresì depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo mezzo l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 42, d.p.r. n. 600/1973 e 7, l. n. 212/2000, laddove la CTR assume l’avviso fosse carente nella motivazione.
1.1. Il motivo è fondato, dal momento che la motivazione degli atti impositivi, deve consentire al contribuente di comprendere le ragioni per le quali l’atto viene emesso, e nella specie l’ufficio ha chiaramente indicato di aver accertato il maggior reddito per non avere avuto modo di risalire alla provenienza delle somme versate sul conto corrente e per il precedente fa riferimento ad un invito pacificamente notificato e quindi che non doveva essere riprodotto nel corpo dell’atto in quanto noto.
Col secondo mezzo di denuncia violazione degli artt. 67, TUIR e 12, l. n. 212/2000, laddove la CTR assume la violazione del contraddittorio.
2.1. Anche tale motivo, che riguarda autonoma ratio decidendi della sentenza, è fondato. Invero non solo l’obbligo di contraddittorio nel procedimento di accertamento dell’obbligazione tributaria è limitato alle ipotesi di tributi armonizzati ed a quelle altre in cui la legge lo prevede espressamente, ma nella specie il contribuente venne espressamente coinvolto, chiedendo allo stesso di giustificare l’esborso inerente ad un rilevante investimento immobiliare per € 258.602,00, a fronte di un reddito dichiarato di € 17.844,00. Va in proposito notato che
In tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste per gli accertamenti cd. “a tavolino”, senza che, peraltro, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000,
possa essere interpretato nel senso che la consegna della documentazione contabile spontaneamente effettuata dal contribuente presso gli uffici dove viene eseguita la verifica possa essere equiparata a quella compiuta presso la sede della società e successivamente proseguita, ai sensi del comma 3 di detta disposizione, negli uffici dell’amministrazione.
Cass. 14/03/2018, n. 6219.
Col terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 67 TUIR e degli artt. 2697 e 2729, cod. civ., per avere la CTR ritenuto che alle presunzioni su cui si è basato l’ufficio, non sarebbero seguite le prove.
3.1. Anche tale autonoma ratio decidendi su cui si basa la sentenza impugnata risulta priva di fondamento, e nello specifico posta in violazione delle norme indicate in epigrafe.
La CTR aveva infatti ritenuto che l’ufficio, limitandosi a prendere atto di cospicui versamenti, a fronte dell’attività di bar pasticceria gestita nell’ambito di un’impresa famigliare dal contribuente, non avesse apportato elementi sufficienti (così dovendosi intendere l’impreciso riferimento al fatto che non sarebbero conseguite prove).
Orbene il ragionamento presuntivo, cui fa riferimento l’art. 2729, cod. civ., prevede che da fatti noti, in questo caso il versamento di somme cospicue unitamente ad un reddito dichiarato di modesta entità, consegua un fatto noto, costituito dalla presunzione appunto di un reddito maggiore di quello dichiarato, che evidentemente ha fruttato la provvista per quei versamenti.
A fronte di ciò spetta al contribuente la prova che riesca a smentire gli elementi portati a fondamento del ragionamento presuntivo, ma nella specie la semplice allegazione circa la sussistenza di un’attività che porterebbe dei corrispettivi annui di € 220 mila non apporta alcun elemento, dal momento che ciò che giustifica
l’esborso per l’investimento immobiliare non sono i corrispettivi al lordo dei costi, ma gli utili.
Ne deriva che l’elemento valorizzato dalla CTR non ha alcuna efficacia ai fini della smentita del ragionamento presuntivo e quindi il suo utilizzo si risolve in una violazione della disposizione in esame, posta alla base tanto dell’accertamento quanto della sentenza di primo grado.
Da ciò emerge anche che in effetti con il surriferito motivo la difesa erariale ha altresì contrastato nel complesso la ratio decidendi, anche nella parte in cui essa -pur con l’espressione impropria sopra riportata -ha inteso basarsi sulla sussistenza di una ‘prova contraria’ che sarebbe stata offerta dal contribuente.
Al postutto il ricorso dev’essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sez. staccata di Siracusa, che provvederà altresì alle spese di lite del giudizio di legittimità.
Le spese di lite conseguono alla soccombenza del controricorrente.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sez. staccata di Siracusa, che prevederà altresì alle spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024