Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7709 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7709 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 204/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente-
CONTRO
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in FIRENZE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R. della Toscana n. 1327/2021 depositata il 15/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della C.T.R. della Toscana, resa in sede di giudizio di rinvio, con la quale è stato accolto il ricorso di NOME COGNOME per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui era rideterminato il reddito per l’anno di imposta 2003, ai fini IRPEF ed IRAP, ai sensi dell’art. 39 d.P.R. 600/1973 e 62 -sexies D.L. 331/1993, conv. con mod. in in legge 29 ottobre 1993.
La C.T.R ha dato preliminarmente atto che la Corte di cassazione aveva cassato la prima sentenza di appello, avuto riguardo al fatto che il giudice dei seconda cura aveva desunto la gravità degli indizi solo dall’attendibilità della fonte del dato relativo alla ‘corsa media’ di un taxi nella città di Firenze. Il dato era elaborato sulla base di simulazioni, ai fini dello studio sulle nuove tariffe taxi, che costituiva l’esito di un accordo tra detto Comune e le associazioni sindacali di categoria, e che era stato pubblicizzato da un comunicato stampa. In questo modo, secondo la Suprema Corte, il giudice dell’appello aveva fatto ricorso ad un ragionamento presuntivo che ometteva ogni verifica della gravità e della concordanza di ulteriori indiziari, limitandosi ad adottare quell’unico indizio, sulla base dell’attendibilità della fonte del dato ed alla sua diffusione ed utilizzazione. Ciò premesso, la C.T.R. ha ritenuto insussistente ‘la potenzialità probatoria del dato della ‘corsa media’, così come recepito dall’Ufficio ed applicato al caso concreto, non essendo siffatto dato desunto da alcun fatto concreto riferibile al
contribuente’, stante la sua natura empirica e la sua elaborazione per finalità differenti.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
Con provvedimento del 4 giugno 2024 il Consigliere delegato ha formulato ex art. 380 bis c.p.c. proposta di rigetto del ricorso.
Con istanza in data 17 luglio 2024 l’Agenzia delle Entrate ha chiesto la decisione del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula due motivi di ricorso.
Con il primo, fa valere, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. 600/1973 e dell’art. 54, comma 2 d.P.R. n. 633/1972, in combinato disposto con gli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.. Osserva che il giudice del rinvio non ha assolto al mandato impartito dalla Suprema, non avendo provveduto a valutare la valenza probatoria dell’indizio relativo alla ‘corsa media’ congiuntamente a tutti gli altri elementi raccolti, mai smentiti nel corso del giudizio. Ed in particolare: la ricostruzione della percorrenza chilometrica annuale effettuata sulla base dei chilometri indicati nelle schede carburante (49.200 KM.) e riportati nello studio di settore (40.100 KM); i rifornimenti effettuati sempre a cadenze e costi simili; i ridottissimi costi di manutenzione; l’incongruenza tra il reddito d’impresa dichiarato (€ 9.975 nell’anno oggetto di accertamento) ed il valore delle licenze che si attesta intorno ad euro 300.000; l’aver corrisposto una somma tra il 25% ed il 30% degli esigui ricavi dichiarati (€ 22.279) alla cooperativa per evitare le corse a vuoto, corse a vuoto che il contribuente sostiene comunque di aver effettuato;
la scarsità dei ricavi giornalieri (euro 6070) l’esiguo numero delle corse (8-9 in 8 ore di lavoro) sulla base delle tariffe applicate alle corse in convenzione € 8,35. Elementi questi, tutti ignorati dal giudice del rinvio.
Con il secondo motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza per omessa motivazione. Sostiene, richiamando le circostanze ritenute non esaminate dal giudice di appello (di cui supra ), che la sentenza sia solo apparentemente motivata, posto che elude il confronto con la pluralità degli indizi offerti dall’Ufficio.
Con il controricorso il contribuente eccepisce la tardività del ricorso, per essere il medesimo stato notificato oltre il termine di sei mesi di cui all’art. 327 c.p.c., essendo la modifica normativa che ha ridotto il termine c.d. lungo per l’impugnazione intervenuta nelle more del giudizio ed avendo il rinvio disposto dalla Suprema Corte carattere restitutorio.
L’eccezione non può trovare accoglimento. Deve, infatti, darsi continuità all’orientamento secondo il quale ‘In tema di incidenza dello ius superveniens sul giudizio di rinvio, il giudice di merito (di primo o di secondo grado), anche in caso di nullità del processo per mancato rispetto del litisconsorzio necessario, non deve tener conto delle modifiche processuali medio tempore intervenute, a prescindere dalla distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio, che ha effetto solo descrittivo, per la determinazione dei poteri del giudice nel riesame della controversia, senza alcuna ricaduta pratica in caso di disciplina processuale sopravvenuta, trattandosi in ogni caso di una fase ulteriore dell’originario procedimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva dichiarato tardivo l’appello proposto, oltre il termine semestrale, avverso la sentenza resa in sede di rinvio, poiché, a fronte della disciplina transitoria di cui all’art. 58 della l. n. 69 del 2009, la nuova
formulazione dell’art. 327 c.p.c., così come modificato dalla riforma del 2009, non trovava applicazione, in quanto il giudizio originario era stato introdotto prima del 4 luglio 2009 e doveva continuare ad applicarsi il termine annuale di impugnazione). (Sez. 5 – , Sentenza n. 25145 del 19/09/2024). Nel caso di specie il ricorso introduttivo del giudizio è stato notificato in data 25 novembre 2008, come emerge dalle produzioni dello stesso contribuente.
I due motivi dedotti dall’Agenzia delle Entrate sono manifestamente infondati.
Come ben evidenziato dalla proposta di definizione, invero, benché gli indizi ricavabili dagli elementi forniti dall’Ufficio siano meritevoli di considerazione, vi è che neppure la loro valutazione complessiva consente di formulare una presunzione dotata del carattere di gravità, precisione e concordanza, in mancanza della riferibilità concreta al contribuente del dato relativo alla ‘corsa media’, elaborato a fini diversi dall’accordo intercorso fra il Comune di Firenze e le associazioni sindacali dei tassisti. E’, invero, proprio intorno al dato ‘corsa media’ come ricavato da quell’accordo, secondo il giudice di merito, che si articola il ragionamento presuntivo che l’Ufficio pone a base dell’accertamento. Ma, è genericità del dato ‘corsa media’, secondo il ragionamento della sentenza resa in sede di rinvio, che fallisce il percorso richiesto per la formulazione di una presunzione dotata dei criteri imposti dal legislatore, per attribuire ai meri indizi il valore di piena prova, mancando il requisito della gravità, intrinseco alla riferibilità concreta di quel dato.
La sentenza, dunque, non solo non è motivata in modo apparente, ma è dotata di stringente logica, avendo affrontato in modo analitico per quale ragione non sia possibile giungere al risultato probatorio auspicato dall’Ufficio a mezzo di un elemento
che, per la sua elaborazione formulata ad altri fini, è privo di quella specificità necessaria a farne univocamente convogliare il risultato nel senso della convergenza con gli altri indizi forniti dall’Ufficio.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato in quanto manifestamente infondato, con condanna dell’Agenzia delle Entrate alle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi, in euro 3000,00 oltre ad oltre ad euro 1.500, ai sensi dell’art. 96, comma 3 c.p.c., più esborsi per euro 200,00, rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A e C.P.A., come per legge. Consegue alla reiezione del ricorso per manifesta infondatezza, ai sensi dell’art. 380 bis, comma 3 c.p.c. anche la condanna, ex art. 96, comma 4 c.p.c., al pagamento di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende, configurandosi, nel caso concreto, un’ipotesi di abuso del processo (Sez . U, n. 36069 del 27/12/2023).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi, in euro in euro 3000,00 oltre ad oltre ad euro 1.500, ai sensi dell’art. 96, comma 3 c.p.c., più esborsi per euro 200,00, rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A e C.P.A., come per legge.
Condanna altresì l’Agenzia delle Entrate al pagamento di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025