Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8297 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8297 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME il quale ha depositato nota con la quale comunica di aver trasferito lo studio alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 1488, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna il 22.3.2016, e pubblicata il 7.6.2016;
OGGETTO: Irpef 2006 – Sas estinta – Reddito di partecipazione – Vendita di immobili – Maggior prezzo – Elementi indiziari – Sanzioni.
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE di NOME Nicola COGNOME avviso di accertamento con cui riprendeva a tassazione il maggior reddito ritenuto conseguito e non dichiarato, con riferimento alla vendita di tre immobili nell’anno 2006. L’Ente impositore notificava inoltre ai soci della RAGIONE_SOCIALE gli avvisi di accertamento relativi ai maggiori redditi di partecipazione ritenuti conseguiti. Al socio NOME COGNOME era notificato, ai fini Irpef, l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, per il valore di Euro 3.716,00, oltre accessori.
Società e soci impugnavano con separati ricorsi gli atti impositivi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Forlì, proponendo plurime censure, processuali e di merito. La CTP, riuniti i ricorsi, riteneva infondate le critiche proposte dai ricorrenti, e rigettava le loro impugnazioni.
NOME COGNOME spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai giudici di primo grado, rinnovando le proprie contestazioni. La CTR accoglieva solo parzialmente il ricorso, annullando la pretesa tributaria con riferimento ad una vendita immobiliare, mentre la confermava in ordine alle altre due. Altrettanto deliberava il giudice dell’appello in relazione alle impugnative, decise contestualmente, proposte dagli altri soci NOME e COGNOME NOME.
NOME COGNOME ha quindi introdotto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dalla CTR, affidandosi a quattro motivi di impugnazione. L’Agenzia delle Entrate resiste mediante controricorso.
Anche gli altri due soci, NOME e COGNOME NOME, hanno proposto ricorso per cassazione, ed i giudizi sono stati
trattati contestualmente nell’odierna udienza. La società RAGIONE_SOCIALE si è estinta, ed è stata cancellata dal registro delle imprese il 16.1.2012.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., dell’art. 2495 cod. civ., dell’art. 24 del D.Lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 5, comma 1 (non è indicato di quale testo normativo), per avere il giudice dell’appello erroneamente affermato l’intempestività della critica proposta con riferimento alla pretesa responsabilità dei soci a seguito dell’estinzione della società.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente censura la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., dell’art. 39, comma 1, lett. c), del Dpr n. 600 del 1973, e dell’art. 2709 cod. civ., perché la CTR non ha correttamente applicato le regole legali in materia di unicità delle scritture contabili.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente denuncia la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., degli artt. 24, commi 4, lett. f) e 5, della legge comunitaria n. 88 del 2009, e dell’art. 39, lett. c) , per avere il giudice del gravame erroneamente applicato le regole della prova presuntiva, ritenendo lecita anche la violazione del divieto di doppia presunzione.
Mediante il quarto mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente contesta la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., degli artt. 3, 5, 7 e 17, del D.Lgs. n. 472 del 1997, per non avere la CTR rilevato l’illegittimità dell’inflizione delle sanzioni, in assenza di ogni esame
e prova circa la ricorrenza dell’elemento soggettivo della responsabilità.
Occorre preliminarmente rigettare la contestazione dell’Amministrazione finanziaria in relazione alla ritenuta inammissibilità del ricorso per avere la CTR deciso in conformità con la giurisprudenza di legittimità. Le questioni proposte dal ricorrente presentano profili peculiari che inducono a non ritenerle esaminabili operando mero riferimento a consolidati orientamenti interpretativi espressi da questa Corte regolatrice.
5.1. Il contribuente, a sua volta, opera anche richiamo, in tutti i suoi motivi di ricorso, all’art. 132 cod. proc. civ., intendendo operare riferimento, a quanto è dato comprendere, al ricorrere di ipotesi di omessa pronuncia della CTR, vizio il quale importerebbe la nullità della decisione che comunque non ricorre, avendo il giudice dell’appello pronunciato con sufficiente completezza, come si evidenzierà nel prosieguo.
Può quindi procedersi a esaminare le contestazioni di violazione di legge proposte dal contribuente.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura la decisione impugnata per avere il giudice dell’appello affermato l’intempestività della critica da lui proposta con riferimento alla pretesa responsabilità dei soci per i debiti fiscali a seguito dell’estinzione della società.
6.1. La CTR ha ritenuto che la contestazione sia risultata intempestiva, perché proposta non nel ricorso introduttivo in primo grado, bensì mediante critica aggiuntiva introdotta in replica alle controdeduzioni proposte dall’Amministrazione finanziaria.
6.2. La decisione assunta dalla CTR appare corretta, perché il contribuente è risultato destinatario di un avviso di accertamento ricevuto a titolo personale in relazione al reddito di partecipazione presuntivamente percepito, ed era quindi evidente sin dall’atto
impositivo la natura della contestazione, che avrebbe dovuto essere tempestivamente opposta.
Non solo. La critica è comunque infondata anche nel merito, essendo la ripresa ad imposizione relativa a reddito correttamente ritenuto distribuito ai soci della società di persone nell’anno della percezione, pertanto nel 2006, quando la società era ben operativa, risultando priva di rilevanza la invocata circostanza che il socio odierno ricorrente nel 2008 abbia cessato di essere tale, e pure la critica relativa al fatto che successivamente la società si sia estinta.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere rigettato.
Mediante il secondo strumento d’impugnazione il contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per non avere correttamente applicato le regole legali in materia di unicità delle scritture contabili perché, non essendo stata ritenuta la inattendibilità nel loro complesso delle scritture contabili, l’accertamento avrebbe dovuto essere svolto ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d), del Dpr n. 600 del 1973, nel rispetto del principio di unicità delle scritture contabili, che ne consente l’utilizzo anche contro l’imprenditore, ma a condizione che sia rispettata l’inscindibilità del contenuto.
7.1. La CTR ha ritenuto che non emerge alcuna violazione del principio di inscindibilità delle scritture contabili, ed è legittimo nel caso di specie l’accertamento eseguito ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. c), del Dpr n. 600 del 1973, in conseguenza dell’emersione di elementi di inattendibilità delle scritture contabili in considerazione della documentazione acquisita presso Istituti di credito (mutui, perizie), nonché del rinvenimento di preliminari di vendita recanti un importo superiore a quello del contratto definitivo.
7.2. La valutazione espressa dalla CTR non merita censura e deve pertanto essere confermata. L’Amministrazione finanziaria ha acquisito documentazione extracontabile, mutui erogati agli acquirenti degli immobili per valori superiori a quelli dichiarati per l’ acquisto ed erogati sul fondamento di valori acclarati mediante perizia, e pure preliminari di vendita stipulati indicando importi superiori a quelli riportati nel contratto definitivo, e questi elementi sono stati condivisibilmente ritenuti idonei ad inficiare l’attendibilità della contabilità d’impresa, che può essere contestata dall’Amministrazione finanziaria anche in relazione a singole annotazioni. Altrettanto è a dirsi in relazione ad immobile che presenta caratteristiche assolutamente analoghe ad altro, ed è stato dichiarato che sia stato venduto ad un prezzo largamente inferiore a quello risultante per raffronto con l’altro immobile, e pure rispetto al valore stimato in base agli indici OMI.
A tanto si aggiunga che l’Ente impositore ha somministrato alla società anche specifici questionari, invero richiamati anche dallo stesso art. 39, primo comma, lett. c), del Dpr n. 600 del 1973, e dall’esame delle risposte agli stessi le valutazioni espresse dall’Amministrazione finanziaria sono rimaste confermate.
Il secondo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
Con il terzo motivo di ricorso il contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per aver erroneamente applicato le regole della prova presuntiva, ritenendo lecita anche la violazione del divieto di doppia presunzione.
8.1. Invero la CTR, per ciascuna delle compravendite in relazione alle quali ha ritenuto di confermare la ripresa a tassazione, ha indicato specificamente gli elementi indiziari che ha ritenuto di dover valorizzare, senza operare esclusivo riferimento ai valori OMI, ma valutando espressamente questi ultimi come solo uno degli elementi indiziari da prendere in considerazione.
In particolare, con riferimento all’immobile acquistato da COGNOME NOME ha operato riferimento alla perizia della Banca in occasione della stipulazione del mutuo immobiliare, che attesta un valore dell’immobile pari ad Euro 185.000,00 (prezzo dichiarato 150.000.00).
In ordine all’appartamento acquistato da Prati e dichiarato venduto al prezzo di Euro 180.000,00, l’Amministrazione finanziaria ha rilevato, in assenza di mutuo, che il valore di stima desumibile per confronto con l’appartamento Granato -Lorenzo, immobile che presentava ‘identità di caratteristiche tecniche e di accatastamento’, risultava molto superiore a quello di vendita dichiarato pari ad Euro 180.000,00, e significativamente superiore risultava pure il valore stimato in base agli indici OMI come pari ad Euro 207.694,00. L’Amministrazione finanziaria optava prudenzialmente per l’utilizzazione dei valori OMI, nell’interesse del contribuente.
Quindi il giudice dell’appello ha osservato che la combinazione sinergica tra i dati raccolti permetteva di confermare le valutazioni espresse dall’Amministrazione finanziaria, anche perché gli elementi indiziari opposti dal contribuente, come il valore concordato in sede di accertamento con adesione con riferimento a diversi analoghi immobili offriva un dato non confrontabile, perché relativo a vendite verificatesi nell’anno 2000, troppo lontano dall’anno 2006 in cui si sono concluse le cessioni per cui è causa.
8.2. Pertanto il giudice del merito, al quale compete l’individuazione degli elementi presuntivi da valorizzare ai fini della decisione, ha provveduto ad identificare singolarmente gli elementi da valutare, ed ha quindi proceduto a stimarne la rilevanza ed attendibilità nel loro complesso, ritenendoli prevalenti rispetto ad ogni diversa emergenza di causa.
La valutazione espressa dalla CTR appare chiara, coerente e non contrastata mediante adeguata prova contraria, peraltro non
rinvenendosi, in conseguenza di quanto esposto, alcuna violazione dell’affermato divieto di presunzione di secondo grado, e la decisione deve pertanto essere confermata.
8.2.1. Peraltro questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di chiarire che ‘nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea -in quanto a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento del fatto ignoto’, Cass. sez. V, 1°.8.2019, n. 20748; e non si è mancato recentemente di ribadire che ‘nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma, ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea – in quanto a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto; ne consegue che, qualora si giunga a stabilire, anche a mezzo di presunzioni semplici, che un fatto secondario è vero, ciò può costituire la premessa di un’ulteriore inferenza presuntiva, volta a confermare l’ipotesi che riguarda un fatto principale o la verità di un altro fatto secondario’, Cass. sez. III, 27.5.2024, n. 14788.
Anche il terzo motivo di ricorso deve perciò essere rigettato.
Con il quarto strumento d’impugnazione il ricorrente censura la decisione impugnata per non avere la CTR rilevato l’illegittimità dell’inflizione delle sanzioni, in assenza di ogni esame e prova circa la ricorrenza dell’elemento soggettivo della responsabilità.
9.1. Il giudice dell’appello scrive che ‘le caratteristiche dell’azione vietata, che si è sostanziata nell’indicazione nei contratti di vendita di un corrispettivo inferiore a quello reale, in modo da sottrarre all’Erario materia imponibile, appaiono tali da escludere
tanto l’assenza di suitas (ossia di riferibilità della condotta ai contribuenti, soci personali), quanto la mancanza di consapevolezza e volontà, ciò che appare sufficiente per inferire la prova della violazione tributaria’ (sent. CTR, p. VIII).
9.2. Pertanto il giudice del gravame pronuncia espressamente in materia, ed appare corretta la valutazione che la consapevolezza di aver posto in essere atti di evasione fiscale emerge già dalle modalità di accertamento delle violazioni contestate, con particolare riferimento alla documentazione extracontabile raccolta. Può allora ricordarsi come questa Corte regolatrice abbia già avuto occasione di statuire che ‘in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’art. 5 d.lgs. n. 472 del 1997, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’art. 3 l. n. 689 del 1981, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente’, Cass. sez. V, 30.1.2020, n. 2139; e non si è mancato di specificare che ‘in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997 la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza’, Cass. sez. V, 15.5.2009, n. 12901.
Il contribuente non propone elementi che possano deporre nel senso di una sua mancata partecipazione all’evasione fiscale, ma
invoca un’inadeguata valutazione della sua componente soggettiva, sostenendo che non sia stata accertata la sua colpa, che non era però necessario accertare, potendo piuttosto egli fornire la prova dell’assenza di tale elemento soggettivo, prova che, però, non ha neppure indicato come avrebbe assicurato.
Anche il quarto strumento di impugnazione risulta perciò infondato e deve essere respinto.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME appare quindi infondato, e deve perciò essere rigettato.
Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia.
10.1. Deve anche darsi atto che ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 1.400.00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 7.2.2025.