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Accertamento presuntivo: il valore del mutuo conta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15385/2024, interviene su un caso di accertamento presuntivo immobiliare. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato a due società ricavi non dichiarati dalla vendita di numerosi appartamenti. La Corte ha stabilito un principio chiave: la documentazione bancaria, come la perizia per un mutuo che indica un valore superiore a quello di compravendita, costituisce un indizio grave, preciso e concordante che il giudice non può ignorare. Per gli immobili privi di tale documentazione, la valutazione critica del giudice di merito sulle prove dell’Agenzia è incensurabile in Cassazione. Il giudizio è stato dichiarato estinto per i soci che avevano aderito alla definizione agevolata.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento presuntivo: il valore del mutuo conta come prova

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla delicata materia dell’accertamento presuntivo immobiliare, delineando i confini della prova per presunzioni e il valore che la documentazione bancaria assume in questo contesto. Con l’ordinanza n. 15385 del 3 giugno 2024, i giudici hanno chiarito che la perizia redatta per la concessione di un mutuo, se indica un valore dell’immobile superiore a quello dichiarato nell’atto di vendita, non può essere ignorata dal giudice, costituendo un elemento probatorio di rilievo.

I fatti di causa

Il caso nasce da avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di due società, una controllante e una controllata, per l’anno d’imposta 2007. L’Amministrazione Finanziaria contestava ricavi non dichiarati per quasi 7 milioni di euro, derivanti dalla vendita di 115 appartamenti a un prezzo ritenuto inferiore al valore normale di mercato. Di conseguenza, venivano accertate maggiori imposte (IRES, IRAP, IVA).

In parallelo, l’Agenzia emetteva accertamenti anche nei confronti dei soci della società controllante, persone fisiche, presumendo che la differenza tra il valore accertato e il prezzo dichiarato costituisse un utile extra-bilancio distribuito “in nero”.

Il percorso giudiziario

I contribuenti, sia le società che i soci, impugnavano gli atti impositivi. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva i ricorsi, annullando tutti gli accertamenti. La decisione veniva confermata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale riteneva i criteri utilizzati dall’Ufficio per la stima dei valori immobiliari “insufficienti, contraddittori, parziali e non univoci”.

Contro questa sentenza, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione. Nel frattempo, i soci persone fisiche presentavano domanda di definizione agevolata della controversia, pagando quanto dovuto e chiedendo la sospensione e successiva estinzione del giudizio nei loro confronti.

La decisione della Cassazione e l’accertamento presuntivo immobiliare

La Suprema Corte ha adottato una decisione divisa in due parti.

Per quanto riguarda la posizione dei soci, i giudici hanno preso atto della definizione agevolata della lite e, in assenza di un diniego da parte dell’Agenzia, hanno dichiarato estinto il giudizio, come previsto dalla normativa sulla “pace fiscale”.

Ben più articolata è stata la decisione sul ricorso relativo alle due società. La Corte ha parzialmente accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa a un nuovo giudice di secondo grado. Il punto cruciale riguarda la valutazione delle prove nell’ambito dell’accertamento presuntivo immobiliare.

Le motivazioni

La Corte ha distinto nettamente due scenari probatori.

Il ruolo della documentazione bancaria

Per un gruppo di immobili, era stata acquisita agli atti la documentazione bancaria relativa ai mutui erogati agli acquirenti. Questa documentazione includeva perizie di stima che attestavano un valore degli immobili superiore a quello dichiarato negli atti di compravendita. Secondo la Cassazione, la CTR ha commesso un errore di diritto nel non considerare tali elementi. Un valore di stima effettuato da un terzo qualificato (la banca) per l’erogazione di un finanziamento costituisce un indizio dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 del Codice Civile. Tale elemento, ha affermato la Corte, non può essere pretermesso e deve essere attentamente valutato dal giudice di merito per ricostruire il quadro probatorio.

I limiti della prova presuntiva per gli altri immobili

Per tutti gli altri immobili, per i quali non era disponibile la documentazione bancaria, la Corte ha invece ritenuto inammissibile il motivo di ricorso dell’Agenzia. La CTR aveva criticato in modo dettagliato la metodologia dell’Ufficio, evidenziando come il campione di immobili usato per la comparazione fosse parziale, come le stime riguardassero una minoranza ristretta delle unità vendute e come non si fosse tenuto conto delle differenze tipologiche, di posizione e di stato di avanzamento dei lavori (molti appartamenti erano stati venduti “al grezzo”).
Secondo la Cassazione, queste critiche costituiscono un apprezzamento di fatto, discrezionale e riservato al giudice di merito. Poiché la motivazione della CTR non era né mancante né meramente apparente, ma fondata su argomentazioni comprensibili e non contraddittorie, il giudizio non poteva essere riesaminato in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza offre importanti indicazioni pratiche. Da un lato, conferma che nell’accertamento presuntivo immobiliare la perizia di mutuo è un’arma probatoria molto forte per il Fisco. I contribuenti devono essere consapevoli che una discrepanza tra il valore di perizia e il prezzo di vendita può facilmente innescare una rettifica. Dall’altro lato, la sentenza ribadisce che la prova per presunzioni a carico dell’Amministrazione Finanziaria deve essere rigorosa. Un accertamento basato su campioni ristretti o su comparazioni generiche, che non tengono conto delle specificità degli immobili, può essere legittimamente ritenuto infondato dal giudice tributario, la cui valutazione, se ben motivata, è difficilmente superabile in Cassazione.

Cosa succede a un processo tributario se il contribuente aderisce a una definizione agevolata (pace fiscale)?
Se il contribuente presenta domanda di definizione agevolata e versa gli importi dovuti, e l’Agenzia delle Entrate non notifica un provvedimento di diniego entro i termini, il processo tributario pendente si estingue.

Una perizia di mutuo può essere usata dal Fisco per un accertamento immobiliare?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la documentazione bancaria, inclusa la perizia di stima per un mutuo che attesta un valore superiore a quello dichiarato nell’atto di vendita, costituisce un indizio grave, preciso e concordante che il giudice deve valutare per giustificare un accertamento per maggiori ricavi.

Un accertamento basato sulla comparazione con pochi altri immobili è sempre legittimo?
Non necessariamente. La valutazione del giudice di merito è fondamentale. Se il giudice ritiene che il campione usato dall’Agenzia sia troppo parziale, che le stime siano esigue rispetto al totale delle vendite e che non si tenga conto delle differenze specifiche tra gli immobili (es. tipologia, stato dei lavori), può annullare l’accertamento. Tale valutazione, se ben motivata, non è sindacabile in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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