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Accertamento per relationem: quando è legittimo

La Corte di Cassazione ha chiarito la validità dell’avviso di accertamento per relationem. Con l’ordinanza n. 25423/2025, ha stabilito che non è necessario allegare gli atti richiamati se il contribuente li conosce già o se l’atto principale ne riproduce il contenuto essenziale. Il caso riguardava operazioni soggettivamente inesistenti e la deducibilità dei costi. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva annullato l’avviso per difetto di motivazione, sottolineando la differenza tra obbligo di motivazione e onere della prova.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento per relationem: la Cassazione ne definisce i limiti di legittimità

L’accertamento per relationem è una prassi consolidata nell’ambito del diritto tributario, ma spesso fonte di contenzioso. Con l’ordinanza n. 25423/2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui requisiti di validità di tali atti, offrendo chiarimenti cruciali sulla differenza tra obbligo di motivazione e onere della prova. La decisione analizza un caso di operazioni soggettivamente inesistenti nel settore della compravendita di autovetture, stabilendo principi fondamentali per la difesa del contribuente.

I fatti del caso

Una società operante nel commercio di autoveicoli si vedeva notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia Fiscale contestava l’indebita deduzione di costi e detrazione IVA per l’anno 2006. Le contestazioni si basavano su fatture emesse da una cosiddetta “società cartiera”, relative ad acquisti intracomunitari di autovetture. L’Amministrazione riteneva che si trattasse di operazioni soggettivamente inesistenti, in cui la società fornitrice era un mero schermo fittizio.

L’avviso di accertamento si fondava su un Processo Verbale di Constatazione (p.v.c.) della Guardia di Finanza, che a sua volta richiamava gli esiti di altre due verifiche fiscali condotte nei confronti della “società cartiera” e di un suo cliente. Le commissioni tributarie di primo e secondo grado accoglievano le ragioni della società contribuente, dichiarando illegittimo l’avviso di accertamento. Il motivo? La mancata allegazione dei due p.v.c. richiamati, ritenuta un vizio di motivazione insanabile che impediva di provare la natura fraudolenta delle operazioni.

La questione della motivazione dell’accertamento per relationem

L’Agenzia Fiscale ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’obbligo di motivazione fosse stato pienamente rispettato. Secondo la ricorrente, non era necessaria l’allegazione materiale degli atti richiamati, poiché il p.v.c. notificato alla società contribuente ne riproduceva il contenuto essenziale, permettendole di comprendere appieno le accuse e di esercitare il proprio diritto di difesa.

Inoltre, l’Agenzia contestava la decisione della Commissione Tributaria Regionale di aver confuso il piano della motivazione dell’atto con quello, distinto, dell’onere probatorio in giudizio. La mancata allegazione, secondo la difesa erariale, non poteva di per sé inficiare la solidità degli elementi indiziari emersi dalle indagini e riportati nel verbale principale.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia Fiscale, cassando la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno ribadito i principi consolidati in materia di accertamento per relationem. La motivazione di un atto tributario è valida anche se fa riferimento a un altro documento, a due condizioni alternative:

1. L’atto richiamato deve essere già conosciuto dal contribuente (ad esempio, perché gli è stato precedentemente notificato).
2. In caso contrario, l’atto deve essere allegato all’avviso di accertamento, a meno che quest’ultimo non ne riproduca il “contenuto essenziale”, ovvero l’insieme delle parti necessarie a sostenere il provvedimento.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che i giudici di merito avevano errato nel non verificare se il p.v.c. notificato alla società contribuente riportasse effettivamente gli elementi essenziali delle verifiche condotte sui terzi. La semplice mancata allegazione dei verbali richiamati non era, quindi, sufficiente a decretare l’illegittimità dell’accertamento per difetto di motivazione.

La Corte ha inoltre precisato la distinzione tra il profilo motivazionale e quello istruttorio. L’obbligo di motivazione serve a garantire il diritto di difesa del contribuente prima del processo. L’onere della prova, invece, riguarda la fase giudiziale, in cui l’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare la fondatezza della propria pretesa. La Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente ritenuto non assolto l’onere probatorio dell’Ufficio per il solo fatto che i verbali non fossero stati allegati all’avviso, senza valutare nel merito gli elementi indiziari che da essi emergevano e che erano stati trasfusi nel verbale principale.

le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio chiave: la validità di un accertamento per relationem non dipende meccanicamente dall’allegazione fisica di ogni documento richiamato. È fondamentale una valutazione sostanziale: il contribuente è stato messo in condizione di comprendere le ragioni della pretesa fiscale? Se la risposta è sì, perché l’atto principale è sufficientemente dettagliato o perché gli atti richiamati erano già noti, l’avviso è legittimo sotto il profilo motivazionale. La partita si sposterà poi in tribunale, dove l’Amministrazione dovrà provare, con tutti gli strumenti a sua disposizione, la fondatezza delle sue accuse. Per i contribuenti, ciò significa che non è sufficiente eccepire un vizio formale come la mancata allegazione, ma è necessario contestare nel merito gli elementi di prova addotti dall’Agenzia.

Quando un avviso di accertamento motivato ‘per relationem’ è valido anche se non allega i documenti richiamati?
L’avviso è valido se il contribuente ha già avuto integrale e legale conoscenza dei documenti richiamati in precedenza, oppure se l’atto di accertamento ne riproduce il contenuto essenziale, ossia l’insieme delle parti necessarie e sufficienti a sostenere il provvedimento.

Qual è la differenza tra l’obbligo di motivazione dell’atto e l’onere della prova in giudizio?
L’obbligo di motivazione ha lo scopo di consentire al contribuente di comprendere le ragioni della pretesa fiscale e di esercitare il proprio diritto di difesa. L’onere della prova, invece, riguarda la fase processuale, in cui l’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare la fondatezza delle sue contestazioni davanti al giudice.

La mancata allegazione di un p.v.c. richiamato in un avviso di accertamento rende automaticamente l’atto illegittimo?
No. Secondo la Corte, la mancata allegazione non rende di per sé l’atto illegittimo se il p.v.c. principale, notificato al contribuente, riproduce i fatti e gli elementi istruttori essenziali emersi dalle indagini contenute nel documento non allegato. Il giudice di merito deve verificare questa circostanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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