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Accertamento per relationem: i limiti dell’obbligo

Una società di costruzioni ha impugnato un avviso di accertamento per maggiori imposte dirette e IVA relative all’anno 2006. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’accertamento, chiarendo che in un accertamento per relationem non è necessario allegare atti già noti al contribuente, come un verbale di constatazione da lui firmato. La Corte ha inoltre validato l’uso di presunzioni gravi, precise e concordanti, come i valori OMI e i mutui di importo superiore al prezzo dichiarato, per ricostruire i ricavi non dichiarati. La sentenza è stata cassata con rinvio solo per la parte relativa alle sanzioni, in quanto il giudice di secondo grado aveva omesso di pronunciarsi su quel specifico motivo.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento per Relationem e Presunzioni: la Cassazione Traccia i Confini

L’accertamento per relationem è uno strumento fondamentale per l’Amministrazione Finanziaria, ma quali sono i limiti all’obbligo di allegare i documenti richiamati? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema, offrendo chiarimenti cruciali anche sull’utilizzo delle presunzioni semplici per la ricostruzione dei ricavi. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche per contribuenti e professionisti.

Il Caso: Accertamento su una Società di Costruzioni

Una società di costruzioni immobiliari in liquidazione si è vista notificare un avviso di accertamento per maggiori imposte (dirette e IVA) relative all’anno 2006. L’Agenzia delle Entrate contestava la mancata fatturazione di operazioni imponibili e l’indeducibilità di alcuni costi. Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione alla società, ma la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Ufficio. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandosi su nove distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Corte

Il ricorso della società toccava diversi aspetti chiave del diritto tributario, ma la Corte si è soffermata in particolare su alcuni punti dirimenti.

Validità dell’Accertamento per Relationem

Il primo motivo di ricorso contestava la validità dell’avviso di accertamento, ritenuto non sufficientemente motivato perché non erano stati allegati il Processo Verbale di Constatazione (PVC) in versione completa e altri documenti da esso richiamati, come questionari e contratti di mutuo.

La Cassazione ha respinto questa doglianza, ribadendo un principio consolidato: l’obbligo di allegazione previsto dallo Statuto del Contribuente ha una finalità ‘integrativa’. Ciò significa che devono essere allegati solo gli atti il cui contenuto è necessario per completare la motivazione dell’atto impositivo. Non è necessario allegare tutti i documenti semplicemente richiamati, specialmente se il contribuente ne è già a conoscenza. Nel caso di specie, la società aveva piena conoscenza del PVC, avendolo firmato, e quindi la mancata allegazione non ha leso il suo diritto di difesa.

L’Utilizzo Corretto delle Presunzioni Semplici

Un altro punto cruciale riguardava il metodo di accertamento. La società sosteneva che la ricostruzione dei maggiori ricavi, basata su elementi come i valori OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare) e le differenze tra i mutui erogati agli acquirenti e i prezzi di vendita dichiarati, fosse illegittima.

Anche su questo punto, la Corte ha dato torto al contribuente. Ha ricordato che, a seguito delle modifiche normative del 2009 (con effetto retroattivo), è stata eliminata la presunzione legale di corrispondenza tra valore normale del bene e corrispettivo. Tuttavia, il giudice tributario può sempre desumere l’esistenza di attività non dichiarate sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Nel caso specifico, i valori OMI, unitamente ai dati sui mutui ipotecari richiesti dagli acquirenti (spesso di importo superiore al prezzo dichiarato), costituivano un quadro presuntivo solido e sufficiente a fondare la rettifica.

Il Principio di Competenza dei Costi

La ricorrente lamentava anche la mancata deducibilità di alcuni costi per lavori eseguiti a novembre 2005, la cui fattura era stata emessa nel 2006. La Corte ha ritenuto il motivo infondato, applicando il rigoroso principio di competenza previsto dall’art. 109 del TUIR. Per le prestazioni di servizi, i costi si considerano sostenuti alla data in cui le prestazioni sono ultimate. Poiché i lavori erano stati eseguiti e conclusi nel 2005, il relativo costo doveva essere imputato a quell’esercizio, non al 2006, indipendentemente dalla data di fatturazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha rigettato quasi tutti i motivi di ricorso, ritenendoli in parte infondati e in parte inammissibili per genericità o per non aver rispettato i rigorosi oneri formali del giudizio di legittimità. Ad esempio, i motivi relativi alla presunta rilevanza di una sentenza penale di assoluzione sono stati dichiarati inammissibili perché la società non aveva allegato l’attestazione del passaggio in giudicato di tale sentenza.

L’unico motivo che ha trovato accoglimento è stato quello relativo all’omessa pronuncia, da parte della Commissione Tributaria Regionale, sulla questione delle sanzioni. La società aveva sollevato una specifica censura sull’errata liquidazione delle sanzioni, ma il giudice d’appello non aveva in alcun modo esaminato la questione. Questa omissione ha determinato la cassazione della sentenza limitatamente a questo punto, con rinvio a un’altra sezione della stessa CTR per una nuova valutazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre preziose conferme su due pilastri dell’accertamento tributario. In primo luogo, consolida l’interpretazione restrittiva dell’obbligo di allegazione nell’accertamento per relationem, tutelando il diritto di difesa del contribuente senza imporre all’Amministrazione oneri documentali superflui quando gli atti sono già noti. In secondo luogo, ribadisce la piena legittimità dell’accertamento basato su presunzioni semplici, a condizione che gli elementi utilizzati (come valori OMI, dati bancari, mutui) siano nel loro complesso gravi, precisi e concordanti, formando un quadro probatorio coerente e logico. Infine, ci ricorda l’importanza per i giudici di merito di pronunciarsi su tutti i motivi di doglianza, pena la cassazione della sentenza per vizio di omessa pronuncia.

Quando un accertamento per relationem è valido anche se non tutti gli atti richiamati sono allegati?
È valido quando gli atti non allegati non sono necessari a integrare la motivazione dell’avviso e, in particolare, quando il contribuente ne ha già piena conoscenza (ad esempio, un processo verbale di constatazione che ha firmato), poiché in tal caso non viene leso il suo diritto di difesa.

L’Agenzia delle Entrate può usare i valori OMI per accertare un maggior reddito da vendita di immobili?
Sì, ma non da soli. I valori OMI possono essere utilizzati come uno degli elementi all’interno di un quadro di presunzioni semplici, che devono essere nel loro complesso gravi, precise e concordanti. Nella sentenza in esame, i valori OMI sono stati considerati legittimi in quanto corroborati da altri elementi, come l’importo dei mutui richiesti dagli acquirenti, superiore al prezzo di vendita dichiarato.

Cosa succede se il giudice di appello non si pronuncia su un motivo specifico del ricorso, come quello relativo alle sanzioni?
Se il giudice di appello omette di esaminare una specifica censura sollevata da una delle parti, la sentenza è viziata per ‘omessa pronuncia’. In tal caso, la Corte di Cassazione può accogliere il relativo motivo di ricorso, cassare la sentenza su quel punto e rinviare la causa al giudice di merito affinché decida sulla questione non esaminata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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