Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 788 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 788 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2948/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrente/ricorrente in via incidentaleavverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, SEZIONE STACCATA DI FOGGIA, n. 1488/26/15 depositata il 26 giugno 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Foggia dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
successivamente incorporata dalla RAGIONE_SOCIALE, l’avviso di accertamento parziale TVK030502817/2013 con il quale disconosceva la deducibilità degli interessi passivi indicati dalla contribuente nella dichiarazione dei redditi presentata ai fini delle imposte dirette e dell’IVA per l’anno 2010, riprendendo a tassazione il corrispondente importo di 144.315,90 euro.
In precedenza, con riferimento allo stesso anno d’imposta, l’Ufficio aveva notificato alla prefata società altro atto avviso di accertamento, definito con adesione, distinto dalla serie alfanumerica TVK030501746/2013 e relativo al recupero di interessi attivi cd. erroneamente riportati nella dichiarazione dei redditi fra le variazioni fiscali in diminuzione.
La contribuente impugnava l’avviso di accertamento TVK030502817/2013 dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, che, in parziale accoglimento del suo ricorso, rideterminava in 47.212,31 euro l’ammontare degli interessi passivi indeducibili.
La decisione veniva successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, la quale, con sentenza n. 1488/26/15 del 26 giugno 2015, in accoglimento dell’appello della parte privata, annullava l’atto impositivo in questione.
A fondamento della pronuncia resa il collegio regionale osservava che, avendo l’Amministrazione Finanziaria emesso un precedente avviso di accertamento definito con adesione, l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice sarebbe stato possibile, ai sensi dell’art. 2, comma 4, lettera a), del D. Lgs. n. 218 del 1997, nel solo caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, situazione non ricorrente nel caso di specie, atteso che già in occasione del precedente accertamento l’Ufficio era in condizione di contestare l’indeducibilità degli interessi passivi indicati dalla contribuente.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso
per cassazione articolato in quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
(A)Ricorso principale
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, comma 4, e 15 del D. Lgs. n. 218 del 1997, nonchè degli artt. 41 -bis e 43 del D.P.R. n. 600 del 1973.
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nell’affermare che, a fronte di un precedente atto impositivo oggetto di accertamento con adesione (quello distinto dalla serie alfanumerica TVK030501746/2013), l’esperimento dell’ulteriore azione accertatrice sarebbe stato possibile soltanto in caso di .
1.2 I giudici regionali avrebbero, infatti, trascurato che l’accertamento contenuto nel primo avviso era solo parziale, onde la sua definizione con adesione non impediva il rinnovato esercizio della potestà accertativa da parte dell’Amministrazione Finanziaria, alla luce del disposto dell’art. 2, comma 4, lettera b), del D. Lgs. n. 218 del 1997.
Con il secondo motivo, anch’esso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono nuovamente lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2 del D. Lgs. n. 218 del 1997 e degli artt. 41 -bis e 43 del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver tralasciato di considerare che il primo accertamento, a differenza di quello formante oggetto della presente vertenza, non riguardava la deducibilità degli interessi passivi esposti dalla RAGIONE_SOCIALE nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2010, ma
afferiva al contestato inserimento, fra le variazioni fiscali in diminuzione, di una parte degli interessi attivi (precisamente di quella costituita dai cd. , ammontante a 39.441,26 euro) non incassati dalla società nell’anno predetto.
2.2 Nel corso di tale accertamento, il controllo dei non era stato effettuato ai fini del calcolo dell’ammontare degli interessi passivi deducibili ex art. 96 del D.P.R. n. 917 del 1986, sicchè per questa parte l’Amministrazione poteva ancora legittimamente adottare un ulteriore atto impositivo.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è prospettato l’omesso esame circa un fatto decisivo e
contro
verso.
3.1 Si rimprovera alla CTR di non aver tenuto conto della circostanza che, in occasione del primo accertamento, la verifica dei era stata condotta dall’Ufficio ai soli fini del controllo del corretto inserimento degli interessi attivi non incassati dalla contribuente fra le variazioni fiscali in diminuzione.
Con il quarto motivo, ricondotto al paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., si ripropone la medesima censura di cui al mezzo precedente, prospettandola sotto il diverso profilo del vizio di nullità della sentenza per motivazione apparente.
Il primo motivo è fondato.
5.1 Dopo aver ricordato che, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 218 del 1997, l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione e non è integrabile o modificabile da parte dell’Ufficio, la CTR ha precisato che, a mente del comma 4, lettera a), dello stesso articolo, la definizione non esclude l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice, entro i termini previsti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi in base ai quali è possibile accertare un maggior reddito, superiore al cinquanta per cento del reddito definito e comunque non inferiore a 77.468,53
euro.
5.2 Muovendo da questa premessa «in iure» , ha osservato che, «nel caso di specie, non può sostenersi che l’accertamento parziale sia stato giustificato dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, essendo l’Ufficio, in sede di verifica generale, già venuto a conoscenza della deduzione degli interessi passivi operata dalla contribuente, sulla base degli interessi attivi contabilizzati dalla stessa» ; conseguentemente, esso «avrebbe dovuto muovere la contestazione sulla indeducibilità degli interessi passivi in quella sede e non procedere successivamente con un accertamento parziale» .
5.3 Sennonchè, nella parte narrativa della sentenza, riproducente le allegazioni svolte dalla stessa RAGIONE_SOCIALE s.r .l., veniva evidenziato che il primo accertamento aveva natura parziale ( «l’esclusione degli interessi passivi dell’importo di euro 144.315,90 era dipesa dal disconoscimento degli interessi attivi iscritti in bilancio per euro 213.640,21 con accertamento parziale, ai sensi dell’art. 41 -bis del DPR n. 600 del 1973» ).
5.4 Peraltro, anche in questa sede la contribuente riconosce che l’atto impositivo in questione (TVK030501746/2013) era stato espressamente definito come (pag. 6, ultimo rigo, e pag. 7, primo rigo, del controricorso), pur assumendo che, indipendentemente dal «nomen iuris» attribuitogli dall’Ufficio, si trattasse, in realtà, di un accertamento generale.
5.5 Tale ultima questione, introducente nuovi temi d’indagine, non è stata però affrontata nella qui impugnata pronuncia, la quale si è limitata a rilevare che, in base a quanto sostenuto dalla RAGIONE_SOCIALEr.l., il primo avviso di accertamento era (pag. 1, secondo periodo, numero 1); il che, tuttavia, come si avrà modo di precisare infra , non costituiva
ostacolo all’emissione di un avviso di accertamento parziale.
5.6 Ciò posto, occorre tener presente che, a tenore dell’art. 2, comma 4, lettera b), del D. Lgs. n. 218 del 1997, la definizione con adesione non esclude l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice, nell’osservanza dei termini di legge, «se la definizione riguarda accertamenti parziali».
5.7 Trattasi di ipotesi chiaramente alternativa a quella contemplata dalla precedente lettera a), alla quale hanno fatto esclusivo riferimento i giudici di secondo grado (cfr., sull’argomento, Cass. n. 10817/2023).
5.8 Deve, pertanto, ritenersi che, in presenza di un accertamento parziale definito con adesione, l’Amministrazione Finanziaria possa legittimamente rinnovare l’esercizio della potestà accertativa, purchè anteriormente al decorso dei termini all’uopo stabiliti dagli artt. 43 del D.P .R. n. 600 del 1973 in tema di imposte dirette e dall’art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972 in materia di IVA, anche in difetto di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
5.9 Del resto, diversamente opinando, non avrebbe alcun senso la distinta previsione delle ipotesi di cui alle lettere a) e b), qualora entrambe fossero assoggettate al medesimo presupposto applicativo.
5.10 Giova, inoltre, rammentare che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’accertamento parziale di cui all’art. 41 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973 -al quale in materia di IVA corrisponde l’art. 54, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972 -costituisce uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile e non rappresenta un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e agli artt. 54 e 55 del D.P.R. n. 633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole.
5.11 Invero, la differenza qualitativa di tale tipo di accertamento in
confronto a quello ordinario non discende dalla particolare semplicità della segnalazione, potendo esso basarsi -e in ciò ci si ricollega a quanto anticipato nel sottoparagrafo 5.6 -anche su una verifica generale (cfr. Cass. n. 771/2022, Cass. n. 25805/2021, Cass. n. 14756/2020, Cass. n. 21992/2015).
5.12 Fatte queste puntualizzazioni, si osserva che la CTR, pur avendo appurato che nei confronti della RAGIONE_SOCIALE era stato effettuato un primo accertamento parziale definito con adesione, non ha tenuto conto di detta circostanza nel momento in cui ha affermato che l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice sarebbe stato possibile soltanto in caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
5.13 Dalle esposte considerazioni si ricava che il collegio regionale è effettivamente incorso nel denunciato «error in iudicando» , avendo, per un verso, trascurato la disposizione di cui alla lettera b) dell’art. 2, comma 4, del D. Lgs. n. 218 del 1997, per altro verso, sussunto la fattispecie concreta, come ricostruita in sentenza alla stregua delle allegazioni delle parti, in una previsione (quella recata dalla precedente lettera a) che non le si addice.
5.14 Per completezza espositiva, appare opportuno chiarire che non si attaglia alle peculiarità della vicenda esaminata l’orientamento nomofilattico secondo cui, dopo l’emissione di un avviso di accertamento parziale ex art. 41 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973 o 54, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, è possibile procedere ad un ulteriore accertamento per il medesimo periodo di imposta, purché entro i termini di decadenza previsti dalla legge, soltanto ove questo sia fondato su fonti diverse o comunque su dati la cui conoscenza da parte dell’ente impositore sia sopravvenuta.
5.15 Il suaccennato indirizzo giurisprudenziale è stato, infatti, enunciato con riferimento a ipotesi in cui un primo accertamento parziale, non oggetto di definizione agevolata, era stato seguìto da un accertamento integrativo riguardante lo stesso periodo di
imposta di quello precedente.
5.16 Si era, dunque, in presenza di casi nei quali non veniva in rilievo la disposizione contenuta nell’art. 2, comma 4, lettera b), del D. Lgs. n. 218 del 1997.
5.17 D’altronde, proprio l’esistenza di una specifica previsione normativa sul punto vale ad avvertire il destinatario di un avviso di accertamento parziale che l’eventuale definizione con adesione non impedisce l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice, nell’osservanza dei termini all’uopo stabiliti dalla legge, indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Ufficio.
5.18 Va conclusivamente affermato il seguente principio di diritto: «In tema di accertamento con adesione, le ipotesi, contemplate dal comma 4 dell’art. 2 del D. Lgs. n. 218 del 1997, in cui l’intervenuta definizione non esclude l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice entro i termini previsti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, sono da considerare fra loro alternative. Conseguentemente, nel caso in cui un avviso di accertamento parziale ex art. 41 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973 o ex art. 54, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972 sia stato definito con adesione, l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice nell’osservanza dei termini predetti deve ritenersi consentito, ai sensi della lettera b) del comma 4 innanzi citato, indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Ufficio, come invece richiesto nella diversa ipotesi prevista dalla precedente lettera a)» .
Gli ulteriori motivi di ricorso rimangono assorbiti dall’accoglimento di quello appena scrutinato, essendo diretti a contestare le argomentazioni svolte dalla CTR sull’erroneo presupposto dell’applicabilità della norma di cui all’art. 2, comma 4, lettera a), del D. Lgs. n. 218 del 1997.
(B)Ricorso incidentale
Con l’unico motivo di ricorso incidentale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione degli artt. 41 -bis e 43, comma 4 (ora 3), del D.P.R. n. 600 del 1973.
7.1 Si assume che la mancata risposta della contribuente al questionario inviatole dall’Ufficio in data 25 luglio 2013 non consentisse l’emissione di un avviso di accertamento parziale.
7.2 Il gravame non può trovare ingresso.
7.3 Per costante giurisprudenza di questa Corte, il ricorso incidentale, anche se condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza ed è pertanto inammissibile ove sia proposto dalla parte risultata totalmente vittoriosa nel giudizio di appello, al solo scopo di risollevare questioni non decise dal giudice di merito perché assorbite dall’accoglimento di altra tesi avente carattere preliminare, restando comunque salva la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 29662/2023, Cass. n. 11270/2020, Cass. n. 22095/2017, Cass. n. 23548/2012).
(C)Statuizioni conclusive
Tirando le fila del discorso fin qui condotto:
-va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale;
-merita di essere accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento dei restanti.
-ne consegue la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, la quale, uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi, procederà all’esame delle questioni rimaste assorbite dalla decisione cassata; al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità (artt. 384, comma 2, prima parte, e 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992.).
Visto l’esito dell’impugnazione incidentale, viene resa nei
confronti della parte che l’ha proposta l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso incidentale; accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata, nei termini di cui in motivazione, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione