Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26348 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26348 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
Oggetto: Tributi
Ires, Irap e Iva 2013
ACCERTAMENTO c.d. MISTO
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 21845 del ruolo generale dell’anno 202 1, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa , giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso dall’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica (PEC) del difensore: EMAIL;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 1049/10/2021, depositata in data 1° febbraio 2021, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 settembre 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore avverso la sentenza n. 12109/41/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli di accoglimento del ricorso della suddetta società avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva contestato maggior reddito d’impresa, ai fini Ires, Irap e Iva, oltre sanzioni, per l’anno 201 3, sulla base anche dell’applicazione degli studi di settore.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR – riformando la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso per mancata instaurazione del necessario contraddittorio trattandosi di un accertamento standardizzato – ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione osservando che:1)l’esito dell’accertamento effettuato nei confronti della società non era stato basato unicamente sulle risultanze degli studi di settore, essendo la valutazione di inattendibilità della dichiarazione – com e si evinceva dal contenuto dell’avviso di accertamento -fondata, in via principale, sull’ingiustificata modestia dei ricavi dichiarati, sull’anomalo rapporto costi/ricavi e sulla anti -economicità dell’impresa; in particolare, la gestione della società era stata ritenuta ‘incoerente’ in relazione agli indicatori economici:1) della durata RAGIONE_SOCIALE scorte;2)
dell’incidenza del margine operativo lordo (MOL) sui ricavi; 3) dell’indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli ammortamenti; la società, nell’anno di imposta verificato, aveva sostenuto ingenti costi per oltre euro 165.704,00 realizzando ricavi per soli euro 156.617,00 con una evidente perdita di esercizio; inoltre la gestione della società era risultata non congrua anche nel quinquennio 2011-2015; pertanto, la valutazione conclusiva dei maggiori ricavi traeva origine primaria dalla considerazione della gestione antieconomica della società alla luce dei dati esposti dalla stessa società in dichiarazione;2) configurandosi l’ accertamento effettuato nei confronti della società a carattere c.d. misto essendo emersi mediante l’utilizzo dello studio di settore, prevalenti altri indici (antieconomicità della gestione aziendale) rivelatori dell’esistenza di una operatività economica non dichiarata -lo stesso non era nullo in applicazione dell’art. 10, comma 3 -bis , della legge n. 146/98, non essendo obbligatoria l’instaurazione del contraddittorio preventivo, previsto, invece, necessariamente nel caso di accertamento fondato esclusivamente sull’applicazione dei parametri derivanti dallo studio di settore.
3. L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 3bis della legge 146/98, 62sexies del d.l. n. 331/93 e 10, comma 1, della legge 212/2000 per avere la CTR ritenuto che, nella specie, non fosse obbligatorio il contraddittorio preventivo trattandosi di un accertamento di tipo ‘misto’ (fondato anche ma non esclusivamente sulle risultanze degli studi di settore) sebbene, come si evinceva dal contenuto dell’avviso di accer tamento, gli altri fatti (perdita di esercizio, indici di coerenza etc.) ai quali si faceva riferimento, fossero stati richiamati ad ‘ ulteriore conferma ‘ dei maggiori ricavi accertati esclusivamente sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze dello studio di settore. Peraltro, ad avviso della ricorrente, la natura d ell’ accertamento in questione di tipo standardizzato con obbligo del preventivo contraddittorio sarebbe stata confermata dalla stessa RAGIONE_SOCIALE avendo
quest’ultima, nell’avviso di accertamento, fatto riferimento all’avvenuto rispetto dell’art. 10, comma 3 bis della legge n. 146 del 1998, stante la regolare notifica in data 9.11.2018 ( rectius: 9.10.2018) dell’invito al contraddittorio, cui non aveva partecipato la contribuente; sul punto, la ricorrente evidenzia altresì come, nella specie, il contraddittorio fosse stato avviato ma non realizzato a causa della condotta negligente dell’RAGIONE_SOCIALE che aveva notificato l’invito in data 9.10.2018 per la comparizione presso l’Ufficio in data 2.10.2018 (ovvero sette giorni prima della notifica).
1.1.Il motivo si profila inammissibile.
1.2. Va premesso che, come affermato da questa Corte, ‘differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo Stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre, in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto. Nel caso di accertamento basato esclusivamente sugli studi di
settore, l’Amministrazione finanziaria è obbligata ad instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi della L. n. 146 del 1998, art. 10, mentre detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche su altri elementi giustificativi, quali riscontrate irregolarità contabili o antieconomiche gestioni aziendali» (Cass., 2 marzo 2022, n. 6806, in motivazione). Dunque, nel caso di accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, l’Amministrazione finanziaria è obbligata ad instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998, mentre detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche su altri elementi giustificativi, quali riscontrate irregolarità contabili o antieconomiche gestioni aziendali (cfr. anche Cass. 25 giugno 2021, n. 18329; Cass., 5 dicembre 2019, n. 31814; da ultimo Cass. n. 7080 del 2024). Al riguardo, si è chiarito che il dato che l’accertamento sia «basato» sullo studio di settore non esclude che esso possa trovare anche altre giustificazioni come, ad esempio, riscontrate irregolarità contabili o la ritenuta antieconomicità della gestione aziendale. Un accertamento tributario può dirsi basato su uno studio di settore, dunque, solo quando trovi in esso il suo fondamento prevalente. Tanto non si verifica quando, ad esempio, mediante l’utilizzo degli studi di settore siano emerse incongruenze nella contabilità di impresa che abbiano indotto l’Ente accertatore ad approfondire l’analisi, riscoprendo altri, e prevalenti, indici rivelatori dell’esistenza di una operatività economica non dichiarata, raccogliendo l’Amministrazione finanziaria elementi gravi, precisi e concordanti, posti a fondamento dell’accertamento tributario (cfr. Cass., 6 giugno 2019, n. 15344; v anche Cass. n. 516 del 2023). A fronte di condotte aziendali che risultano in netto contrasto con le leggi del mercato, compete all’imprenditore dimostrare, in modo specifico, che la differenza negativa tra costi di acquisto e prezzi di rivendita, emersa dalle scritture contabili, non è dovuta all’occultamento di corrispettivi, ma trova valide ragioni economiche che la giustificano (Cass., 21 dicembre 2018, 33279; Cass., 25 maggio 2021, n. 14294; Cass. 7080 del 2024).
1.3.Nella specie, il motivo di ricorso, pur prospettando una violazione di legge in realtà tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di
merito, avendo la CTR – con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità – ritenuto che , come si evinceva dal contenuto dell’avviso di accertamento, ‘ la valutazione compiuta dall’RAGIONE_SOCIALE in ordine alla inattendibilità della dichiarazione della società ‘ non fosse fondata unicamente sul raffronto con gli standards previsti dagli studi di settore, ma , ‘ in via principale , sull’ingiustificata modestia dei ricavi dichiarati nonché sull’anomalo rapporto costi/ricavi e sulla antieconomicità dell’impresa ‘; in particolare, la gestione della società era risultata ‘incoerente’ in relazione agli indicatori economici:1) della durata RAGIONE_SOCIALE scorte; 2)dell’incidenza del Ma rgine Operativo Lordo sui ricavi; 3)dell’indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli ammortamenti; peraltro, sulla base dei dati esposti in dichiarazione dalla medesima società, era emerso che, nel 2013, quest’ultima aveva sostenuto costi per oltre euro 165.704,00 realizzando ricavi per soli euro 156.617,00 con una evidente perdita di esercizio ed era stata applicata una percentuale di ricarico addirittura negativa; anche la gestione della società nel quinquennio 2011-2015 era risultata non congrua; alla luce di ciò, il giudice di appello ha qualificato il tipo di accertamento in questione a carattere ‘misto’ non essendo fondato unicamente sulle risultanze dello studio di settore, ma traendo ‘ origine primaria ‘ la valutazione conclusiva, in base ai dati esposti in dichiarazione dalla società, dalla considerazione della gestione anti-economica della medesima. Da qui la ritenuta legittimità dell’avviso in questione stante – in ossequio ai principi sopra richiamati – la non obbligatorietà dell’espletamento del contraddittorio preventivo. Invero, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Ci3ss. n. 29404 del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020; Cass. 18611 e 15276 del 2021; Cass. 37623/22). Va, peraltro, ricordato che l’eventuale errore qualificatorio del giudice di merito, sul tipo di accertamento, non rileva ” ex se ” come violazione di legge, ma refluisce in un errore sull’attività processuale ex art. 360, comma 1,
n. 4, c.p.c. o in un errore sulla selezione e valutazione del materiale probatorio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.» (Cass., 8 marzo 2019, n. 6861; Cass., 2 novembre 2021, n. 30985) , vizi che, nella specie, non sono stati specificamente dedotti dalla contribuente che ha sollevato la censura unicamente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR accolto l’appello dell’Ufficio qualificando l’accertamento come avente carattere c.d. misto con conseguente non obbligatorietà del contraddittorio preventivo sebbene tale natura dell’accertamento fosse stata dedotta dall’RAGIONE_SOCIALE, per la prima volta, con l’atto di appello proponendo inammissibilmente – avuto riguardo al contenuto della motivazione d ell’avviso e dell’atto di costituzione in primo grado – una nuova eccezione in senso tecnico.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Merita rammentare che è regola fondamentale del diritto tributario quella secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo definiscono i confini del giudizio tributario, che è giudizio d’impugnazione dell’atto, sicché l’ufficio finanziario, dovendo le contestazioni adducibili in sede contenziosa rimanere circoscritte alla motivazione dell’avviso di accertamento, non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse o, comunque, modificare, nel corso del giudizio, quelle individuate dalla suddetta motivazione (Cass. n. 34407 del 2019; n. 9810 del 7/5/2014; Cass. n. 13305 del 9/6/2009; Cass. n. 26458 del 4/11/2008; Cass. 17762 del 12/12/2002). La motivazione dell’atto tributario costituisce, in tale prospettiva, uno strumento essenziale di garanzia del contribuente, soggetto inciso nella propria sfera giuridica dall’amministrazione finanziaria nell’esercizio del suo potere di imposizione fiscale, e si inserisce nell’ambito di quei presidi di legalità che, anche in forza RAGIONE_SOCIALE norme dello statuto dei diritti del contribuente (v. l’art. 7), assolvono l’essenziale funzione di garantire la conoscenza e l’informazione dello stesso contribuente in ordine ai fatti posti a fondamento della pretesa fiscale e ai presupposti giuridici della
stessa, nel quadro dei principi generali di collaborazione, trasparenza e buona fede che devono improntare, in quanto espressivi di civiltà giuridica, i rapporti tra esso e l’amministrazione. Ne derivano due conseguenze: da un lato, che nell’avviso di accertamento, al fine di realizzarne in pieno l’anzidetta finalità informativa, devono confluire tutte le conoscenze dell’ufficio tributario e deve essere esternato con chiarezza, sia pur sinteticamente, l’iter logico-giuridico seguito per giungere alla conclusione prospettata (v. Cass. n. 1905-07); dall’altro, che le ragioni poste a base dell’atto impositivo segnano i confini del processo tributario, che è comunque un giudizio d’impugnazione dell’atto, sì che l’ufficio finanziario non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse e/o modificare, nel corso del giudizio, quelle emergenti dalla motivazione dell’atto (v. già Cass. n. 17762-02). Ciò non esclude, ovviamente, il potere del giudice di qualificare autonomamente la fattispecie posta a fondamento della pretesa fiscale, ne’ di esercitare d’ufficio alcuni poteri cognitori. Ma sempre che non ne resti alterata la sostanza dell’accertamento in ordine agli elementi da cui esso risulti esser stato informato (v. tra le tante Cass. n. 25726-09; n. 20398-05; n. 22932-05).
2.3.Nel processo tributario il divieto di ultrapetizione e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d’ufficio) posto dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 riguardano eccezioni in senso tecnico e non le mere argomentazioni difensive, tendenti ad inficiare la sentenza sotto un profilo logico ulteriore rispetto a quello esposto in primo grado, atteso che le difese, le argomentazioni e le prospettazioni con cui l ‘ Amministrazione si difende dalle contestazioni già dedotte in giudizio non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso stretto (Cass. Sez. 5, Ord. n. 2413 del 03/02/2021).
2.4.Nella specie – a fronte: 1) di un avviso di accertamento -debitamente trascritto in ricorso ai fini dell’autosufficienza -con il quale l’Ufficio aveva contestato maggiori ricavi non unicamente sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze degli studi di settore, ma anche alla luce di ulteriori elementi (ingiustificata modestia dei ricavi dichiarati; anomalo rapporto costi/ricavi e antieconomicità dell’impresa )
emersi avuto riguardo ai dati esposti nella dichiarazione dei redditi dalla stessa società; 2) del ricorso introduttivo con il quale la contribuente aveva dedotto la illegittimità dell’avviso trattandosi di accertamento standardizzato non preceduto dal contraddittorio preventivo obbligatorio (v. pag. 2 del ricorso e sentenza impugnata); 3) RAGIONE_SOCIALE controdeduzioni dell’Ufficio con le quali quest’ultimo aveva ribadito la legittimità dell’avviso in questione – fondato oltre che sulle risultanze di settore anche su una serie di anomalie e discrasie e su una evidente antieconomicità – non avendo la contribuente partecipato al contraddittorio preventivo cui era stata regolarmente invitata né indicato, anche in sede contenziosa, alcun elemento giustificativo; 4) della sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso sul rilievo della mancata instaurazione del necessario contraddittorio preventivo – l a deduzione con l’atto di appello (riportato a pagg.17-18 del ricorso) della non obbligatorietà del contraddittorio preventivo non trattandosi di un accertamento da studio di settore ‘puro’ ma basato ‘ primariamente ‘ su una pluralità di elementi (ingiustificata modestia dei ricavi dichiarati; anomalo rapporto costi/ricavi e antieconomicità dell’impresa) non concreta un’eccezione in senso tecnico – in ordine alla quale trova applicazione l’art. 57, comma 2, cit. – ma una mera argomentazione difensiva, ancorché non prospettata in primo grado, con la quale l’Amministrazione, aggredendo la statuizione del giudice di primo grado circa la necessità, nella specie, del contraddittorio preventivo – si difende dalle contestazioni già dedotte in giudizio, nei limiti dell’originaria pretesa impositiva e, quindi, senza mutare il thema decidendum .
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 2.400,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma in data 26 settembre 2024