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Accertamento misto: la Cassazione chiarisce le regole

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1860/2024, interviene su un caso di accertamento fiscale a carico di una società e dei suoi soci. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato maggiori redditi basandosi su diverse anomalie, inclusi dati derivanti dagli studi di settore. La Commissione Tributaria Regionale aveva annullato l’atto, ritenendo violato l’obbligo di contraddittorio preventivo. La Suprema Corte ha ribaltato tale decisione, qualificando l’operato del Fisco come un ‘accertamento misto’, dove gli studi di settore sono solo uno dei tanti elementi probatori. In tale contesto, non si applicano le regole procedurali specifiche degli accertamenti standardizzati, ma quelle generali sul contraddittorio, che non prevedono un obbligo generalizzato per gli accertamenti ‘a tavolino’. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa per un nuovo esame.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Misto: Quando gli Studi di Settore sono solo un Indizio

L’ordinanza n. 1860 del 17 gennaio 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla natura dell’accertamento misto e sui conseguenti obblighi procedurali a carico dell’Amministrazione Finanziaria. La Suprema Corte distingue nettamente tra un accertamento basato esclusivamente su metodologie standardizzate, come gli studi di settore, e uno che, pur utilizzandoli, si fonda su un quadro probatorio più ampio e variegato.

I Fatti del Caso: un Accertamento Complesso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società S.r.l. e, di conseguenza, ai suoi due soci. L’Ufficio contestava, per l’anno 2006, maggiori imposte (IRES, IVA, IRAP) derivanti da redditi non dichiarati. L’indagine era scaturita da una richiesta di rimborso IVA e aveva fatto emergere diverse anomalie:

* Un ingente e ingiustificato debito della società verso i soci per finanziamenti.
* Un consistente e anomalo incremento dei ricavi rispetto all’esercizio precedente.
* Incongruenze tra i dati dichiarati dalla società e quelli dei suoi fornitori comunitari.

In questo contesto, l’Ufficio aveva utilizzato anche i dati degli studi di settore, la cui compilazione da parte del contribuente era peraltro risultata errata. La Commissione Tributaria Provinciale aveva inizialmente dato ragione all’Agenzia, ma la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, annullando l’accertamento. Secondo i giudici d’appello, l’atto era fondato sugli studi di settore e, pertanto, l’Ufficio avrebbe dovuto instaurare un contraddittorio preventivo specifico, la cui omissione rendeva nullo l’accertamento.

La Posizione dei Soci e l’Estinzione del Giudizio

È interessante notare che, nel corso del giudizio di Cassazione, i due soci hanno aderito alla definizione agevolata delle liti pendenti. Non avendo poi presentato istanza per la prosecuzione del processo, il giudizio nei loro confronti è stato dichiarato estinto. La causa è quindi proseguita unicamente nei confronti della società.

La Decisione della Cassazione sull’Accertamento Misto

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR. Il punto centrale del ragionamento dei giudici di legittimità è la corretta qualificazione dell’atto impositivo non come un accertamento standardizzato, ma come un accertamento misto.

La Corte chiarisce che l’utilizzo di elementi desunti dagli studi di settore non trasforma automaticamente l’accertamento in uno di tipo standardizzato. Quest’ultimo è un sistema a sé, che si affianca a quello ordinario basato sull’analisi delle scritture contabili. Nel caso di specie, invece, lo scostamento dagli indici parametrici era solo uno dei tanti elementi probatori utilizzati per fondare la pretesa fiscale, e nemmeno il principale.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su una distinzione cruciale tra le diverse tipologie di accertamento e i relativi obblighi procedurali. Secondo i giudici, quando l’accertamento si basa su una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti (come le anomalie contabili, i debiti verso i soci e le incongruenze con i dati dei fornitori), ci si trova di fronte a un accertamento di tipo analitico-induttivo ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. 600/1973.

In un accertamento misto di questo tipo, i dati degli studi di settore non sono la base della pretesa, ma solo un elemento di prova che, insieme agli altri, contribuisce a formare il convincimento dell’Ufficio. Di conseguenza, non si applica la disciplina speciale sul contraddittorio prevista per gli accertamenti da studi di settore, ma la disciplina generale in materia di contraddittorio endoprocedimentale (art. 12, Statuto del Contribuente).

Su questo punto, la Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: per gli accertamenti ‘a tavolino’ (cioè senza accesso in azienda), non esiste un obbligo generalizzato e indiscriminato di contraddittorio preventivo. La nullità dell’atto per violazione di tale principio si verifica solo se il contribuente dimostra in giudizio quali argomenti avrebbe potuto far valere in sede amministrativa per arrivare a un esito diverso.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza è di notevole importanza pratica. Stabilisce che l’Amministrazione Finanziaria ha la facoltà di costruire un accertamento basato su un mosaico di prove, senza essere vincolata alle rigide procedure previste per i soli accertamenti standardizzati. Il semplice richiamo agli studi di settore non è sufficiente a far scattare l’obbligo del contraddittorio specifico se l’atto si regge su altre e più concrete fondamenta probatorie. Per il contribuente, ciò significa che, per contestare la validità di un accertamento misto, non basta lamentare la mancata attivazione del contraddittorio preventivo; è necessario entrare nel merito della pretesa e dimostrare, in concreto, le ragioni che avrebbero potuto portare a un risultato diverso se fossero state esposte prima dell’emissione dell’atto.

Quando un accertamento fiscale è considerato un ‘accertamento misto’?
Un accertamento è definito ‘misto’ quando la ricostruzione del reddito non si basa su un’unica metodologia, ma su una pluralità di elementi probatori. Nel caso specifico, l’accertamento si fondava su anomalie contabili, finanziamenti soci ingiustificati e, solo come elemento aggiuntivo, dati derivanti dagli studi di settore.

L’utilizzo di dati dagli studi di settore obbliga sempre al contraddittorio preventivo specifico?
No. Secondo la Corte, se i dati degli studi di settore sono solo uno dei tanti elementi probatori e non la base principale dell’accertamento (come in un ‘accertamento misto’), non si applica l’obbligo del contraddittorio preventivo specifico previsto per gli accertamenti standardizzati. Si applicano invece le regole generali sul contraddittorio.

Cosa accade al processo se i soci aderiscono a una definizione agevolata della lite mentre la causa contro la società prosegue?
Il processo si estingue limitatamente alle posizioni dei soggetti che hanno aderito alla definizione agevolata (i soci), a condizione che non presentino istanza di prosecuzione entro il termine previsto dalla legge. Il giudizio, invece, continua regolarmente nei confronti degli altri soggetti, come la società, che non hanno aderito alla sanatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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