Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30026 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30026 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3688 -20 24 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al ricorso , dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale come in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrente –
Oggetto: Tributi -avviso di accertamento integrativo
avverso la sentenza n. 2096/14/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della LOMBARDIA, depositata il 29/06/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA, IRES ed IRAP relativo all’anno d’imposta 2014 che l’RAGIONE_SOCIALEia RAGIONE_SOCIALE entrate emise nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, svolgente attività di vendita al dettaglio di prodotti non alimentari, in particolare abbigliamento, accessori e calzature, sulla rilevata inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni di acquisto di capi di abbigliamento dal fornitore NOME, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado (CGT-2) della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado.
Sostenevano i giudici di appello che «la emittente GIO’ è totalmente priva di dipendenti, di utenze elettriche/gas, di mezzi di trasporto, di locali e/o magazzini deputati allo stoccaggio della merce compravenduta; è soggetto giuridico che non ha effettuato alcun versamento di imposta né contributivo, che apparentemente si è approvvigionato presso fornitori vari che hanno emesso fatture tutte compilate a mano con indicazione estremamente sommaria RAGIONE_SOCIALE merci compravendute, per nessuna RAGIONE_SOCIALE quali è stato possibile rilevare il mezzo impiegato per il trasporto e quindi l’effettività dell’operazione; la emittente inoltre non ha contabilmente registrato i pagamenti ai suoi apparenti fornitori né di essi si è avuta altra prova documentale; anche le fatture emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’odierna ricorrente si caratterizzano per descrizione sommaria senza alcun riferimento al codice del prodotto, per mancanza degli usuali riferimenti alle modalità di trasporto della merce acquistata né riportano firma alcuna, informazioni relative alla data ed ora di ritiro, alle condizioni di reso e
di pagamento nonché per l’assenza di documenti di trasporto/accompagnamento della merce acquistata; operazioni tutte non assistite da stipulazione di contratti e/o ordini commerciali; le relazioni commerciali tra NOME e la acquirente non sono accompagnate da scambio di qualsivoglia corrispondenza/documenti, neppure a fronte RAGIONE_SOCIALE particolari modalità di pagamento differito a due anni di distanza dall’operazione commerciale fatturata; le ricevute di pagamento non offrono alcuna indicazione RAGIONE_SOCIALE occasioni e dei soggetti tra i quali detti ripetuti pagamenti sarebbero intervenuti e non è offerto alcun riscontro di prelievo bancario all’erogazione degli importi; non usuale poi è la pratica di fatture tutte emesse prima del pagamento senza concessione di alcuna garanzia a favore del fornitore che, secondo la ricostruzione fornita, consegnerebbe la merce ed emetterebbe fattura senza ricevere in cambio alcun pagamento».
2.1. Sostenevano, inoltre, che «L’avviso di accertamento è ampiamente motivato pure con riferimento al contenuto dell’avviso nei confronti dell’emittente RAGIONE_SOCIALE fatture per operazioni inesistenti ed è del tutto idoneo a consentire alla contribuente l’individuazione del presupposto dei recuperi, tant’è che la stessa ha articolato una approfondita difesa».
Avverso tale statuizione la società contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui l’intimata replicava con controricorso.
Formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ex art. 380-bis c.p.c., in data 29/04/2024, la ricorrente con atto depositato in data 07/06/2024 ha chiesto la decisione del ricorso e, quindi, ai sensi degli artt. 380-bis e 380-bis.1 c.p.c. è stata disposta la trattazione della causa per l’odierna camera di consiglio.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 43 del d.P.R. 600/73 e 57 del d.P.R. 633/72 per non avere i Giudici di seconde cure rilevato il difetto di motivazione rafforzata dell’avviso di accertamento impugnato, in quanto integrativo ».
1.1. Nella proposta di definizione del giudizio con riferimento a tale motivo si afferma che lo stesso «- fondato sulla natura integrativa dell’avviso impugnato e sulla mancanza di ‘motivazione rafforzata’ in ordine alla sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi -è questione nuova, non tracciata nella motivazione della sentenza impugnata; sotto questo profilo, per quanto nella narrativa si faccia riferimento alla natura integrativa dell’avviso impugnato (per cui la questione sarebbe astrattamente censurabile sotto il profilo della omessa pronuncia), il ricorrente non allega, né trascrive il ricorso originario al fine di verificare che la suddetta questione sia stata trattata nel corso del primo grado di giudizio».
Orbene, il Collegio non condivide la tesi sostenuta nella predetta proposta giacché il ricorso di primo grado è allegato al ricorso in esame e nello stesso si pone chiaramente la questione dedotta nel motivo, leggendosi nello stesso (alle pagg. 5 e 6) che «Né è giustificato nella motivazione il ricorso all’accertamento integrativo, che com’è noto richiede la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, nella specie in realtà inesistenti. Ad ulteriore dimostrazione della totale insufficienza della motivazio ne stessa e conseguentemente dell’illegittimità dell’avviso». E la questione è oggetto dell’appello in cui (al p. 3, pagg. 9 e 10) si legge che «nemmeno è in alcun modo giustificato nella motivazione dell’avviso impugnato il ricorso all’accertamento integrativo, che com’è noto richiede a pena di nullità la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, nella specie in realtà inesistenti o meglio, prees istenti. In altre parole, l’avviso integrativo non solo non specifica
quali sarebbero i nuovi elementi che giustificherebbero il ricorso proprio all’accertamento integrativo, ma addirittura si fonda su elementi espressamente indicati come già noti all’Ufficio al momento dell’emissione del primo avviso di accertamento relativ o al medesimo esercizio, per il quale pure pende impugnazione dinanzi ai giudici tributari. A fronte della specifica contestazione sollevata dalla ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio, coltivata poi nei successivi atti e discussa nella pubblica u dienza, nella sentenza appellata non v’è traccia di alcuna trattazione della censura, con ulteriore evidente violazione -tra l’altro dell’art. 112 c.p.c. ».
2.1. Pertanto, alla stregua di quanto affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 8950/2022, non sussiste il vizio rilevato dal giudice AVV_NOTAIO nella proposta in esame.
2.2. Né può assumere rilievo la circostanza che della questione non si faccia menzione nella sentenza impugnata posto che, avendo i giudici di appello deciso la causa nel merito, il motivo d’impugnazione relativo alla motivazione dell’atto impositivo deve riten ersi implicitamente rigettato.
Ciò precisato, ritiene la Corte che l’esame nel merito della questione porta all’accoglimento del motivo.
3.1. Va, preliminarmente, precisato che nella specie non vi è dubbio che l’avviso di accertamento per cui è causa sia ‘integrativo’ di quello precedentemente emesso nei confronti della società contribuente sempre per l’anno d’imposta 2014.
3.2. Tanto emerge dall’avviso di accertamento allegato al ricorso in cui a pag. 4 si legge che «l’Ufficio emette il presente avviso di accertamento ad integrazione dell’atto emesso in precedenza per la sopravvenuta conoscenza di fatti nuovi».
Ciò precisato, osserva il Collegio che l’accertamento integrativo è disciplinato dagli artt. 43, comma 4 (ora 3) del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 57, comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972.
4.1. La prima disposizione, dettata in materia di imposte dirette, prevede che « fino alla scadenza del termine stabilito dai commi precedenti, l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio RAGIONE_SOCIALE imposte ».
4.2. La seconda disposizione sopra citata prevede, in materia di IVA, che « fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti, le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi ».
4.3. Le predette disposizioni costituiscono deroga al principio di tendenziale unicità che connota gli accertamenti fiscali (Cass. n. 27788 del 2020, par. 2.3) e che non ammette accertamenti cd. ‘a singhiozzo’ e regolano una fattispecie diversa da quella di cui agli artt. 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, e 54, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, che disciplinano, rispettivamente in materia di imposte dirette e di IVA, il cd. accertamento parziale.
4.4. Orbene, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, cui va dato seguito, l’amministrazione finanziaria, dopo aver effettuato un primo accertamento nei confronti del contribuente, può procedere ad un accertamento ulteriore, per il medesimo periodo di imposta, nei termini di decadenza previsti dalla legge, purché questo sia fondato su fonti diverse da quelle poste a base del primo o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’ente impositore, sia ad esso sopravvenuta. Al riguardo si è affermato che “L’amministrazione può emettere un avviso di accertamento integrativo sulla base della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, non della semplice rivalutazione o del maggiore approfondimento di
dati probatori già interamente noti all’ufficio al momento dell’emissione dell’avviso originario”. (Cass. 30.10.2018, n. 27565; ibidem ,03.06.2015, n. 11421; ibidem ,15.01.16, n. 576; ibidem ,03.04.13, n. 8029). La sopravvenienza dei “nuovi elementi” , che gli artt. 43, D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, del D.P.R. 633/1972 richiedono affinché sia possibile procedere legittimamente a un accertamento integrativo, va riferita ad atti o fatti effettivamente e obbiettivamente sconosciuti all’Ufficio imp ositore al momento della emissione dell’avviso originario. I nuovi elementi, quindi, non possono in alcun modo afferire a materiale probatorio già acquisito dall’Ufficio nel corso dell’avviso originario. Infatti, se gli stessi fossero stati già raccolti in occasione del primo controllo fiscale, verrebbe meno il requisito della novità e si tratterebbe di una mera rivalutazione di elementi già noti. Tuttavia, tale modus operandi è precluso all’Ufficio dal precitato principio.
4.5. Recentemente le Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza n. 30051/2024, occupandosi dell’autotutela sostitutiva in materia tributaria, delineando le differenze tra tale istituto e l’accertamento integrativo ha affermato che, l’autotutela sostitutiva “in malam partem”, svolta con l’adozione di un nuovo atto per una maggiore pretesa in sostituzione di quello annullato, si differenzia, strutturalmente e funzionalmente, dall’accertamento integrativo, previsto dagli artt. 43, comma 4 (ora 3), del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972, che parimenti comporta l’emissione di un nuovo atto per una ulteriore pretesa in aggiunta a quella originaria, posto che, nel primo caso, la valutazione investe l’atto originario che, in quanto viziato, viene annullato e sostituito sulla base degli stessi elementi già considerati, mentre, nel secondo, il precedente atto è valido e ad esso ne viene affiancato un altro, contenente una pretesa aggiuntiva per il medesimo tributo e periodo d’imposta, non ponendosi, neppure in astratto, l’esigenza di una rivalutazione degli elementi di fatto e diritto
in base ai quali il primo atto è stato emesso; ne consegue che il requisito della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” non si applica per il provvedimento emesso in autotutela sostitutiva, ancorché fonte di una maggiore imposizione».
4.6. Ha precisato la Suprema Corte che «gli elementi che debbono essere apprezzati non appartenevano all’insieme di fatti e circostanze già acquisiti, ma sono pervenuti alla conoscenza dell’Ufficio solo dopo l’avvenuta adozione dell’originario avviso (v. da ultimo Cass. n. 10226 del 16/04/2024, che ha altresì precisato che il requisito della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi”, deve ritenersi integrato anche nell’ipotesi in cui i dati siano conosciuti da un ufficio fiscale, ma non erano ancora in possesso di quello che ha emesso l’avviso di accertamento al momento della sua adozione)».
4.7. Ha quindi delineato in maniera dettagliata i presupposti dell’accertamento integrativo affermando che questo:
«- presuppone che il primo atto sia valido ed efficace, destinato a permanere inalterato non ponendosi, neppure in astratto, l’esigenza di una rivalutazione degli elementi di fatto e diritto in base ai quali è stato emesso;
-presuppone l’esistenza del primo atto solamente al fine di poterne evidenziare gli elementi di novità sopravvenuti -da individuare specificamente nella relativa motivazione – che giustificano il potere di procedere ad un nuovo accertamento;
è sempre un procedimento di primo grado poiché si fonda sulla rilevata esistenza di nuove circostanze, non conosciute in precedenza, così come l’originario potere di accertamento;
da tutto ciò risulta legittimato il (nuovo) esercizio del potere impositivo, altrimenti non consentito».
Applicati detti principi alla fattispecie concreta, il Collegio deve rilevare che nell’avviso di accertamento impugnato non si fa alcun cenno ad elementi sopravvenuti rispetto al primo accertamento effettuato nei
confronti della società contribuente, limitandosi l’RAGIONE_SOCIALEia fiscale ad affermare di essere addivenuta al nuovo accertamento « in seguito alla constatazione da parte di quest’ufficio di anomalie relative all’utilizzo di fatture fittizie ricevute da fornitore ‘RAGIONE_SOCIALE NOME‘ C.F. CODICE_FISCALE, segnalato come soggetto ‘cartiera’ ».
5.1. A parte il rilievo che l’amministrazione finanziaria era già in possesso della documentazione contabile della società contribuente relativa all’anno 2014, per avervi fondato il precedente avviso di accertamento, la stessa nell’avviso di accertamento oggett o del presente giudizio, integrativo del precedente, non ha specificato alcunché in ordine a modalità e tempi della segnalazione della ditta fornitrice come «soggetto ‘cartiera’», contravvenendo in tal modo ad un suo preciso onere motivazionale dell’a tto impositivo che, pertanto, alla stregua dei principi sopra enunciati, deve ritenersi nullo.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge 212/2000 e dell’art. 24 Cost. per non avere i Giudici di seconde cure rilevato la violazione dell’obbligo di motivazione e in particolare di allegazione gravante sull’RAGIONE_SOCIALE entrate nell’emissione dell’avviso di accertamento impugnato, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.».
Con il terzo motivo deduce la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 7, comma 5 -bis del d.lgs. 546/92, anche con riferimento agli artt. 24 e 97 Cost., per non avere i Giudici di seconde cure rilevato la violazione dell’onere della prova gravante sull’RAGIONE_SOCIALEia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.».
Con il quarto motivo deduce la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per non avere i Giudici di seconde cure rilevato l’adempimento dell’onere della prova da parte della Società contribuente, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c .p.c.».
Tali motivi restano assorbiti dall’accoglimento del primo che comporta la cassazione della sentenza impugnata senza necessità di
rinvio in quanto, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente.
La controricorrente, rimasta soccombente, va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente. Condanna la controricorrente al pagamento in favore della ricorrente RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre spese, per il primo grado di giudizio, euro 3.500,00 per compensi oltre spese per il secondo grado di giudizio ed in euro 2.400,00 per compensi, ed euro 200,00 per esborsi per il presente giudizio di legittimità, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME