Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32331 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32331 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26591 -20 22 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata
– ricorrente –
contro
DAL RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti NOME COGNOME e NOME COGNOME questi ultimi anche in proprio quali soci accomandatari della predetta società, rappresentati e difesi, giusta procura speciale in atti, dagli avv.ti NOME COGNOME EMAIL, NOME COGNOME (avvEMAIL e NOME Luigi
Oggetto: TRIBUTI -avviso di accertamento integrativo
COGNOME (egEMAIL, ed elettivamente domiciliati presso lo studio legale dei predetti difensori, sito in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 234/01/2022 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della SARDEGNA, depositata in data 04/04/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 8 ottobre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate, sulla scorta delle risultanze emerse in sede di verifica fiscale a carico della RAGIONE_SOCIALE, emetteva nei confronti della predetta società nonché dei soci accomandatari per i redditi di partecipazione nella predetta società, ex art. 5 TUIR, avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2007 e 2008, tutti definiti con adesione.
1.1. Successivamente, in data 22/06/2015 emetteva un avviso di accertamento integrativo per l’anno 2007 nei confronti della predetta società per recupero a tassazione dell’IVA relativa alla fattura n. 65 del 10/08/2007 emessa dalla RAGIONE_SOCIALE, che l’amministrazione finanziaria riteneva indebitamente detratta in quanto relativa ad operazione inesistente.
1.2. La società impugnava l’avviso di accertamento integrativo dinanzi alla CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Cagliari che l’annullava rilevando la decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere accertativo ex art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 e l’illegittimità dell’accertamento integrativo in difetto della conoscenza di nuovi elementi di rilevanza fiscale.
1.3. Investita dell’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della
Sardegna con la sentenza in epigrafe indicata accoglieva il primo motivo di appello ritenendo nella specie sussistenti i presupposti per il raddoppio dei termini di accertamento, ma confermava la statuizione di primo grado quanto all’insussistenza sub specie della novità degli elementi posti a giustificazione dell’emissione di un avviso di accertamento integrativo.
1.4. Sostenevano i giudici di appello quanto segue:
« Alla pagina 4 di tale atto si afferma che nel corso dei controlli emergeva che la soc. Dal Corsaro intratteneva rapporti con la soc. RAGIONE_SOCIALE che era stata esaminata la fattura di questa società n. 65 del 10/08/2007, riscontrando le anomalie derivanti dalla contabilizzazione pagamento della sola IVA per € 44.000,00 in data 10/08/2007 e dal pagamento dell’imponibile di € 220.000,00 nel febbraio 2008.
L’avviso di accertamento, alla pagina 6, afferma che, stante tali anomalie, venivano svolte indagini finanziarie nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e dei suoi soci nel 2007 e nel 2008. L’Ufficio afferma di aver emesso l’accertamento per l’anno 2007, o ggetto di adesione, e di aver rimandato in seguito la lavorazione del 2008, con emissione di accertamento anche per tale anno, anche esso definito con adesione. Alle pagine 6 e 7, l’avviso di accertamento integrativo, afferma che nel corso del contraddittorio per i primi due accertamenti, era emerso che la Sig.ra NOME COGNOME socia della RAGIONE_SOCIALE, nel 2008 aveva ricevuto la somma di € 150.000,00 giustificata come prestito dal Sig. NOME COGNOME del quale vi erano indizi che fosse socio dal 50% della soc. RAGIONE_SOCIALE
La stessa Sig.ra COGNOMEsi legge a pag. 8 dell’avviso di accertamento), con bonifici del 28/02/2008 e del 29/02/2008 di € 70.000,00 ciascuno a favore della soc. RAGIONE_SOCIALE con
causale futuro aumento di capitale, riversava detta somma nelle casse della società.
In questa sede la Commissione non vuole giudicare il merito di tale complessa ricostruzione indiziaria, oggetto delle questioni riproposte dalla appellata, ma evidenziare che gli elementi che l’Agenzia pone alla base dell’accertamento integrativo, non eran o nuovi, ma erano ben noti alla stessa, perché acquisiti nelle indagini finanziarie e nel relativo contraddittorio posto in essere prima dell’emanazione degli avvisi di accertamento degli anni 2007 e 2008, oggetto di adesione ».
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimat a con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente deduce , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., «per aver il Collegio regionale fondato la decisione su prove reputate esistenti, ma in realtà mai offerte in atti, in relazione al profilo della conoscenza da parte dell’Agenzia, già al momento del primo accertamento relativo all’annualità 2007, del bonifico ricevuto dalla sig.ra COGNOME nel 2008, elemento a partire del quale l’Amministrazione provvedeva alle ult eriori verifiche che determinavano l’emissione dell’accertamento integrativo oggetto del primo giudizio . Al contrario, nell’accertamento integrativo, si dà atto del fatto che la notizia dell’addebito in conto corrente della fattura 65/2007 era, in verità, emerso solo con l’esame dei movimenti bancari della società e della socia COGNOME effettuati ai fini della verifica dell’annualità 2008, mentre, sulla scorta del primo esame relativo a detta fattura, svolto in occasione
dell’accertamento per il 2007, anno in cui la stessa risultava contabilizzata, non erano emerse irregolarità».
1.1. «La sentenza d’appello, quindi, è frutto di un evidente travisamento del contenuto dell’accertamento integrativo, in quanto, si ribadisce, alle pagg. da 4 a 6, l’Amministrazione non afferma che le anomalie sui pagamenti della fattura 65/2007 avevano portat o all’attivazione delle indagini bancarie.
1.2. Parimenti infondata è anche l’affermazione, con la quale il Giudice osserva che: ‘ Alle pagine 6 e 7, l’avviso di accertamento integrativo, afferma che nel corso del contraddittorio per i primi due accertamenti, era emerso che la Sig.ra NOME COGNOME socia della RAGIONE_SOCIALE, nel 2008 aveva ricevuto la somma di € 150.000,00 giustificata come prestito dal Sig. NOME COGNOME del quale vi erano indizi che fosse socio del 50% della soc. RAGIONE_SOCIALE
Invero, nelle pagine 6 e 7 non si ricava in alcun modo quanto sostenuto dal Collegio.
Al contrario, nelle motivazioni dell’atto integrativo si afferma che i contraddittori che hanno rivelato l’esistenza del bonifico di € 150.000,00 sono stati quelli effettuati sul c/c 2008 della Sig.ra COGNOME. Anche in questo caso il giudice non ha compreso che non si trattava dei primi contraddittori finalizzati all’emissione dell’atto originario, ma di quelli successivi ».
Con il secondo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la CTR affermato l’assenza dei presupposti per procedere ad accertamento integrativo, oltre che la loro mancata indicazione nel provvedimento impositivo. Sostiene la ricorrente che al momento del l’emissione dell’avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2007 l’amministrazione finanziaria non aveva elementi per su pporre l’inesistenza delle operazioni commerciali di cui si è detto, posto che
ciò si è verificato solo nel 2013 a seguito dell’esame delle risultanze delle movimentazioni bancarie relative all’anno 2008 (anno in cui era stato effettuato il predetto bonifico di 150.000,00 euro, «costituente l’elemento nuovo ai sensi dell’art. 57» – ricorso, pag. 29) e dei contraddittori con le parti «svolti nel 2013, per il 2008».
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro intrinseca connessione, non incorrono nei vizi di inammissibilità dedotti dalla controricorrente; sicuramente non per cd. doppia conforme di merito, essendo stati correttamente dedotti un error in procedendo (con il primo motivo) ed un error in iudicando (con il secondo motivo), i quali, peraltro, non impingono affatto un riesame nel merito della vicenda processuale quanto, piuttosto, la corretta applicazione, sulla base di elementi probatori concretamente sussistenti e non travisati, della disposizione che consente l’emanazione di atti impositivi integrativi di altro precedentemente emesso per la medesima annualità d’imposta.
I motivi sono comunque inammissibili per difetto di specificità e sono altresì infondati per le ragioni di seguito indicate.
Sono inammissibili perché la ricorrente fa riferimento a circostanze e fatti di cui nulla specifica o chiarisce nel ricorso, come avrebbe dovuto ai fini della corretta intellegibilità delle censure proposte. Ci si riferisce, in particolare, alla circostanza che l’Agenzia delle entrate nell’avviso di accertamento integrativo fa riferimento (par. 4.2. di pag. 13) ad «indagini finanziarie e controlli contabili verso la RAGIONE_SOCIALE» da cui erano emersi elementi che avevano fatto emergere nuovi elementi a carico della RAGIONE_SOCIALE, ma non viene affatto specificato, nel ricorso, ma nemmeno nell’atto impositivo, se si tratta delle indagini fiscali di cui all’accesso mirato del 29/09/2010 (par. 2 dell’avviso di accertamento integrativo), quindi in epo ca antecedente all’emissione degli originari avvisi di accertamento, o di altra e diversa verifica.
Analogamente è a dirsi per quanto riguarda i contraddittori con le parti. Al riguardo la ricorrente sostiene, a pag. 24 del ricorso, che «nelle motivazioni dell’atto integrativo si afferma che i contraddittori che hanno rivelato l’esistenza del bonifico di € 150.000,00 sono stati quelli effettuati sul c/c 2008 della Sig.ra COGNOME. Anche in questo caso il giudice non ha compreso che non si trattava dei primi contraddit tori finalizzati all’emissione dell’atto originario, ma di quelli successivi». Di tale circostanza, però, non vi è in atti alcuna evidenza, non avendo la ricorrente allegato al ricorso o riprodotto al suo interno il contenuto dei contraddittori a dimostrazione della tesi sostenuta.
5.1. Non può, peraltro, sottacersi che, diversamente da quanto sostenuto dalla parte ricorrente, non è solo la conoscenza di quel bonifico che può integrare l’elemento di novità idoneo a giustificare l’emissione di un avviso di accertamento integrativo, dovendo si invece avere riguardo alle fonti e ai dati di conoscenza dell’inesistenza dell’operazione commerciale, che, per come si dirà in prosieguo, era già pienamente emersa all’esito delle verifiche fiscali e bancarie condotte nei confronti delle due società in epoca precedente all’emissione dell’originario avviso di accertamento.
Ciò detto in punto di inammissibilità dei motivi, nel merito pare opportuno preliminarmente precisare che in materia di imposte dirette, l’art. 43, comma quarto, stabilisce che «fino alla scadenza del termine stabilito dai commi precedenti, l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte».
6.1. In materia di IVA, l’art. 57, quarto comma, dispone che «fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti, le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi».
6.2. Le predette disposizioni costituiscono deroga al principio di tendenziale unicità che connota gli accertamenti fiscali (Cass. n. 27788 del 2020, par. 2.3) e che non ammette accertamenti cd. ‘a singhiozzo’ e regolano una fattispecie diversa da quella di cui agli artt. 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, e 54, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, che disciplinano, rispettivamente in materia di imposte dirette e di IVA, il cd. accertamento parziale.
6.3. Orbene, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, cui va dato seguito, l’amministrazione finanziaria, dopo aver effettuato un primo accertamento nei confronti del contribuente, può procedere ad un accertamento ulteriore, per il medesimo periodo di imposta, nei termini di decadenza previsti dalla legge, purché questo sia fondato su fonti diverse da quelle poste a base del primo o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’ente impositore, sia ad esso sopravvenuta. Al riguardo si è affermato che “L’amministrazione può emettere un avviso di accertamento integrativo sulla base della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, non della semplice rivalutazione o del maggiore approfondimento di dati probatori già interamente noti all’ufficio al momento dell’emissione dell’avviso originario”. (Cass. 30.10.2018, n. 27565; ibidem ,03.06.2015, n. 11421; ibidem ,15.01.16, n. 576; ibidem ,03.04.13, n. 8029). La sopravvenienza dei “nuovi elementi” , che gli artt. 43, D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, del D.P.R. 633/1972 richiedono affinché sia possibile procedere legittimamente a un accertamento integrativo, va riferita ad atti o fatti effettivamente e obbiettivamente sconosciuti all’Ufficio impositore al
momento della emissione dell’avviso originario. I nuovi elementi, quindi, non possono in alcun modo afferire a materiale probatorio già acquisito dall’Ufficio nel corso dell’avviso originario. Infatti, se gli stessi fossero stati già raccolti in occasione del primo controllo fiscale, verrebbe meno il requisito della novità e si tratterebbe di una mera rivalutazione di elementi già noti. Tuttavia, tale modus operandi è precluso all’Ufficio dal precitato principio.
Venendo, quindi al caso in esame, la ricorrente sostiene nel primo motivo (pag. 16 del ricorso) che, secondo la Corte territoriale, l’Agenzia delle entrate , con riferimento all’operazione commerciale intercorsa tra la società contribuente, la sua socia COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE «già al momento del primo accertamento relativo all’annualità 2007» era venut a a conoscenza «del bonifico ricevuto dalla sig.ra COGNOME nel 2008», che aveva costituito l’« elemento a partire del quale l’Amministrazione provvedeva alle ulteriori verifiche che determinavano l’emissione dell’accertamento integrativo oggetto del primo giudizio». Sostiene che non vi era in atti alcunché che giustificasse un simile convincimento sicché i giudici di appello avevano «fondato la decisione su prove reputate esistenti, ma in realtà mai offerte in atti».
Anche a voler prescindere dalla non chiarissima formulazione della censura, in cui si fa peraltro riferimento ad un avviso di accertamento integrativo oggetto di un non meglio specificato «primo giudizio», il motivo è inammissibile perché la circostanza ivi dedotta è del tutto irrilevante ai fini della decisione in quanto, a tutto voler concedere, la conoscenza dell’esistenza di un bonifico a favore della socia COGNOME è comunque intervenuta nel corso dell’attività accertativa che aveva dato luogo all’em issione dei primi avvisi di accertamento. Infatti è la stessa Agenzia delle entrate a dare atto nell’avviso di accertamento, allegato al ricorso,
che «nel corso dei controlli» a seguito dei quali erano stati emessi gli avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2007 e 2008 era «stato appurato che nelle annualità 2007, 2008 e 2009 la RAGIONE_SOCIALE intrattenuto rapporti commerciali con la RAGIONE_SOCIALE», che «dalla contabilità della RAGIONE_SOCIALE» erano emerse «modalità e tempistiche di pagamento» apparse incongruenti ma comunque formalmente regolari, e che solo a seguito delle indagini bancarie, espletate «successivamente alla chiusura della verifica» fiscale (avviso di accertamento, pag. 4) e dei «contraddittori, tenuti al fine di consentire alla parte di fornire le giustificazioni sulle movimentazioni finanziarie oggetto di indagine, stati raccolti elementi che fatto nascere forti sospetti sulla realtà sottostante le operazioni poste in essere tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE» (pagg. 6 e 7).
8.1. In buona sostanza, l’amministrazione finanziaria già nel corso della prima verifica fiscale nei confronti della società e della successiva verifica effettuata sui movimenti bancari della predetta società e dei suoi soci aveva avuto il sospetto della irregolarità dell’operazione commerciale intercorsa tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, documentata dalla fattura n. 65/2007, tanto è vero che aveva avvertito la necessità di eseguire un accesso mirato proprio nei confronti di tale ultima società, finalizzato ad «acquisire ulteriori informazioni e documentazione sulle operazioni commerciali poste in essere tra le due società» (così al par. 4.2. di pag. 5 dell’avviso di accertamento). Accertamento «del 29/09/2010» conclusosi in epoca precedente all’emissione dei primi avvisi di accertamento.
8.2. Non solo; è la stessa amministrazione finanziaria a sostenere nell’atto impositivo integrativo di avere, sulla base di proprie autonome valutazioni (per «gli ingenti importi in
questione»), «ritenuto opportuno procedere alla lavorazione delle indagini finanziarie per le suddette annualità in momenti differenti», provvedendo alla «lavorazione» dei movimenti finanziari relativi all’anno 2008 «solo in un secondo momento», quando cio è gli avvisi di accertamento relativi all’anno 2007 erano già stati emessi e notificati; di aver attivato i contraddittori con le parti con riferimento agli accertamenti effettuati sui conti correnti della società e dei soci per le annualità 2007 e 2008 prima di emettere i primi avvisi di accertamento; di avere, nel corso di detti contraddittori, raccolto «elementi che fatto nascere dei sospetti sulla realtà sottostante le operazioni poste in essere tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE», ma di averne tralasciato l’esame per concentrarsi su quelli relativi all’anno 2007 tanto da aver esaminato «i movimenti finanziari del 2008 comunicati dagli intermediari interessati», solo «successivamente alla chiusura dei controlli relativi all’ann ualità 2007»; che solo esaminando quelli del 2008, « emersi elementi che gettavano nuova luce sull’operazione posta in essere tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE», facendo «sorgere forti sospetti sull’operazione commerciale in argome nto» e che «Il reale intendimento delle parti cominciato, tuttavia, a delinearsi una volta esaminate le dinamiche finanziarie dell’operazione».
Orbene, tali affermazioni rendono evidente che l’amministrazione finanziaria già a seguito delle indagini bancarie effettuate nei confronti della società contribuente e dei soci e dei concomitanti accertamenti fiscali svolti nei confronti della RAGIONE_SOCIALE , tutti antecedenti all’emissione de gli avvisi di accertamento, era venuta a conoscenza, anche all’esito dei contraddittori che la stessa Agenzia sostiene di aver espletato con le parti, di elementi che lasciano presumere l’irregolarità non solo formale, come inizialmente aveva ipotizzato, ma anche sostanziale,
tanto da aver avvertito la necessità di estendere ed espletare la verifica alla RAGIONE_SOCIALE, ma sempre in epoca antecedente ai primi avvisi di accertamento del 2007 e 2008. Per come esplicitato a pag. 7 dell’avviso di accertamento integrativo, l’amministrazione finanziaria già a quell’epoca era in possesso di elementi di irregolarità fiscale dell’operazione intercorsa tra la società contribuente e la RAGIONE_SOCIALE
9.1. L’Agenzia delle entrate era infatti a conoscenza :
del versamento bancario di 150.000,00 euro effettuato a favore di NOME COGNOME, socia della RAGIONE_SOCIALE e moglie del legale rappresentante di tale società, da parte di NOME COGNOME che, seppur indicato come «amico di famiglia», si era accertato già a quell’epoca, attraverso «diverse ricerche, anche tramite l’ausilio di internet» (nota 4 di pag. 7 dell’atto impositivo integrativo), essere il rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE (qualifica in realtà risultante dalla banca dati della camera di commercio);
del fatto che, con riferimento alla fattura n. 65/2007 della RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE aveva versato l’importo corrispondente all’IVA nel 2007 e l’imponibile nel 2008;
del fatto che, contestualmente al pagamento del saldo, la RAGIONE_SOCIALE riceveva dal Lucchi il finanziamento di cui si è detto sopra;
del fatto che la liquidità relativa a tale finanziamento non era transitata nelle casse societarie ma, dapprima, nel conto corrente personale della COGNOME e solo successivamente da questa versato alla società con due bonifici di 70.000,00 euro a titolo di futuro aumento del capitale.
9.2. Trattasi di circostanze solo confermate dalla successiva attività istruttoria espletata dall’amministrazione finanziaria con la conseguenza, del tutto evidente, che l’avviso di accertamento integrativo non era fondato su fonti diverse da quelle già in
possesso dell’amministrazione finanziaria e che quelli esposti nell’avviso di accertamento integrativo non sono affatto elementi probatori sopravvenuti all’emissione degli atti impositivi originari ma soltanto frutto di accertamenti soltanto confermativi di quegli già in possesso dell’amministrazione finanziaria , successivamente soltanto approfonditi (cfr. Cass. 30.10.2018, n. 27565, sopra citata). È sufficiente al riguardo osservare che l’Agenzia delle entrate, con riferimento agli accertamenti successivi all’emissione degli originari avvisi di accertamento, indica le indagini finanziarie (par. 4.2. dell’avviso di accertamento integrativo) compiute n ei confronti della RAGIONE_SOCIALE ovvero quelle effettuate nel 2010, non avendo peraltro specificato, né nell’avviso impugnato né nel ricorso (che, come già sopra detto, sul punto difetta di specificità), se si trattasse di nuova e diversa verifica.
In definitiva, le complessive considerazioni svolte inducono a rigettare il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.800,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 8 ottobre 2024