Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30023 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30023 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7845 -2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, per procura speciale in atti, dall’AVV_NOTAIO , con domicilio digitale come in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4807/06/2021 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata in data 26/10/2021;
Oggetto:
TRIBUTI – CTD
(centro trasmissione dati)
–
motivazione avviso
accertamento –
regolarizzazione fiscale ai
sensi della L. n. 190 del 2014,
art. 1, comma 643
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. L’RAGIONE_SOCIALE, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un p.v.c. redatto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e concernente l’imposta unica sui concorsi pronostici e scommesse di cui al d.lgs. n. 504 del 1998, relativa all’attività di raccolta di scommesse effettuata dalla predetta società sul territorio dello RAGIONE_SOCIALE italiano negli anni 2012, 2013 e 2014, emetteva un avviso di accertamento per il recupero di detta imposta con riferimento all’anno 2013, nei confronti di NOME COGNOME, titolare del cd. RAGIONE_SOCIALE (Centro trasmissione dati), coobbligato solidale con la predetta società.
2. La CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Roma rigettava il ricorso proposto dal contribuente e la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Lazio, con la sentenza in epigrafe indicata, rigettava l’appello sostenendo che «l’articolo 24, comma 8, del decreto-legge n. 88/2011, convertito nella legge n. 111/2001, prevede che l’ufficio dell’RAGIONE_SOCIALE procede alla rettifica e all’accertamento dell’imposta dovuta sulle scommesse anche utilizzando metodologie induttive di accertamento. Nella specie l’RAGIONE_SOCIALE ha considerato congruo l’accertamento compiuto dalla Guardia di Finanza che ha utilizzato, in primo luogo, i supporti informatici forniti dalla società estera SKS RAGIONE_SOCIALE, cui l’appellante faceva riferimento, da cui emergeva l’ammontare RAGIONE_SOCIALE giocate effettuate anche nel punto vendita gestito dall’appellante, oltre al valore della raccolta media della provincia desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale. Si tratta di elementi di conoscenza cui anche il contribuente poteva su richiesta accedere. Il contribuente non ha fornito prova contraria all’accertamento operato dall’Ufficio in quanto i soli movimenti sul proprio conto corrente, peraltro in mancanza di un conto riferito alle sole movimentazioni relative all’attività in questione, non si ritengono
idonei a tale scopo. Da quanto accertato dalla Gd.F emerge, infine, la circostanza che, indipendentemente dalla cancellazione dalla camera di commercio, il contribuente di fatto ha continuato a svolgere l’attività in questione per tutto il 2013».
Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di cassazione il ricorrente deduce la «Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 del c.p.c. (artt. 360, comma 1, n. 4), del c.p.c. e 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992)», per omessa pronuncia sul motivo di appello con cui aveva dedotto la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per difetto di motivazione, in violazione dell’art. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000, stante l’omessa allegazione sia al p.v.c. «trasmessogli per conoscenza il 19.9.2018», sia all’att o impositivo «dei documenti da cui risulterebbe il complessivo elenco dei “Punti di raccolta” in riferimento ai quali la RAGIONE_SOCIALE si era avvalsa, rispetto agli anni precedenti al 2015 (tra cui il 2013), della procedura di regolarizzazione fiscale prevista per l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse dagli artt. 1, comma 643, della Legge n. 190 del 2014 e 1, comma 926, della Legge n. 208 del 2015, di cui si dava notizia alle pagine 159, 160, 161 e 169 del processo verbale di constatazione e alle pagine 8, 9 e 10 dell’avviso di accertamento impugnato».
1.1. Il motivo, seppur fondato, in quanto la sentenza impugnata non contiene alcuna statuizione sul motivo di appello con cui il contribuente aveva dedotto il difetto di motivazione dell’atto impositivo, non può essere accolto.
1.2. Invero, l’accoglimento del motivo di ricorso per nullità della sentenza impugnata non comporta la necessità di cassare con rinvio la sentenza stessa, affinché il giudice di merito si pronunci sulla questione di merito, oggetto del secondo motivo di ricorso (di cui si dirà in seguito),
giacché, sul presupposto del difetto della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, trattandosi di questione di puro diritto, la Corte può statuire sulla medesima, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., in ossequio al principio giurisprudenziale secondo cui «Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ., ispirata a tali principi, una volta dichiarata la nullità – con conseguente cassazione – della sentenza impugnata (nella specie, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo), la Corte di cassazione, qualora sia posta, con altro motivo di ricorso, una questione di mero diritto e su di essa si sia svolto il contraddittorio e non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, può direttamente decidere la causa nel merito, attuando il previsto rimedio impugnatorio di carattere sostitutivo» (Cass. n. 24914 del 2011).
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la medesima questione posta con il primo motivo ma sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di legge, per la precisione degli artt. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione.
2.1. Il motivo è infondato e va rigettato.
2.2. Rilevante nel caso di specie è la circostanza, ammessa e documentata dallo stesso ricorrente, di aver cessato l’attività, anche di centro di trasmissione dati per conto della coobbligata RAGIONE_SOCIALE a far data dal 10 giugno 2013.
2.3. Orbene, tale circostanza rende evidente che la predetta società, aderendo alla procedura di cui agli artt. 1, comma 643, della legge n. 190 del 2014 e 1, comma 926, della Legge n. 208 del 2015 (entrambe successive alla cessazione di attività da parte del RAGIONE_SOCIALE), non avrebbe mai potuto regolarizzare nel 2014 la posizione fiscale del ricorrente difettando uno dei presupposti, ovvero che il CDT fosse attivo alla data del 30/10/2014.
2.4. In tal senso è, peraltro, la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui «In tema di regolarizzazione fiscale ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 643, (legge di stabilità per l’anno 2015), finalizzata all’emersione e all’inserimento nel circuito legale dei “soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014” che offrono scommesse con vincite in Italia per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dei RAGIONE_SOCIALE, la relativa istanza può essere presentata anche dal solo bookmaker estero operante in Italia, tramite “centri di trasmissione dati” (CTD), senza concessione, purché: 1) alla data del 30 ottobre 2014 sia attivo il CTD; 2) la domanda di emersione riguardi lo specifico centro in quanto incluso nella rete del bookmaker estero, con adesione del singolo CTD quantomeno per gli adempimenti ad esso pertinenti; 3) siano adempiute le condizioni previste ex lege ai fini del perfezionamento della procedura (pagamento RAGIONE_SOCIALE somme richieste, rilascio della licenza di polizia e collegamento al totalizzatore nazionale)» (Cass., 9 febbraio 2022, nn. 4064, 4066 e 4067; Cass., 8 febbraio 2022, n. 3866; Cass., 1° febbraio 2022, n. 2936)» (così in Cass. n. 7673/2025).
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la «Violazione o falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, della Legge 27.7.2000, n. 212 e 24, commi 1 e 2, della Costituzione, sostenendo che aveva errato la CTR a non dichiarare la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per omessa allegazione allo stesso «dei documenti che la RAGIONE_SOCIALE aveva fornito durante la propria verifica fiscale e dei dati registrati nel totalizzatore nazionale nell’anno 2013 (costituenti l’allegato n. 115 del PVC), richiamati in motivazione giacché utilizzati dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza per quantificare le scommesse raccolte nell’anno 2013 dal “Punto di raccolta” gestito dal contribuente e, quindi, la “base imponibile” indicata nel medesimo avviso (pagine 38-50)».
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Va premesso preliminarmente che al ricorrente è stato trasmesso il processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F. nei confronti della coobbligata RAGIONE_SOCIALE, posto a base dell’avviso di accertamento impugnato.
3.3. Ciò detto, va innanzitutto ricordato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento è soddisfatto ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur” (cfr. Cass. n. 730/2025, n. 29845/2024 e n. 9008/2017).
3.4. Ciò precisato, si osserva che l ‘orientamento giurisprudenziale in materia di motivazione degli atti impositivi per relationem , che è la fattispecie che ci occupa, è nel senso che l’obbligo legale di motivazione degli atti tributari può essere assolto per relationem , tramite il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale – per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente (ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale) di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento – o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione (Cass. n. 6914 del 2011; Cass., n. 13110 del 2012; Cass. n. 4176 del 2019; Cass., n. 29968 del 2019; Cass. n. 593 del 2021; Cass. n. 33327 del 2023). Questo orientamento, avente riscontro normativo nell’art. 42, comma 2, ultimo periodo, d.P.R. n. 600 del 1973, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, secondo
cui «Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale», trova ulteriore conferma nella novella di cui al d.lgs. n. 219 del 2023 che ha modificato l’art. 7 della l egge n. 212 del 2000 stabilendo, al comma 1, che « Gli atti dell’amministrazione finanziaria, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, sono motivati, a pena di annullabilità, indicando specificamente i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, che non è già stato portato a conoscenza dell’interessato lo stesso è allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale e la motivazione indica espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell’atto richiamato si ritengono sussistenti e fondati ».
3.5. Nei sensi sopra indicati si è espressa Cass. n. 8016/2024, che ha, altresì, affermato che «nel processo tributario, ai fini della validità dell’avviso di accertamento non rilevano l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente se la motivazione, anche se resa per relationem , è comunque sufficiente, dovendosi distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova».
3.6. Si è, inoltre, affermato che «in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212) va inteso in necessaria correlazione con la finalità “integrativa” RAGIONE_SOCIALE ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone l’art. 3, comma 3, legge 7 agosto 1990, n. 241: il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto
viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia, rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore “narrativo”), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso sotto tale profilo, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione» (Cass. n. 2614 del 10/02/2016; Cass. n. 26683 del 18/12/2009; v. anche Cass. n. 24417 del 05/10/2018).
3.7. Nel caso di specie, l’avviso di accertamento impugnato, allegato al ricorso, è ampiamente motivato in relazione a tutti gli elementi essenziali fondanti la pretesa tributaria con la conseguenza che la parte, come peraltro concretamente dimostrato in giudizio, ha avuto la concreta possibilità di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”.
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., per non avere la CTR rilevato che l’amministrazione doganale non aveva fornito la prova della propria pretesa.
4.1. Il ricorrente premette che l’amministrazione doganale non aveva prodotto in giudizio gli allegati contenenti l’elenco dei 990 ‘Punti di raccolta’ italiani per i quali la RAGIONE_SOCIALE non aveva proceduto alla regolarizzazione fiscale ex legge n. 190/2014 , né la “nota” del 31.10.2018, prot. n. NUMERO_DOCUMENTO, emessa dall’RAGIONE_SOCIALE contenente l’indicazione degli ulteriori “Punti di raccolta” per i quali la predetta società aveva invece aderito alla sanatoria fiscale. Sostiene, quindi, che l’Ufficio, nell’omettere la produzione di tali documenti è venuto meno all’onere di provare che il
potere impositivo è stato esercitato in modo legittimo, in quanto Esso avrebbe dovuto dimostrare documentalmente che la RAGIONE_SOCIALE non aveva inserito il “Punto di raccolta” gestito dal contribuente tra quelli per i quali ha fatto ricorso alla procedura di regolarizzazione fiscale prevista per l’imposta unica sui concorsi, pronostici e scommesse da dall’art. 1, comma 643, della Legge n. 190 del 2014 e dall’art. 1, comma 926, della Legge n. 208 del 2015.
4.2. La censura in esame è infondata per le ragioni addotte esaminando il secondo motivo di ricorso circa l’inapplicabilità della procedura di regolarizzazione fiscale prevista dalla legge n. 190 del 2014 con riferimento alla ditta del ricorrente in quanto precedentemente cessata.
4.3. Nel motivo in esame il ricorrente lamenta, inoltre, che la CTR aveva erroneamente omesso di rilevare che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate non aveva provato la legittimità della pretesa azionata con l’atto impositivo in quanto aveva omesso di produrre in giudizio gli «elementi documentali (supporti informatici DVD)» forniti dalla RAGIONE_SOCIALE alla Guardia di Finanza durante la verifica fiscale condotta nei confronti della predetta società e i «dati registrati nel totalizzatore nazionale», con riferimento ai quali l’amministrazione doganale aveva quantificato la raccolta di scommesse e calcolato la base imponibile accertata in capo al contribuente per il periodo di imposta 2013.
4.4. Anche tale censura è infondata.
4.5. Questa Corte, rilevando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 644, lett. g), della l. n. 190 del 2014, in relazione agli artt. 3, 24, 53 e 97 Cost., posta in tema di imposta unica sulle scommesse, ha affermato che «per i soggetti di cui al comma 643, che non aderiscono al regime di regolarizzazione ovvero che, pur avendo aderito, ne sono decaduti, la determinazione dell’imposta su di un imponibile forfetario, coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio o il punto di raccolta, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale per il periodo
d’imposta antecedente a quello di riferimento, con l’aliquota massima stabilita dall’art. 4, comma 1, lett. b), n. 3.1), del d.lgs. n. 504 del 1998, corrisponde a un criterio ragionevole, attesa la posizione di ampio favore degli operatori non autorizzati rispetto agli operatori della rete legale e l’impossibilità di ricostruire la raccolta totale realizzata da questi soggetti, per mancato collegamento al totalizzatore nazionale dell’RAGIONE_SOCIALE, e realizza un accertamento induttivo su base presuntiva, che non esclude la prova contraria da parte del contribuente circa l’effettivo ammontare RAGIONE_SOCIALE giocate effettuate, sicché sono garantite le esigenze di difesa, di corrispondenza tra imposizione e capacità contributiva e di imparzialità dell’azione amministrativa» (Cass. n. 7673/2025).
4.6. Ed è allora evidente l’infondatezza del motivo che non si misura con il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale, in ipotesi di accertamento induttivo su base presuntiva condotto nei confronti di soggetto non collegato al totalizzatore nazionale e che, quindi, opera del tutto contra legem , l’amministrazione può fondare l’accertamento su presunzioni, anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ovvero sulla base dei dati e RAGIONE_SOCIALE notizie comunque raccolti o di cui sia venuta a conoscenza, essendo il contribuente tenuto a dimostrare -con inversione dell’onere della prova che l’imponibile accertato non è stato conseguito o è stato conseguito in misura inferiore rispetto a quella indicata mediante l’atto impositivo (cfr., ex multis , Cass. n. 8749/2025).
4.7. Ne discende, in buona sostanza, che la mancata allegazione dei documenti indicati dal contribuente, quando, come nel caso di specie, l’amministrazione doganale ha indicato nell’atto impositivo gli elementi utilizzati per la determinazione del ‘quantum’, è circostanza del tutto irrilevante.
Con il quinto motivo il ricorrente deduce due diverse censure proposte ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
5.1. Con la prima deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. n. 546 del 1992, 132, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., 118 RAGIONE_SOCIALE disposizioni attuative del cod. proc. civ. e 111, sesto comma, Cost., in relazione all’affermazione dei giudici di appello secondo cui « i soli movimenti sul proprio conto corrente, peraltro in mancanza di un conto riferito alle sole movimentazioni relative all’attività in questione, non si ritengono idonei a tale scopo ».
5.2. La censura è manifestamente infondata in quanto la motivazione della sentenza d’appello , in relazione alla questione RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie, è assolutamente comprensibile e logica là dove esclude (non importa se correttamente o meno, non essendo questa la questione posta nella censura in esame) che il contribuente abbia fornito prova contraria idonea a vincere la presunzione legale posta dalle disposizioni in materia di accertamenti bancari anche per il rilievo che il conto corrente bancario su cui erano stati effettuati quei movimenti non attenevano esclusivamente all’attività svolta dal ricorrente quale CTD.
5.3. Con la seconda censura deduce la nullità della sentenza per travisamento della prova ex art. 115 cod. proc. civ., per avere i giudici di appello erroneamente ritenuto che il contribuente aveva svolto attività fino a tutto il 2013, pur essendo pacifico che la stessa era cessata il 10 giugno 2013, avendo erroneamente ritenuto che ciò emergesse «da quanto accertato dalla G.d.F.».
5.4. La censura è inammissibile.
5.5. Va premesso che le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente affermato che «Il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto
probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una RAGIONE_SOCIALE parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale» (Cass., Sez. U, n. n. 5792 del 05/03/2024, Rv. 670391 – 01).
5.6. Nella specie è stato denunciato un error in procedendo , avendo la ricorrente fatto espresso riferimento al vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dedotto la nullità della sentenza impugnata, con la conseguenza che il motivo è inammissibile.
Con il sesto motivo viene dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, e precisamente della cessazione dell’attività il 10 giugno 2013 ; fatto che il ricorrente sostiene emergeva dai documenti che aveva prodotto in giudizio.
6.1. Il motivo è inammissibile perché formulato in violazione del disposto di cui all’art. 348 -ter cod. proc. civ., ora 360, quarto comma, cod. proc. civ., vertendosi nella specie in ipotesi di doppia pronuncia di merito conforme in relazione al profilo dedotto, peraltro senza che il ricorrente abbia assolto l’onere di indicare i profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura proposta (cfr. Cass. n. 26774 del 2016, n. 5528 del 2014 e, più recentemente, Cass. n. 5947 del 2023).
Concludendo, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 18 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME