Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26186 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26186 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37390/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp.te pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore ; -intimata- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 2699/2019, depositata l’ 8 maggio 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’ 8 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
–RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento n. RCH030100649/2009 per IRES, IRAP e IVA per l’ anno d’imposta 2006, con cui veniva determinato dall’Ufficio fiscale la rettifica dei ricavi da euro 630.711,00 a euro 1.035.282,00. Tale accertamento seguiva al processo verbale emesso a seguito di una verifica generale. I funzionari dell’Agenzia delle entrate avevano ricostruito induttivamente il reddito partendo dalle quantità di materia prima acquistata dal ristorante per poi determinare la quantità media utilizzata per ogni piatto, per giungere, infine, alla stima del numero di portate che la ricorrente avrebbe dovuto teoricamente produrre con tale materia prima. A tale numero di portate venivano poi applicati i prezzi determinati sulla base del listino prezzi del menù dell’anno 2006 e di quelli dichiarati dalla ricorrente nel processo verbale del 23 settembre 2006, al fine di quantificare i potenziali ricavi.
Con sentenza n. 480/01/10 la Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso.
La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza della n. 275/10/11, depositata il 20 ottobre 2011, accoglieva l’appello.
Con ordinanza della Corte di cassazione del 9 agosto 2017 n. 19822, la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 275/10/11 veniva cassata, in quanto trattata in pubblica udienza su istanza della controparte che non fu notificata alla contribuente, con rinvio alla stessa Commissione in diversa composizione.
-La Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 2699/19, depositata l’8 maggio 2019, respingeva sia l’appello incidentale del contribuente e sia l’appello principale dell’Agenzia delle entrate.
-La contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si denuncia l’omessa motivazione su punto decisivo della controversia. Si deduce, in particolare, che la Commissione regionale avrebbe errato nel ritenere che la Sandalia avesse riproposto motivi di doglianza già dedotti in primo grado e rigettati con idonea motivazione dal primo giudice. Viceversa, la sentenza di primo grado avrebbe solo incidentalmente esaminato i motivi di ricorso per rigettarne uno, afferente la nullità dell’accertamento per mancata indicazione del tipo di accertamento compiuto. Non sarebbe dunque condivisibile la deduzione della Commissione regionale che le motivazioni dell’appello della Sandalia fossero analoghe a quello del primo grado e soprattutto che tali motivi fossero stati rigettati con idonea motivazione. Si assume che la sentenza sarebbe nulla sotto un duplice profilo: a) perché non rende alcuna motivazione sui motivi di appello; b) perché richiama in modo assolutamente laconico e peraltro non pertinente la motivazione di primo grado, sostenendo (erroneamente) che essa contenesse già idonea motivazione del rigetto delle doglianze della RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo si deduce l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Con tale ulteriore motivo di ricorso si richiamano quei motivi di doglianza che, proposti in primo grado e riproposti in appello, non sono stati oggetto di alcuna considerazione o di alcuna menzione, neppure sintetica o incidentale, a opera dei Giudici di primo e secondo grado.
Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme di cui al d.l. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies convertito in 1. 29 ottobre 1993, n. 427. Secondo tali norme l’ Ufficio può procedere ad accertamento induttivo anche in caso di contabilità apparentemente regolare, in deroga ai limiti di cui al d.p.r. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55; peraltro, per consolidata giurisprudenza, può procedersi ad accertamento induttivo anche in caso di contabilità formalmente regolare, nel caso in cui l’attendibilità della stessa risulti inficiata da presunzioni contrarie anche semplici, purché siano gravi, precise e concordanti l’ufficio può procedere ad accertamento induttivo anche in caso di contabilità apparentemente regolare, in deroga ai limiti di cui al d.p.r. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55 anche in caso di esistenza di “gravi incongruenze” tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dello stesso d.l. n. 331 del 1993, art. 62 bis. Nella specie, tuttavia, l’unica presunzione in forza della quale si è proceduto ad accertamento induttivo in presenza di contabilità formalmente regolare è costituita dal calcolo tra costi e ricavi, partendo dalle materie prime acquistate.
Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 33, comma 1, d.lgs. n. 546/1992 per difetto di notifica dell ‘ istanza di discussione in pubblica udienza del ricorso in appello. In particolare, non risulterebbe mai notificata alla parte costituita l’istanza di discussione depositata dall’Agenzia delle entrate.
1.1. -Il ricorso è inammissibile.
Il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda “sub
iudice” posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; tuttavia, l’inosservanza di tali doveri può condurre a una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. (Cass., Sez. Un., n. 37552/2021; Cass. n. 4300/2023).
Nel caso di specie, il ricorso presenta uno svolgimento dei fatti confuso, affastellato e poco chiaro nello svolgimento dell’intero giudizio, finendo per sovrapporre i motivi di impugnazione nel presente procedimento con quelli del precedente giudizio di cassazione, conclusosi con l’annullamento con rinvio in relazione alla mancata notifica della trattazione in pubblica udienza (quarto motivo), censura pedissequamente riproposta nel medesimo e corrispondente quarto motivo di ricorso (pp. 28 e 29), con totale confusione nell’esposizione del contenuto delle censure proposte nei diversi gradi di giudizio e tra primo e secondo ricorso in cassazione. Parte ricorrente richiama inoltre più volte il giudizio di prime cure, assumendo apoditticamente che la Commissione tributaria provinciale non abbia esaminato il merito del ricorso, contrariamente a quanto si evince dalla lettura della pronuncia impugnata nel presente giudizio.
Il principio di specificità del ricorso per cassazione, secondo cui il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia e il contenuto delle
censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa, dev’essere modulato, proprio in conformità alle indicazioni della sentenza della Corte EDU del 28 ottobre 2021, causa COGNOME RAGIONE_SOCIALE c. Italia , secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare piuttosto che pregiudicare lo scrutinio del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte in uno al diritto di accesso della parte a un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la sostanza (Cass. n. 8117/2022).
Peraltro, i primi due motivi di ricorso per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia risultano infondati, non emergendo dalla motivazione della sentenza impugnata alcuna violazione del « minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass. n. 13248/2020; Cass. n. 17196/2020), non essendosi i giudici del gravame limitati a un mero rinvio alla pronuncia di prime cure ma avendo esaminato le ragioni della fondatezza dell’accertamento induttivo.
L’accertamento con metodo analitico-induttivo, con cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, è consentito, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d) d.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata (Cass. n. 20060/2014 che, in applicazione di tale principio, ha
ritenuto legittimo, nonostante la contabilità aziendale regolarmente tenuta sul piano formale, l’accertamento, che, in via presuntiva, ha ricostruito i ricavi di un’impresa, operante nel settore della ristorazione, in base al consumo dei tovaglioli utilizzati, risultante, per quelli di carta, dalle fatture o ricevute di acquisto e, per quelli di stoffa, dalle ricevute della lavanderia, costituendo dato assolutamente normale quello secondo cui, per ciascun pasto, ogni cliente adopera un solo tovagliolo, per cui il relativo numero è un fatto noto, anche da solo idoneo, da cui desumere il numero di pasti effettivamente consumati, una volta dedotti – cosiddetta percentuale di sfrido – i tovaglioli abitualmente utilizzati per altri scopi, come i pasti dei dipendenti. Conf. Cass. n. 20857/2007). Nella specie emergono elementi sufficienti per la disposta rettifica (eccesso di tovaglioli di carta di stoffa usati, di pesce acquistato per la ristorazione e indici offerti dal software Gerico, che evidenziano la fondatezza dell’assunto della sussistenza di redditi non dichiarati e quindi percepiti in ‘ nero ‘ ).
Al di là della riproposizione della censura, difetta comunque di specificità l’ultimo motivo sul difetto di comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 546 del 1992, questione, del resto, che appare estranea all’attuale fase del giudizio.
-Non si deve provvedere sulle spese stante la mancata costituzione della parte intimata mentre si deve dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 , quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria , l’8 luglio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME